Come fare in modo che il Risorto apri anche la nostra mente?

In quel tempo, i discepoli [di Emmaus] riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 
Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,35-48).

INTRODUZIONE
Il brano del Vangelo che prendiamo in esame, abbiamo già avuto modo di approfondirlo (clicca sull’immagine in basso). Tuttavia in questo articolo vogliamo offrire un’ulteriore pista di riflessione per la nostra crescita personale e spirituale.
Iniziamo col dire che esso va letto in parallelo, o meglio in continuità, con quanto narrato circa l’incontro col Risorto dei discepoli diretti a Emmaus (Lc 24,13-35; clicca sull’immagine in basso per leggere il testo e approfondirlo).

L’ACCOGLIENZA SERBATA AL MAESTRO
Leggendo la reazione dei discepoli, non possiamo non notare quanto sia evocativa. Difatti, a differenza di Maria Maddalena che riconoscendo nell’uomo che la chiama per nome, l’abbraccia e sembra non volerlo lasciare più (Cfr. Gv 20,16-17; clicca sull’immagine in basso per approfondire), o a differenza di Tommaso che gli si prostra dinanzi e professa la sua fede (Cfr. Gv 20,26-29; clicca sull’immagine in basso per approfondire), o persino anche di Simon Pietro che quando gli vien detto che sulla riva del lago di Tiberiade c’è il Risorto che li attende (Cfr. Gv 21,4-8; clicca sull’immagine in basso per approfondire), qui i discepoli sono restii a riconoscerlo, diffidano.

Per loro Gesù è irrimediabilmente morto, per quando i discepoli che tornano da Emmaus racconti il contrario. Difatti abbiamo letto:

Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.

Ed è tanto forte la loro convinzione, che Gesù deve adottare una serie di prove per confutare questa loro convinzione: chiede che prestino attenzione alle sue cicatrici, che le tocchino perché possano constatare che la sua non è una presenza spirituale, ma corporea e, quando nonostante tutto, continuano a stentare a credere, chiede che gli diano del cibo da mangiare.

Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

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LA DOLCEZZA NELLA CORREZIONE
Gesù quale vero Maestro, si pone con grande pazienza di fronte a questa ottusità dei suoi discepoli. Ancora una volta, come era capitato durante il suo ministero (Cfr. Lc 9,22; clicca sull’immagine in basso per approfondire) ed anche ai discepoli di Emmaus (Cfr. Lc 24,27), il Risorto rivela il mistero della sua identità alla luce delle Scritture:

Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 

Riteniamo questo aspetto, perché Gesù non umilia i suoi discepoli, non li bacchetta per la loro incredulità, ma con mitezza li introduce in un cammino di comprensione del suo volto.
Con la stessa dolcezza egli corregge le nostre colpe, le nostre ipocrisie, quella nostra caparbietà nel commettere sempre gli stessi errori, sempre gli stessi peccati. E se lui si comporta così con noi, perché noi non dovremmo fare lo stesso col nostro prossimo?

UN DIO CHE RICREA
Un ulteriore aspetto che vale la pena di sottolineare, è quanto emerge dai successivi versetti del nostro brano:

Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 

Il problema dei discepoli è la loro chiusura mentale, ripiegata su se stessa, sugli schemi mentali dei discepoli, su modalità umane. Gli apostoli perché comprendano il mistero del Maestro che parla loro, devono imparare ad aprire la loro mente.
Questo elemento va messo in stretta correlazione a quanto vissuto dai discepoli diretti ad Emmaus. A loro Gesù aveva detto:

Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! (Lc 24,25).

Il loro cuore è bloccato, li rende incapaci di accogliere la fede e con essa la speranza e la gioia che ne deriva. Per questo, quando riconosceranno in quel misterioso viandante il Risorto, si diranno l’un l’altro:

Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).

