Come comportarci di fronte all’ipocrisia?

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato» (Mt 23,1-12).

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CONTESTO
Ormai ci siamo addentrati in questo cammino quaresimale, un tempo di grazia, di penitenza, certamente, ma soprattutto di gioia. Perché? Perché come abbiamo visto all’inizio di questo tempo liturgico, il mercoledì delle ceneri, la quaresima è come un viaggio di ritorno, di ritorno a casa (approfondisci cliccando sul link in basso). Intendendo con questo come se si trattasse di un ritorno alla verità di noi stessi, di quello che siamo in relazione con la nostra vita, col mondo, con gli altri e soprattutto con Dio.

Da questa prospettiva si comprendeva anche meglio il senso di quel digiuno e di quella astinenza, a cui siamo costantemente esortatici: veri e propri strumenti che ci permettono di sollevare lo sguardo dal nostro ego sempre più spropositato a Dio e quindi agli altri.

Anche le tre tentazioni che Gesù ha dovuto subire dal demonio nel deserto, e che abbiamo meditato nella prima domenica di Quaresima, e la trasfigurazione meditata solo qualche giorno fa, rimandano per noi all’impellenza di riscoperta della grandezza della nostra dignità umana che viene esaltata solo nella misura in cui impariamo a decentrarci, farci di lato, promuovendo l’Altro e gli altri.

Sono tutte piste di meditazioni ben applicabili alla nostra vita e che ci permettono di realizzare quella nostra vocazione battesimale che si riassume nelle parole di Gesù che sono state proclamate ieri nel Vangelo secondo san Luca:

Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro (Lc 6,36).

Questo cammino di autenticità, anche oggi, viene offerto alla nostra meditazione, attraverso le parole che Gesù rivolge a tutta quella schiera di uditori che solevano ascoltarlo: folla di simpatizzanti e discepoli.

IPOCRITI AL POTERE
Il titolo volutamente provocatorio di questo paragrafo, riflette tanto l’atteggiamento dei capi spirituali e morali dell’Israele di due millenni fa, come anche della politica mondiale dei nostri giorni. Qual è il problema? Gesù lo dice chiaramente:

Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

La cattedra è la sedia del magister, del maestro, di colui che raccoglie attorno a sé un certo numero di discepoli intenti ad ascoltarne la parola, l’insegnamento e poi concretizzarla nella loro quotidianità.
Mosé è stato il grande condottiero di Israele, ha permesso al popolo eletto la liberazione dalla schiavitù in terra straniera, l’Egitto, il passaggio di quarant’anni nel deserto, e l’arrivo in quella terra promessa, donata da Dio, dove scorrono latte e miele. Tuttavia egli è il grande legislatore di Israele, colui che consegna le due tavole della Legge, scritte direttamente da Dio sulla pietra. A lui rimandano una serie di normative di tipo liturgico, sociale e spirituale perché il popolo si possa costituire come tale e possa vivere dignitosamente la sua relazione interna, con le popolazioni straniere, i forestieri e con Dio.

Il problema è che, nel frattempo, diversi secoli dopo di lui, ad occupare il suo posto non c’è gente davvero interessata al bene del popolo, ma che vuole solamente nutrire il suo smisurato ego: insegnare e non vivere, obbligare e smarcarsi.
Guardando l’atteggiamento dei responsabili della vita spirituale di Israele, non possiamo non vedere di riflesso quello di molti politici, che raggiungono certe cariche per prestigio, ma che poi non solo si rivelano inetti, ma senza un vero desiderio di servire il popolo loro affidato.

COME COMPORTARCI DI FRONTE ALL’IPOCRISIA?
Avendo ben fisso lo sguardo sul pessimo esempio degli scribi e dei farisei, Gesù non solo non li giudica, ma invita anche a non fare altrettanto. Lo abbiamo letto nel brano evangelico di ieri:

Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate (Lc 6,37)

Il male commesso da coloro che dovrebbero davvero insegnare a fare del bene, e a incarnare quei valori che propongono, non deve scoraggiare i discepoli di Cristo, al contrario deve diventare per loro uno sprone ad essere un valore aggiunto di santità nel mare d’ipocrisia del loro mondo.
Da qui si comprende la seconda parte del discorso di Gesù, riportato nel brano evangelico odierno:

Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.

TRE TITOLI DA RIFIUTARE
Gesù invita i suoi uditori a rifiutare gli altisonanti titoli di Maestro (rabbì), Padre e Guida, rimandando tutto a Dio. Perché? Perché invita a una fratellanza universale, dove nessuno è migliore di un altro e dove ogni incarico, responsabilità e riconoscimento, vanno intesi all’interno di un contesto di servizio (vedi approfondimenti chiave e centrali nei link in basso).

Il riconoscere una responsabilità come servizio, come rimando umile alla comunità e non come opportunità per sentirsi migliore e superiore agli altri, si concretizza in una brevissima affermazione di Gesù e che quasi potrebbe passare inosservata:

voi siete tutti fratelli

La fraternità, che come abbiamo visto nei precedenti articoli, è condizione per la nostra salvezza, diventa per Gesù un’opportunità per rispondere all’ipocrisia, con quel valore aggiunto della nostra santità che si concretizza in essa. Dopotutto, abbiamo dedicato un articolo a questo tema, e lo citiamo più volte per la sua importanza: Senza fraternità non c’è Dio.
L’uomo che si sforza a “sanificare” il mondo, con la santità della sua vita che si esprime nello sforzo di vivere quotidianamente relazioni fraterne, diventa il primo vero avversario contro il quale satana fugge via a gambe levate (vedi approfondimenti al link in basso).

È in questo paradosso in cui l’uomo non cerca la propria vanagloria, non promuove la propria persona come la panacea a tutti i mali del mondo, ci si realizzano poi le parole conclusive di Gesù, raccolte dall’evangelista Matteo:

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato

La via dell’umiltà è la costante proposta di Gesù per gli uomini di tutti i tempi. Di fronte alla tentazione di giudicare gli ipocriti, coloro che sono al potere o hanno determinati incarichi, come cristiani siamo chiamati ad essere parte attiva perché ai loro errori possiamo rimediarvi noi, con quell’atteggiamento rivoluzionario e tutt’altro che passivo, che è l’amore, la riconciliazione, il servizio del bene del prossimo, e quell’umiltà che così tanto bene farebbe di fronte a una società che ci vuole sempre prestanti, scattanti e iperefficenti.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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