L’esorcismo nella sinagoga e i figli di satana tra i banchi delle nostre chiese

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante (Lc 4,31-37). 

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CONTESTO
Il brano evangelico odierno, si situa agli esordi del ministero pubblico di Gesù. Esso da subito appare chiaro come si caratterizzi per il suo aspetto liberatorio. Il Figlio di Dio, infatti, incarnandosi e inserendosi in un determinato contesto storico e sociale, si rivela come il Gō ’El, colui che riscatta e libera.
Questa figura giuridica già presente nell’antico Israele, si configurava come il parente più prossimo di chi avendo perduto la libertà a motivo di un debito, sanava l’insoluto e permetteva all’imprigionato di tornare a vivere da uomo libero.

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In questo caso l’evangelista Luca, lo annota fin da subito, Il Verbo di Dio si fa uomo per riscattare il debito antico che l’uomo aveva contratto col suo peccato e la sua infedeltà, liberandolo dalle catene di una vita proiettata alla morte. Ma non solo. Egli viene anche come colui che libera dal laccio del peccato e dalla morsa di satana. Questo viene confermato dalla prima predicazione di Gesù registrata dall’evangelista Luca:

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Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore
.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,18-21).

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Il brano evangelico di oggi, poi, è la seconda tappa del ministero itinerante di Gesù. Egli infatti aveva iniziato a predicare nella sua città natale, Nazareth, ma con poco successo, tant’è che l’evangelista annota che i suoi concittadini intendevano eliminarlo gettandolo giù da un precipizio (Cfr. Lc 4,28-30; approfondisci ai link in basso).

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INSEGNAVA CON AUTORITÀ
Se a Nazareth Gesù non trova che pregiudizi e chiusure legate alla sua persona, la predicazione a Cafarnao, invece, registra un certo successo tanto che la gente riconosce la qualità del suo insegnamento, decisamente superiore rispetto a quello dei teologi dell’epoca.
Ascoltandolo la gente restava stupita perché riconosceva che le sue non erano solo belle parole, o semplice elencazione di ciò che sia giusto e lecito fare e cosa no. L’autorità dell’insegnamento di Gesù si concretizza nella sua credibilità, partendo dal presupposto che Dio è buono e non può che volere il bene per il suo popolo.

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LO SPIRITO IMPURO
L’autorità della parola di Cristo è tale da non lasciare nessuno indifferenti: nemmeno quell’uomo posseduto dallo spirito impuro. Prima però di passare alle affermazioni di quest’ultimo, però, non possiamo non far notare come possa essere strana la sua presenza all’interno di un luogo di preghiera. L’uomo posseduto si recava alla sinagoga come suo solito e, evidentemente, come sempre pregava insieme alla comunità. Certamente lo spirito con il quale lo faceva doveva essere davvero differente.

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Ci troviamo di fronte a un evento che non può passare inosservato, né in secondo piano. Non si può negare, infatti, che ieri come oggi molti credenti mossi da uno spirito satanico affolli i banchi delle nostre chiese, frequenti ai momenti di preghiera, ai cammini comunitari, ma nel loro cuore non hanno Cristo, ma satana. Essi, lungi dal rivelarsi uomini e donne di comunione, frequentano col solo intento di seminare zizzania proprio come il nemico di Dio nella parabola di Gesù (Cfr. Mt 13,24-30). Ricordiamo, infatti, che la parola diavolo, proviene dal greco e significa “divisore”, per questo in quella comunità dove ci sono cristiani che seminano discordia, che congiurano scissioni, che sperano che l’altro venga allontanato, lì c’è un figlio di satana.

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LA PROFESSIONE DI FEDE DI SATANA
Non meno importanti sono le parole che lo spirito impuro rivolge a Gesù:

Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!

La sua è una vera e propria professione di fede, pronunciata con grande rigore teologico. Nulla di errato o fuorviante nelle sue parole. Egli riconosce che Gesù è Nazareno, proveniente da Nazareth, proprio come uno dei personaggi chiave dell’Antico Testamento che in qualche modo lo anticipa e lo rappresenta: Sansone (Cfr. Gdc 13-16). Interessante è infatti come anche la madre di questo personaggio, riceva l’annuncio di un angelo che gli rivela l’arrivo di un figlio (Cfr. Gdc 13,1-5). Scrive il Padre della Chiesa San Cromazio d’Aquileia vissuto a cavallo tra il IV e il V d.C.:

