In che modo Cristo è re dell’universo?

Solennità di nostro Signore Gesù Cristo,
re dell’universo

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,35-43).

In queste ultime settimane la liturgia della Parola ci ha preparato spiritualmente a questa solennità così importante che conclude quel tempo liturgico che è chiamato Ordinario – periodo durante il quale la Chiesa si sofferma a riflettere sul ministero itinerante del Figlio di Dio –. Per chi avesse il piacere di avere un quadro più completo delle ultime vicende di Gesù prima del brano che oggi commenteremo, può cliccare ai link in basso.

LA CHIESA NON SI SARÀ MICA SBAGLIATA?
Tornano al nostro brano, non può passare inosservata la provocazione che ci viene proposta dalla liturgia della Parola del giorno: come è possibile celebrare Cristo re dell’universo e farlo a partire dal momento della sua massima umiliazione?
In effetti ci potremmo aspettare un ingresso trionfale in Gerusalemme con la folla osannante per l’arrivo del Messia, o un bel brano sulla risurrezione e ascensione. E invece niente di più duro, cruento e concreto che la morte di Croce, mentre tutti si prendevano beffe di lui.

Da qui la domanda: ma non è che la Chiesa abbia commesso un errore nella scelta dei brani liturgici? Dovremmo elogiare la grandezza di Cristo, che senso ha meditarlo nel momento massimo della sua prova e della spoliazione di tutta la sua gloria?

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CONVERTIRE I NOSTRI SCHEMI MENTALI
Immersi nella cultura del super uomo, dell’esaltazione dell’ego, dell’idolatria di se stessi da mettere in bella mostra sui social networks, quando tutte le proposte cinematografiche passano attraverso i supereroi facendoci sognare di poter godere di grandi super poteri, la Chiesa invece ci invita a guardare la debolezza.

In una società come la ns dove la sofferenza è diventata un tabù e una persona malata viene abortita o esortata ad accedere al suicidio assistito, in una società in cui ci viene costantemente proposto il modello dell’uomo felice come sano, bello, forte e invincibile, la Chiesa ci invita a puntare lo sguardo sul Messia crocefisso e deriso da tutti: c’è di che sentirsi frodati!… O forse è la cultura contemporanea che ci sta frodando? Che ci sta facendo il lavaggio del cervello, volendo fare di noi dei superuomini ed eliminare quelli che non riescono a raggiungere certi standard?
Non molto tempo fa abbiamo approfondito questo tema, rivelando come l’ideologia di questo tempo si comporti come il nuovo re Erode che uccise centinaia di innocenti, sperando di poter eliminare anche il neonato Messia. Per questo, rimandiamo al link in basso.

QUANDO ANCHE NOI LA PENSIAMO COME GLI AVVERSARI DI GESÙ
Gesù è lì inerme, inchiodato a una croce senza nemmeno un vero e proprio capro di imputazione, senza nemmeno la lealtà di un processo, senza che gli sia stata data nemmeno l’occasione di difendersi, e chi l’ha voluto eliminare cosa fa? Non contento di averlo esposto al pubblico ludibrio e alla più infamante (e dolorosa) delle morti, si prende persino il lusso di prenderlo in giro. Leggiamo:

I capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».

Pensate quanto sia attuale questa espressione degli avversari di Gesù che sembrano parlare in coro: «Salvi se stesso».
Auto salvarsi è possibile? Possiamo salvarci da soli? Con le nostre sole forze e capacità? Possiamo davvero pensare di bastare a noi stessi e di non aver bisogno di nessun aiuto: né da chi è qui in terra, e né da chi è lassù in cielo?

Affermazioni di questo tipo oggi si sentono spesso sulle bocche di molte persone, e persino anche di qualche cristiano. Sono i corsi e ricorsi storici di una teologia farisaica di chi si illudeva, già più di duemila anni fa, di poter ottenere la salvezza semplicemente da solo, con i suoi gesti, con le sue opere.

E se davvero pensiamo che questa sia una follia, facciamo un po’ di mente locale e pensiamo quante volte abbiamo elogiato il successo di una persona dicendo: «Si è fatto da solo». Come se fossero suoi tutti i meriti dei suoi traguardi, come se davvero non avesse bisogno dell’aiuto di nessuno per conseguire un titolo di studio, avanzare nella carriera, avere una formazione adeguata e una educazione accettabile.

Eliminando la storia di un uomo, il suo contesto storico, il suo ambiente famigliare, sociale e culturale, lo si renderebbe soltanto un alienato, una persona incapace di relazioni vere perché tutti sarebbero un impedimento alla sua realizzazione, qualcuno di non si abbisogna se non per ottenere quello di cui si necessita. Un atteggiamento che non può, poi, non avere ripercussioni nella sua relazione con Dio, percepito come il grande assente, il disinteressato che vive nella lontananza del suo cielo.

Nel suo magistero più volte Gesù mette in guardia i suoi discepoli a non cadere a questo grande trabocchetto di Satana (per un approfondimento in merito, rimandiamo ai nostri articoli in basso).

La verità – dobbiamo ammetterlo una volta per tutte – è che molti cristiani, molti consacrati, molti operatori pastorali hanno abbandonato Dio, ma non hanno il coraggio di riconoscerlo.

