L’insegnamento di Gesù per chi non si accontenta della mediocrità

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere» (Lc 8, 16-18).

Contesto
Ci troviamo all’interno di quella macro sezione del Vangelo di Luca, in cui Gesù è in Galilea. In particolare, questo insegnamento segue la spiegazione della Parabola del seminatore (Lc 8, 9-15), per questo in qualche modo chiarifica il senso della vocazione e della missione dei discepoli, chiamati ad essere terreno buono per la Parola di Dio.
Nel Vangelo di Matteo, l’invito di Gesù ad essere luce del mondo, si situa nel grande contesto dell’insegnamento della montagna (Cfr. Mt 5,1-7,29), in particolare subito dopo le Beatitudini, dove delinea le linee guida per una società interiormente rinnovata e di cui Apostoli e discepoli sono chiamati ad esserne diffusori e continuatori della sua opera (per un approfondimento in merito rimandiamo ai seguenti articoli: Tristi e sconfitti per Cristo? Le Beatitudini” e “Come essere sale e luce del mondo“)

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Il simbolo della luce
I discepoli, secondo l’indicazione del Maestro, divenendo terra buona e fertile, accogliente nei confronti della novità di Dio, sono chiamati a essere luce. Non raramente gli evangelisti attribuiscono a Cristo l’attributo di luce che rischiare le tenebre di un mondo votato al peccato e alla morte. In particolare, Luca presenta Gesù come “il sole nuovo” che illuminando il mondo gli dona una nuova speranza di vita. Lo vediamo nel cantico di Zaccaria, quando dopo il lungo periodo di silenzio e meditazione, può dar di nuovo fiato alla sua voce:

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.
Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,
ci visiterà un sole che sorge dall’alto,
per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre
e nell’ombra di morte,
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace (Lc 1,76-79).

Nel vangelo di Giovanni, Gesù stesso si presenta inequivocabilmente come luce del mondo:

Di nuovo Gesù parlò loro e disse: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo (Gv 9,5). 

Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre (Gv 12,46)

La Chiesa non smette di ricordare questo attributo messianico, tanto che solennemente lo celebra in quella che chiama «La madre di tutte le veglie» (S. Agostino, Discorsi, n. 219), ovvero nella Veglia Pasquale.

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Essere luce
Se dunque, l’essere luce è una prerogativa di Cristo, quale significato hanno le sue parole?
Come cristiani, lo crediamo oppure no, siamo chiamati a imitare la vita di colui che ci ha affascinati. Brillando della sua luce, il nostro dovere è quello di essere continuatori nella storia della sua opera redentrice, e in quanto tale essere segno di contraddizione.

a. Splendere nelle tenebre
Quando la luce di una stella è davvero utile? Non di certo il mattino, quando splende il sole. Ma quando è notte, quando le tenebre, foriere di incertezze e paure ataviche, avviluppano il mondo. Splendere come luce, per noi cristiani significa non omologarci a sistemi di ingiustizia legalizzata che talvolta la nostra società pagana offre. Ma splendere nella verità, a qualsiasi costo. Testimoniare e denunciare lì dove è necessario.
Essere fari che dirigono tanti fratelli perduti, verso il porto sicuro della grazia di Dio.

b. Perché una fonte luminosa abbia senso
La luce, poi, non splende per se stessa. Essa ha senso solo nella misura in cui serve a qualcuno. Allo stesso modo, la nostra vita ha senso solo se la si spende nell’amore.

c. Relazionalità
Illuminata una persona diventa più riconoscibile, i tratti famigliare, il tono della sua pelle risplende, prende colore. Allo stesso modo, il nostro essere luce oggi, indica il rivedere le nostre relazioni, risanarle se necessario, e riconoscere nell’altro non un’ombra amorfa che si confonde con l’oscurità, ma una persona con la sua dignità e bellezza.

Non raramente, poi, le fonte luminose sono anche fonti di calore. Essere luce per noi, significa scaldare ciò che è gelido (proprietà dello Spirito Santo e degli uomini che vivono una vera spiritualità). Lì dove c’è freddezza, distanza, incapacità di amare, siamo chiamati a fare la nostra parte, seguendo l’invito del mistico Carmelitano San Giovanni della Croce che invitava le monache che dirigeva spiritualmente, con queste parole:

Dove non c’è amore, semina amore e otterrai amore

Giovanni della Croce, Detti di luce e amore
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d. Ardere e consumarsi
Guardando il simbolo della luce non possiamo non tenere in considerazione che all’epoca di Gesù, le fonti luminose accessibili agli uomini erano candele e lampade: realtà che necessitano di bruciare e consumarsi. Allo stesso tempo anche noi possiamo essere luce se impariamo a tenere acceso il nostro cuore, farlo bruciare di passione per Cristo e per coloro che egli ama. E unitamente a questo, consumarci, cioè non risparmiarci in nulla. Egli stesso, nel Vangelo di Luca lo ripeterà più volte:

Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà (Lc 9,24)

Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva (Lc 17,33)

e. La gioia
Si dice che una persona è luminosa, solare, radiosa, quando esprime gioia: il suo viso al sorridere si illumina. Oggi siamo chiamati ad essere prima di tutti uomini e donne capaci di gioia, che non si arrendono di fronte alle difficoltà perché non perdono mai il contatto con il Dio che salva e ama. La gioia, che si fonda sulla virtù teologale della speranza (vedi la nostra sezione dedicata: “La Parola è gioia“), diventa testimonianza diretta, anche se verbalmente taciuta, della fede del credente.
In un mondo iperconnesso, eppure ripiegato su se stesso, isolato e incattivito, in cui ognuno che abbia un minimo di connessione internet può sentirsi in diritto di sparare a zero attraverso i social, senza nemmeno tenere in considerazione i danni del suo esprimersi (che talvolta sfiorano anche l’incitamento all’odio e al suicidio), i cristiani sono chiamati a proporre un modo diverso di vivere: più autentico e rappacificato.

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Conclusione
Guardando alla ricchezza simbolica della luce usata da Gesù, oggi siamo chiamati a riconoscere che Dio non ti ha creato per la mediocrità, né Cristo per lo stesso motivo è morto e risorto. Siamo chiamati a fare grandi cose nella vita, abbiamo tutte le carte in tavola per farlo: dai talenti che ci sono stati accordati, alle grazie concesseci all’avere il migliore tra tutti i partners ed alleati, all’essere riuniti in una comunità di redenti, la Chiesa, che, innamorati del suo Signore, vuole camminare nelle sue vie, facendo forza sull’essere in comunione, uniti per sostenerci nelle cadute e nelle fragilità. Perché allora ci accontentiamo di brillare solo nelle asfissianti quattro mura delle nostre case, nel recinto angusto delle pochissime amicizie che riteniamo degne?

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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