È cristianamente possibile amare Dio e ignorare il prossimo?

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo (Mc 12,28-34).

CONTESTO LITURGICO-ESISTENZIALE
Per questo l’approccio ai brani evangelici che ci vengono proposti dalla Liturgia della Chiesa, possono essere riletti con una prospettiva prettamente penitenziale, atta a farci cogliere quello che Dio si aspetta da noi in questo tempo di grazia che ci prepara sì alla Pasqua, ma anche all’incontro finale con lui, quando si manifesterà nella sua gloria.

In questo venerdì della terza settimana di quaresima, la Chiesa ci propone una meditazione sulla sintesi suprema di tutti i comandamenti, della morale cristiana, e di quella prassi esistenziale così importante da vivere che varrà per noi come criterio di valutazione finale. Infatti vedremo come dall’ottemperanza a questo duplice comandamento, lo intendiamo come un comandamento unico ma a due facce, come una moneta, dipende la nostra salvezza o la nostra condanna eterna.

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CONTESTO NARRATIVO
A livello scritturistico, questo incontro di Gesù con lo scriba avviene in un momento e in un contesto ben preciso: il nazareno aveva proclamato la parabola dei vignaioli omicidi (Cfr. Mc 12,1-12; vedi link in basso) individuando in questi assassini gli esponenti del potere religioso.

Da questo momento in poi la disputa contro di lui si fa più accesa tanto che l’evangelista annota:

E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso (Mc 12,12-13).

Così sulla scena si alternano gli erodiani che cercano di metterlo in difficoltà con la questione del tributo a Cesare (Cfr. Mc 12,14-17; vedi link in basso), i sadducei con la folle teoria della moglie vedova dei sette mariti e la questione della risurrezione (Cfr. Mc 12, 18-27; vedi link in basso).

In tutto questo alternarsi di avversari con teorie sempre più astruse che li vede, tra l’altro, sempre più in difficoltà, si erge Gesù quale unico vero Maestro d’Israele che con verità, carità e autorità sventa tutte le loro trappole andando al cuore di un questione religiosa più concreta e che parla al quotidiano della gente, senza giri di parole, né con toni teologici altisonanti.
Qui, dunque, si situa l’ultimo attacco teologico nei suoi confronti (almeno l’ultimo per il momento) e la questione da puramente formale, viene posta su un piano spirituale e sociale da Gesù. Il trabocchetto che gli tendono, infatti, riguarda i comandamenti divini.

L’imperativo iniziale: «Ascolta!»
Si potrebbe dire che per Gesù il primo comandamento sia quello dell’amore, eppure a ben vedere, citando appunto il Deuteronomio, per lui il primo comandamento è ascoltare. Si tratta non di un invito, ma propriamente di un ordine perentorio, con tanto di punto esclamativo.
Molti dei problemi di Israele, nella corso della sua storia, sono stati causati dall’incapacità di porre attenzione, di ascoltare, alle parole di Dio e dei suoi profeti, perché decise di fare autonomamente, seguendo il proprio limitato intelletto e non quello di Dio. Allo stesso modo, oggi, molti cristiani seguono la via della perdizione e della tristezza infinita, perché hanno chiuso l’orecchio a Dio, non ascoltano lui e non ascoltano nessuno. Ben a ragione, dunque, diceva san Paolo:

La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo (Rm 10,17).

Giungiamo alla fede perché qualcuno ci ha parlato di Cristo a un certo punto della vita, ma questa fede può rinnovarsi solo nella misura in cui alimentiamo questo ascolto attraverso la lettura orante della Parola di Dio.

Il secondo comandamento: «ama!»
Solo nella misura in cui riusciremo a vivere il primo comandamento, allora potremo sforzarci a vivere il secondo: quello dell’amore. Il secondo dipende dal primo: non ci si può dire cristiani che amano Dio e il prossimo, se non si è capace di ascoltare. Al contrario è proprio dell’uomo che ama, quello di mettere da parte il proprio ego, per far emergere l’Altro, e gli altri, con quello che hanno da dire. È proprio del cristiano innamorato il saper ascoltare, inteso come promozione dell’Altro e desiderio di conoscerlo profondamente.