IL CRISTO MORENTE IN CROCE CATALIZZA L’ATTENZIONE DI TUTTI
Vedere un uomo morire in croce era tutto tranne che un bello spettacolo. Eppure pare che per un certo istante l’attenzione di tutti i gli abitanti di Gerusalemme, venga concentrata su Gesù. Rileggendo il brano di questa domenica possiamo vedere come gli sventurati inchiodati vicino a lui, non riescono a non distogliergli lo sguardo di dosso, interrogandosi sulla sua vera identità (tra chi lo accusa di inerzia e chi gli chiede perdono).

I suoi nemici potrebbero starsene nel tempio, comodamente a festeggiare sulla vittoria che hanno conseguito, e invece sono proprio lì. Ai piedi di quella croce ci sono anche quel manipolo di donne che hanno sfidato i soldati e sostengono il Nazareno con la loro presenza. Persino per i soldati è difficile ignorare Gesù, tanto che vorrebbero fargli bere dell’aceto da una spugna.

In qualche modo già da questo momento, in maniera misteriosa, si realizzano, almeno in germe, le parole profetiche che Gesù aveva detto durante il suo ministero pubblico

Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me (Gv 12,32).

LA PROMESSA AL BUON LADRONE
Se da un lato Gesù ignora le provocazioni dei suoi aguzzini, dall’altro non smette di rivelarsi qual vero pastore di anime. Tanto che al ladrone pentito, che misteriosamente fa un atto di fede in lui, riconoscendolo come innocente e Dio stesso prossimo a ingressare nel suo regno, gli promette:

«In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso»

Gesù non gli promette una risurrezione da avversari in un ipotetico tempo futuro, ma «oggi», nel momento stesso in cui chiuderà gli occhi a questa vita. Allo stesso modo anche noi dobbiamo imparare a riconoscere che la salvezza della nostra anima, non è qualcosa di trascurabile o rimandabile, ma cela una certa urgenza non procrastinabile.

In cosa consiste poi questa risurrezione? In una relazione! La promessa di Gesù implica un «con me». Proprio qualche domenica fa, commentando la disputa con i sadducei, ci siamo chiesti in cosa consisterà la risurrezione proposta da Cristo, e abbiamo affermato:

«In cosa consiste, dunque la vita eterna per Gesù? Non in una prosecuzione senza termine di questa nostra esistenza, ma di una vita nuova, qualitativamente superiore. Si tratta di un vivere immersi nell’amore di Dio e delle relazioni che abbiamo costruito in questa vita (la teologia cristiana, infatti, afferma che il paradiso altro non è che la sublimazione di quelle relazioni che avremo costruito e mantenuto nella nostra vita)» (Come saremo in Paradiso?).

Guardando il Signore soffrire, il malfattore accanto a lui ha compiuto un’opera stupenda di trasfigurazione: anche lui, infatti, ha reso gloriosa la sua croce. Come? Pentendosi peri peccati commessi, inserendosi in una dinamica penitenziale (per approfondire questo argomento, rimandiamo ai link in basso) e imparare a “vivere-con”, rivalutare la relazionalità fraterna e divina come chiave d’accesso, condizione indispensabile, per il Regno dei cieli.

«Venga il tuo Regno»
Il cristiano recita la preghiera del Padre nostro almeno una volta alla settimana e lo recita facendosi una sola voce con tutta la comunità, prima di poter gustare del Pane eucaristico. Durante la preghiera chiediamo anche questo: che si realizzi e si instauri definitivamente il Regno di Dio. Con questa richiesta del Padre nostro chiediamo a Dio che si realizzi finalmente la venuta gloriosa e finale del suo Figlio, che venga non la fine del mondo, ma l’inizio della nuova vita, quella eterna alla quale siamo chiamati.

Cari fratelli, ci rendiamo conto di quello che chiediamo? Qui si supplica il Signore che la faccia finita con questa nostra vita temporale così limitata, fragile e votata alla sofferenza e alla morte e ci doni l’eternità.

Ma se con la bocca chiediamo questo, con la vita come lo realizziamo? Viviamo davvero come pellegrini su questa terra? O nella pretesa che questo sia per sempre, esorcizzando la morte e facendo dell’anzianità e della malattia una tabù di cui non parlare?
L’apostolo Pietro nella sua seconda lettera invita a vivere questa vita non solo nell’attesa della venuta del Figlio, ma ad avere anche un ruolo attivo per accelerarne la rivelazione finale. Leggiamo:

Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia (2Pt 3,11-13).

Quello a cui l’Apostolo invita è ad avere un ruolo attivo, compartecipativo nell’opera redentrice di Cristo. Ancora una volta, siamo chiamati a riconoscere che non siamo stati Battezzati per essere soggetti passivi nella Chiesa, recettori e beneficiari di quello che dicono e fanno i preti e i vescovi, ma fare del nostro, spenderci già da ora per la causa di Cristo che vuole che tutti gli uomini siano salvi, che desidera che tu ti comporti come lui si è comportato.

«Venga il tuo regno» ma chiediamo prima che questo regno il Signore lo instauri nei nostri cuori tiepidi e orgogliosi, che si instaura la forza del suo amore lì dove non riusciamo a chiedere perdono né a perdonare. Facciamo in modo che l’eucaristia che prenderemo faccia permanere la presenza di Dio in noi e diventi davvero il Re della nostra vita, completamente sottomessi alla sua volontà che in realtà non ci schiavizza, ma rende davvero nobili i nostri sentimenti, le nostre relazioni.

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Fame della Parola di Dio?
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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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