Gesù, l’adultera e i tiratori di pietre all’epoca dei social

In quel tempo, Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 
Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. 
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,1-11). 

Contesto
Chi ha avuto modo di approfondire i brani evangelici offerti in questa settimana dalla Liturgia della Parola, si sarà reso conto come dalla meditazione del Vangelo secondo Giovanni, il ministero pubblico di Gesù, inizi sotto il segno del rifiuto: con il peso di una condanna di morte che gli piomba addosso dai suoi avversari, già al solo essersi proclamato Figlio di un Dio che è Padre.
All’interno di questo contesto polemico, ma potremmo anche dire persecutorio – visto che gli avversari di Gesù lo seguono dappertutto e non smettono di trovare l’occasione di arrestarlo e farla finita con lui – si situa la narrazione di questa domenica: il giudizio su una donna sorpresa in adulterio.
La prima cosa che risalta è che gli avversari di Gesù portino la sola donna peccatrice e non il suo amante, come se il peccato riguardasse soltanto lei. A Gesù non passa inosservato questo aspetto, per cui, alla fine della narrazione, facendolo presente agli accusatori della donna, questi saranno costretti a capitolare, e tornare sui propri passi.

Questa particolare sensibilità del Nazareno non è tipica della teologia giovannea, ma emerge anche negli altri sinottici, tanto che l’evangelista Matteo afferma:

Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio (Mt 5,27-28.31-32).

Gesù non solo sottolinea la gravità di questo peccato che lede la santità della sessualità coniugale, ma non cede all’ipocrisia di quei benpensanti che si ritenevano esenti da ogni peccato, celandosi dietro la consuetudine di un maschilismo vigliacco.

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Il trabocchetto degli scribi e dei farisei
Scribi e farisei che già architettavano la morte del Nazareno, non gli approcciano per avere da lui un insegnamento morale sulla legge di Mosè e i precetti morali. Infatti, il loro stesso intento è finalizzato a trovare un’occasione per poter arrestare apertamente Gesù senza essere linciati da quella folla che lo aveva riconosciuto come Messia, ne ascoltava volentieri gli insegnamenti e lo seguiva ovunque andasse.
A ben vedere, infatti, l’evangelista annota che gli avversari di Gesù gli si approssimano subito dopo aver insegnato, quando è ancora attorniato dalla moltitudine di discepoli e simpatizzanti.
Abbiamo infatti letto:

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

Su cosa verte il trabocchetto degli scribi e dei farisei? Sul far leva sulla sua credibilità di oratore o sulla possibilità di accusarlo come ribelle. Se, infatti, Gesù che aveva proclamato con trasporto il volto misericordioso del Padre, avesse appoggiato la condanna della donna, allora sarebbe caduta tutta la credibilità del suo proporsi come seconda opportunità per tutti i peccatori che volessero tornare a Dio. Al contrario, se non avesse riconosciuto la donna come rea di morte, allora si sarebbe posto contro la Legge di Mosè e quindi avrebbero potuto presto condannarlo per ribelle.

«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei»
Gesù non ha mai ceduto ai ricatti psicologici dei farisei, al contrario è sempre riuscito a destabilizzare i loro loschi ragionamenti, i loro complotti e la loro grande ipocrisia. Emblematiche sono le sue parole rivolte ai discepoli circa l’atteggiamento di scribi e farisei, quando afferma come sulla cattedra di Mosè, a insegnare al suo posto, si sia seduti non coloro che sono veri mediatori della volontà divina, ma uomini loschi che impongono ad altri fardelli che non spostano nemmeno con un dito (Cfr. Mt 23,1-12; vedi articolo al link in basso).

Con la sua risposta, Gesù esce dalla logica perversa nella quale i suoi avversari vogliono ingabbiare il suo pensiero morale, ma allo stesso tempo impone loro una presa di coscienza: il non essere migliore di quella donna che hanno esposto al pubblico ludibrio.
In maniera paradossale, l’atteggiamento di Gesù rivela il volto di un Dio che si prende cura del benessere e della dignità anche di chi ha commesso un peccato tanto grave come l’adulterio. «Dio è amore» (1Gv 4,8), come ben dice l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera, e non può non amare… compreso colui che lo rifiuta, lo abbandona o lo tradisce.

Ripercussioni per la nostra vita
Non raramente, purtroppo, la nostra vita è proprio come quella dei farisei: viviamo la nostra fede, non come un’opportunità di incontro con Dio, ma come occasione per giudicare gli altri, per sentirci superiori del nostro prossimo, per star lì a sentenziare sui suoi minimi difetti: dal modo in cui si veste o si comporta in chiesa, a tutta la sua vita intima e famigliare. Oggi come allora Gesù non fa che invitarci all’umiltà, alla pacatezza di un silenzio interiore ed esteriore, che instaura la giustizia nelle nostre relazioni. Memorabili restano le sue parole, così come raccolte dall’evangelista Luca (a cui rimandiamo per un approfondimento al link in basso):

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello (Lc 6,41-42)

Ricordiamo che l’unico senza peccato che avrebbe potuto tirare la prima pietra, per la lapidazione della donna adultera, era proprio Gesù… e non lo fece.
L’invito che sorge per noi, prima di quello di non giudicare e non vivere da farisei, è quello di vivere nella consapevolezza di essere peccatori, necessitanti, in primis, della misericordia di Dio. E anche qualora la coscienza non avesse nulla da rimproverarci, questo non ci mette nella situazione di poter sentenziare sulla vita del prossimo, per quanto il suo peccato possa essere pubblico.

Nell’era dei social networks dove ognuno si sente legittimato a scagliare parole pesanti come pietre, l’atteggiamento di Gesù non può non metterci in crisi la nostra possibilità comunicativa, perché lì dove i farisei lasciarono cadere i loro strumenti di morte, molti cristiani non esitano a scagliarli, con tanta leggerezza, sui propri fratelli.

«Donna, dove sono?»
Il dialogo che segue tra Gesù e l’adultera è molto interessante, non solo per quello che abbiamo appena detto: Cristo non sentenzia sulla sua vita, non la colpisce né la condanna, ma la chiama “donna”. Per lui colei che ha dinanzi non è un’adultera, una peccatrice pubblica, ma una donna. Si evidenzia ancora una volta come agli occhi di Dio, la persona umana valga più del suo peccato.
Lei stessa, poi, spingendo lo sguardo sul volto del Maestro, lo chiama “kyrie“, cioè Signore. Un termine non casuale perché indica la natura divina del Nazareno. Lì dove Gesù riconosce la donna non appellandola per il suo peccato, l’adultera stessa lo riconosce come quel vero Figlio di Dio non sempre riconosciuto dagli uomini nel Vangelo di San Giovanni.
Cosa significa questo per noi? Questo ha almeno due implicazioni. La prima è che Gesù rivela all’uomo la sua vera identità, la seconda è che dall’esperienza della misericordia del Padre, è possibile fare una maggiore e crescente esperienza di Cristo.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

2 pensieri riguardo “Gesù, l’adultera e i tiratori di pietre all’epoca dei social

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