L’amore è intransigente
Ci vuole coraggio per amare, e Gesù non usa mezzi termini: l’amore che ci viene chiesto è totale e totalizzante.

Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso“.

Ci troviamo di fronte a una richiesta intransigente da parte di Gesù: amare Dio con tutto quello che siamo e abbiamo, senza lasciare spazio alcuno all’amor proprio. Qui si tratta di un morire d’amore, un morire a noi stessi, un annullarci completamente. È vero, ma potremo leggerlo da un’altra prospettiva: non si tratta di un morire sterile, ma di un dissolverci in Dio che è Amore, un diventare tutt’uno con lui, imitando l’atto nuziale in cui i coniugi non sono più due ma una sola carne. Essi possono vivere bene la loro relazione solo nella misura in cui l’uno si perde nell’altro. Allo stesso modo avviene nell’amore chiesto da Gesù.
L’amare Dio totalmente ci permetterà di cogliere appieno quell’amore per il prossimo, dove l’altro non è solo il famigliare, l’amico, ma anche colui che è difficile voler bene: il nemico, l’antipatico. Questo diventerà possibile, però, solo quando avremo abdicato all’amor proprio, per annullarci in Dio.

«Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»
L’amore è la sintesi di tutta la rivelazione biblica, di tutti i comandamenti divini, di tutta la morale ebraica e cristiana. Quando credi di non sapere cosa Dio voglia da te, ricordati questa lettura. Da millenni, Dio non fa che ripeterci sempre la solita solfa, detta e ridetta in diversi modi perché noi lo capiamo: «Ama!».
L’amore è la risposta a tutti i nostri interrogativi, a tutte le nostre ricerche di senso, l’amore, e solo quello incondizionato, libero, che impone sofferenza (puoi avere ulteriori spunti di riflessione cliccando sui link in basso), dà quella pienezza di vita che stai cercando da tempo. Solo amando, e lasciandoti amare, puoi sperare di ottenere il Regno dei cieli, nonostante i tuoi tanti peccati, nonostante le tue tante miserie e fragilità
Oggi allora siamo chiamati a guardarci in faccia l’uno con l’altro con uno sguardo nuovo, andando al di là dei torti e degli sgambetti che ci siamo fatti. Si tratta di fare chiarezza con noi stessi, camminare nella verità, consapevoli che ognuno di noi è una persona infinitamente amata da Dio, tanto che egli per noi ha donato ciò che aveva di più caro: il Figlio.

È possibile amare Dio e odiare, o ignorare, il prossimo?
La grande tentazione del cristiano d’oggi, è la pretesa di amare Dio prescindendo dagli altri. L’apostolo Giovanni smaschera questa intima ipocrisia dell’uomo di fede di tutti i tempi, e nella sua prima lettera afferma:

Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello (1Gv 4,19-21).

Ora, ogni parola nell’opera Giovannea (vangelo, tre lettere e Apocalisse) non è mai casuale, ma ha sempre un preciso riferimento teologico. In particolare per l’apostolo la menzogna ha sempre un rimando diabolico, satanico. Non è un caso che nel suo Vangelo raccoglie un detto di Gesù agli scribi e ai farisei. Nella loro incapacità di ascoltare la sua parola e di amare il prossimo, li chiama non figli di Abramo, ma di Satana. Leggiamo:

Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio” (Gv 8,43-47).

Ora, chi ha la pretesa di dirsi cristiano, colui che ha il coraggio di riempirsi la bocca di belle preghiere, di testimonianza di fede teologicamente perfette ed erudite, ma poi concretamente non mette in atto gesti di accoglienza, perdono, riconciliazione e amore del prossimo, altro non è che un figlio di Satana vestito di pailettes sgargianti (a questo tema abbiamo dedicato diversi articoli, cercando di approfondirlo da punti differenti, per questo per un maggiore approfondimento, invitiamo a cliccare sui link in basso).

Conclusione
Ecco, dunque, la concretezza dell’amore alla quale oggi il Signore ci chiama: nulla di romantico, platonico o astratto, ma tanto concreto come la vita e come la morte. E tutto inizia dall’ascolto. Da esso nasce l’amore e questo ci fonda nella Verità, quali figli di Dio. Tu da che parte stai?

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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