Sei alla ricerca di una seconda opportunità?

In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,9-13). 

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Contesto
Ci troviamo di fronte a quella che comunemente è chiamata la “vocazione di Matteo”, l’apostolo ed evangelista che la Chiesa cattolica festeggia il 21 settembre. Il brano evangelico in questione ha una portata sconvolgente ed inaudita: il Signore Gesù, rabbi di Israele, ovvero Maestro della Legge, chiama al suo seguito non solo pescatori rozzi e ignoranti come Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni (Cfr. Mt 4,18-21), ma persino un pubblicano: Matteo appunto.

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Chi erano i pubblicani
All’epoca di Gesù Israele, terra santa donata da Dio al popolo eletto che aveva liberato dalla schiavitù in Egitto, era dominato, invaso e oppresso dall’impero Romano che opprimeva la popolazione con alte tassazioni e violenza. Roma, per di più, non rispettava la dignità della cultura e religiosità israelitica, tanto che impose la moneta ufficiale imperiale, che raffigurava Cesare come una divinità, e la presenza delle insegne imperiali all’interno degli spazi sacri del Santuario di Gerusalemme: gravi atti blasfemi contro la religiosità ebraica.

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Il problema dei pubblicani, considerati traditori della patria, pubblici peccatori, scomunicati, è proprio questo: essi si mettevano al servizio dell’impero per la riscossione delle tasse. E come se ciò non fosse sufficiente, poiché essi non godeva di una retribuzione, potevano aumentare la riscossione delle tasse a piacimento, così da intascare il proprio guadagno. Non raramente, poi, i pubblicani diventavano avidi di guadagno e la sovratassa che imponevano serviva loro per arricchirsi alle spalle di cittadini già stremati da ogni tipo di angherie per opera dei soldati (basti pensare all’insegnamento di Gesù sul porre l’altra guancia Cfr. Lc 6,27-38 e all’esempio di Zaccheo capo dei pubblicai Cfr. Lc 19,1-10).

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Una bomba atomica per il cuore
Matteo, dunque, era proprio uno di loro, e viene chiamato a seguire Gesù proprio mentre esercita il suo compito di esattore. Improvvisamente si è sentito guardare dritto negli occhi, il rabbi non lo ha insultato, ma a chiesto di far parte della cerchia dei suoi discepoli in maniera netta e inequivocabile. Una sola parola, un verbo che suona all’imperativo: «Seguimi». Ed egli non se lo è fatto ripetere per due volte.

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Molti che seguivano Gesù avevano visto in lui l’opportunità per cambiare vita, una seconda chance per loro per tornare a fare sul serio con Dio e la comunità, per riscattarsi. Lo dimostra il fatto che non appena sono in casa, quelle mura si riempiono di peccatori e pubblicani che intendono fare la stessa esperienza di Matteo. Il suo “sì” al Maestro, ha creato un effetto a catena che ha coinvolto altri a fare il suo stesso passo, la necessità di godere anch’essi di quella grazia di Dio che in passato hanno perso. L’amore, il rinnovamento spirituale, la conversione, sono sempre terreno fertile perché lo Spirito Santo possa operare facilmente.

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Con quale filtro guardi il mondo?
Lì dove gli uomini, i giusti benpensanti (e in quanto tale fortemente ipocriti), vedevano un caso perso, la nullità di un uomo che svende la sua identità e dignità, Gesù vede l’opportunità di una grande santità per tutto il genere umano. Per questo la domanda a cui oggi dobbiamo rispondere è questa: “Con quale sguardi guardi il mondo?”, “Cosa vedi in chi incroci nella tua via?”, “Qual è la tua chiave di interpretazione dei fatti della tua quotidianità?”.

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Gesù era il più giusto tra gli uomini, il più grande tra i Maestri di Israele (tanto che la gente riconosce inequivocabilmente l’autorevolezza del suo insegnamento Cfr. Mt 7,28-29), ma non si associava al vedere il mondo e la gente in bianco e nero. Lui ci insegna ad andare oltre le apparenze e che se etichettiamo le persone come inutili e malvagie, ci precluderemmo a delle grandi opportunità per loro e per noi. Da qui il monito con il quale si conclude il brano evangelico:

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Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori.

Fino a quando come cristiani crederemo di essere giusti e santi solo perché scaldiamo il banco della chiesa per un’ora alla settimana e sgraniamo rosari come se la preghiera fosse uno scioglilingua e ci approcceremo al Sacramento della Riconciliazione per far notare al prete quanti pochi e insensati sono i nostri peccati, allora non saremo diversi dai farisei: gente che perde l’opportunità di accogliere quel Messia che per secoli hanno invocato.

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Se pensiamo di mettere piede in chiesa per ricordare ai presenti quanto siamo bravi e santi (vedi il nostro articolo “Servitori non re. La comunità secondo Gesù“), allora è meglio restare a casa. Non si entra in chiesa per se stessi, ma per servire e accogliere Cristo, la comunità e chiunque in essa vi si accinga al di là del suo stato morale. Dietro ad ogni peccatore può celarsi la grandezza di un profeta, di un mistico, di un martire, di un mediatore eccezionale della parola e della presenza di Dio.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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