L’UNICA VIA E’ RISCOPRIRE IL VALORE FONDATIVO DELLE SCRITTURE
In che modo Gesù “ricrea” il cuore e la mente dei discepoli perché possano amare Dio con tutto ciò che sono e che hanno (Cfr. Dt 6,5)? Attraverso la riscoperta della Parola di Dio, pregata, celebrata e vissuta nella propria quotidianità. Difatti quello che Gesù fa, nel brano di oggi e che ha fatto coi discepoli diretti ad Emmaus (Cfr. Lc 24,26-27), e che aveva fatto nel suo viaggio quando era diretto a Gerusalemme, era spiegare il mistero della sua persona attraverso proprio le Scritture

Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 

Cari amici lettori, si tratta di una vera e propria urgenza improrogabile per tutti noi che pretendiamo fare sul serio col nostro Battesimo. Se è vero, come più volte abbiamo detto, che per fare esperienza di Cristo nella nostra vita dobbiamo imparare a valorizzare il fratello e il ruolo della comunità, perché lì è presente Gesù, è anche vero che non possiamo prenderci il lusso di averlo presente e scambiarlo per un fantasma, per l’anima di un defunto.

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La preghiera dell’Ufficio delle ore, le Lectio Divina, la meditazione del vangelo del giorno non sono una variante, tra le tante, della preghiera del cristiano: esse ne sono il fondamento. Sono la base a partire dalla quale gli altri tipi di preghiera acquistano energia, vitalità e senso. A questo, dobbiamo riconoscere anche un altro primato: quello dell’autoformazione alla Sacra Scrittura, attraverso la lettura di qualche buon libro che ci permetta di comprendere in maniera più piena la Parola di Dio e in che modo essa ci coinvolga nell’oggi. E’ attraverso di essa che ancora oggi il Signore ci parla, prima dei segni nel cielo, dei sogni premonitori, delle statue che lacrimano, prima ancora dei miracoli, delle visioni e delle guarigioni. Senza questo rapporto frequente con le Scritture, non può esserci vero cammino cristiano.

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IL COMPITO DEI DISCEPOLI
Ci avviamo alla conclusione. Vediamo che il brano evangelico di oggi, si conclude con una affermazione del Risorto:

Di questo voi siete testimoni.

E’ interessante questo perché in verità, tre versetti dopo si conclude il Vangelo di Luca con l’ascensione del Risorto. Sono le sue ultime parole. Dopo questo Gesù non ha più nulla da dire a loro. I discepoli hanno ottenuto un cuore nuovo e una mente aperta, hanno compreso che il mistero della persona di Cristo è rivelato nelle Scritture, da questo punto in poi devono imparare a camminare con le loro stesse gambe, devono essere testimoni.
Questo ci interpella particolarmente, perché come abbiamo detto in un nostro precedente articolo, talvolta ci comportiamo come cristiani “bulimici di grazie” (clicca sull’immagine in basso per approfondire).

In realtà il Risorto ascende al cielo, da quel momento in poi inizia il tempo della Chiesa (da cui la seconda parte dell’opera dell’evangelista Luca che è “Atti degli apostoli”), il tempo dei discepoli. Di coloro, cioè, che sono chiamati ad essere prosecutori dell’opera salvifica del Signore, nella storia e nel mondo.
Cosa significa tutto questo? Significa che da questo momento in poi quello che ha fatto Cristo per noi, noi dobbiamo farlo al nostro prossimo: riaccendendo il loro cuore spento e indurito dall’incapacità di sperare e gioire, e sbloccando la loro mente chiusa e ripiegata su se stessa alla comprensione del mistero del Figlio di Dio.
Testimoni è l’ultima definizione di Gesù ai discepoli, rivestendoli di questo ruolo, rivela quale sia da adesso in poi la loro missione, ma anche cosa si aspetti da loro. E questo, cari fratelli e sorelle, egli non se lo aspettò solo da quel piccolo gruppetto di apostoli, ma da tutti noi battezzati. Come risponderemo a questa chiamata, a questa provocazione, a questa missione? Siamo consci che dovremo un giorno renderne conto?
Buona domenica a tutti, amici lettori, e che Dio vi benedica.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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