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«Se consideriamo tutte le gesta di Sansone, non fatichiamo nel trovarvi in figura esempi anticipativi del Signore. Sansone disponeva di una capigliatura a sette trecce; Cristo dispone di uno Spirito settiforme e gli appartengono sette Chiese. Tutto il vigore di Sansone era nel capo; tutta la forza del Signore è in Dio, poiché Dio è il capo di Cristo, come osserva l’Apostolo. In Sansone la vigoria era occulta, in Cristo ad esser nascosta lo era la sua divinità. Mentre sansone era in viaggio, essendosi parato dinnanzi a lui un leone, lo squarciò in due con le mani; il nostro Signore e Salvatore fece a pezzi quel leone che è il demonio quando fu appeso con le mani sulla croce, e ciò avvenne per mezzo del sacramento del corpo che si era preso. Dalla bocca del leone, Sansone trasse un favo di miele; Il Signore strappò il suo popolo dalla bocca del diavolo, liberandolo dalla morte eterna. Sansone, sprangate le porte della città, vi rimase chiuso dentro; e pure il Signore fu chiuso in una tomba sigillata. Non ti devi meravigliare se senti dire che il corpo del Signore è il Signore stesso. Ascolta quanto l’angelo disse alle donne a proposito del corpo: venite a vedere dove fu deposto il Signore (Matteo 28,6). Sansone, distrutti i chiavistelli prese le porte sulle spalle, andandosene poi tranquillo; il Signore, pienamente libero, si sottrae al potere della morte e sfondati gli ostacoli della sede infernale, spalancato il sepolcro, riprese il suo corpo. Sansone infine, in punto di morte, dopo che furono scosse le fondamenta degli edifici, travolse nella rovina tutti i nemici; il Signore invece, allorquando si degnò di morire, non solo un edificio, ma il mondo intero tremò e si scosse, ed estinse il diavolo e i suoi satelliti, cioè fece l’Unigenito Figlio di Dio, cui va la lode e la gloria per i secoli dei secoli. Amen» (San Cromazio d’Aquileia, Trattato al Vangelo di Matteo). 

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Continuando nella sua professione di fede, satana riconosce che l’incarnazione del Figlio di Dio avviene per eliminare il Regno del maligno sulla terra e che lui, appunto, sia il santo di Dio, cioè il Cristo messianico atteso dalle genti. Una professione di fede ortodossa e teologicamente rigorosa.

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CRITERI DI DISCERNIMENTO
Se, dunque, ci è sembrata strana la presenza di un uomo posseduto all’interno di un luogo di culto, non può esserlo di meno quello che esce dalla bocca dello spirito maligno. Dov’è allora l’inghippo? La fede del demonio è dissociata dalla carità, non c’è amore in lui né per Dio né per gli uomini.

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Questo sottolinea ancora maggiormente quello che abbiamo precedentemente affermato: ad aggirarsi tra i banchi delle chiese non ci sono solo i figli di Dio e che alla fine è possibile capire chi lo sia e chi no, a partire dall’atteggiamento che assumono nei confronti del prossimo. Così chiunque dica di credere in Dio, ma poi mette in atto scelte, gesti e pronunzia parole di guerra e chiusura col prossimo, sta dando ascolto a un altro spirito, che non è quello Santo di Dio. Dopotutto è Gesù stesso che, in un altro passaggio, lo rivela ai suoi discepoli, mettendoli in guardia:

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Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete (Mt 7,15-20).

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LA REAZIONE DI GESÙ
Alla professione di fede dello spirito impuro, la reazione del Nazareno non si fa attendere. Egli infatti quasi impedendo che quegli continui a parlare, gli intima il silenzio:

«Taci! Esci da lui!».

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Gesù non permette al demonio di parlare, non si lascia lusingare dalla sua professione di fede, al contrario lo ferma da subito e lo caccia via dalla sua presenza senza troppi giri di parole. Dal modo di agire di Gesù dobbiamo imparare a saper confrontarci con i figli di satana che si intrufolano nelle nostre comunità. Non è certo una novità che proprio molti di quelli che fanno un cammino di fede, frequentano assiduamente le nostre chiese e bazzicano le sacrestie, si lascino andare senza troppi problemi a pettegolezzi, mormorazioni, complotti nei riguardi degli altri fedeli e del parroco stesso.

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Papa Francesco, dal canto suo, non ha paura di usare termini forti verso quei cristiani (o presunti tali) che criticano il prossimo alle spalle, fomentano pettegolezzi e pregiudizi. Per questo, ben a ragione, li chiama «cristiani omicidi» (Omelia del 13.9.2013).
L’atteggiamento di Gesù, oggi ci invita, più forte che mai, all’imitazione. Quando chi si avvicina da noi, lo fa solo per seminare zizzania contro gli altri, per creare scissioni o impone di non parlare con altri fedeli, non gli deve essere concesso di parlare oltre e, imitando Gesù, dobbiamo imparare a dir loro: «Taci!».

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Perché questo? Perché l’ascolto di un pettegolezzo inquina sempre il cuore di un uomo e non possiamo permettere a satana e ai suoi adepti di turbare il nostro animo e le nostre relazioni personali: faremmo soltanto il suo gioco.

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DALLO STUPORE AL TIMORE
Dopo l’esorcismo dell’uomo posseduto che che aveva l’abitudine di frequentare la sinagoga, l’evangelista annota un ulteriore stato d’animo delle persone che avevano ascoltato la predicazione di Gesù:

Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante

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È una annotazione importante, perché ci rivela che la gente dallo stato di stupore per la bellezza dell’insegnamento di Gesù, passano a quel timore che non è paura, ma rispetto. Qui si attua un vero e proprio processo di conversione tendente al desiderio di non intristire il cuore di Dio col proprio peccato, perché se ne riconosce la portata del suo amore.
Il loro atteggiamento è diametralmente opposto a quello dello spirito impuro il quale, pur avendo riconosciuto l’identità di Cristo, non ha rispetto né di lui, né del Padre, fermo nella sua volontà di oppositore.

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Per questo motivo l’evangelista invita i suoi lettori, e noi oggi, a chiederci da quale parte stiamo. Proponendoci due stili, due modi di essere all’interno di un luogo sacro, ci ricorda quali devono essere i nostri atteggiamenti se vogliamo stare dalla parte di Dio.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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