In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino (Lc 4,24-30).
CONTESTO
Il brano evangelico che la liturgia della Parola offre alla nostra meditazione, in questo inizio di terza settimana del tempo di quaresima, si situa in un periodo molto preciso di Gesù: gli esordi del suo ministero, subito dopo il Battesimo ricevuto da Giovanni nel Giordano (Cfr. Lc 3,15-22; vedi link in basso), e i giorni di prova nel deserto (Cfr. Lc 4,1-13; vedi link in basso).
Prima tappa del suo ministero itinerante è la sua città natia, la sua patria: Nazareth. Qui si situa il brano di oggi che si prospetta come la seconda parte dell’insegnamento di Gesù nella sinagoga (Cfr. Lc 4,14-21; approfondisci al link in basso). Questo, come appare evidente, non ha portato molti frutti, tutt’altro, la figura del Messia Nazareno suscita diversi sospetti nei suoi concittadini.
IL PREGIUDIZIO COME FRENO A UNA POSSIBILE SANTITÀ PERSONALE
Il rientro di Gesù nella città che lo ha visto crescere è segnato dall’incomprensione. Lui che aveva annunciato la realizzazione della profezia di Isaia sulla sua persona, venuto per liberare l’uomo da tutte le sue schiavitù e dalla morte, ora è causa di scandalo agli occhi di chi non vede altro che il suo passato.

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Non raramente anche noi ci comportiamo come i concittadini di Cristo: una volta che abbiamo bollato, etichettato una persona, facciamo difficoltà a riconoscerla al di fuori del giudizio che le abbiamo dato. L’invito è quello di saper andare oltre il passato, la storia dei nostri fratelli, oltre persino i suoi errori commessi e di quelli della sua famiglia. Ognuno, a imitazione di Gesù, può diventare causa di una grazia divina per tutti noi, ognuno di noi è chiamato a riconoscersi più grande del suo passato, dei suoi peccati commessi in gioventù, degli errori della sua famiglia.
LA VEDOVA DI SAREPTA E NAAMAN IL SIRO
Di fronte all’incredulità dei concittadini, Gesù deluso del loro atteggiamento incredulo, incapace di accogliere e farsi stupire da Dio, dice:
Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
Chi sono questi personaggi che Gesù nomina? Si tratta di un uomo e una donna vissuti nella stessa epoca, beneficati da due grandi profeti Elia ed Eliseo. Benché la prima fosse di una estrazione sociale molto povera, il secondo si distingueva per l’importanza sociale ed economica. Cos’hanno in comune? Sono gente pagana, raggiunta dalla tenerezza salvifica di Dio attraverso i due profeti. Un uomo e una donna estranei alla religiosità ebraica, ma che furono capaci di accogliere la novità di Dio mediata attraverso due persone per loro comuni, ma che in realtà erano profeti.
La risposta di Gesù è molto forte. Non raramente infatti resta indignati per gli uomini di fede della sua epoca. Lo abbiamo non molte settimane fa, nel suo atteggiamento verso gli scribi (Cfr. Mc 3,7-12; 22-30; vedi link in basso).
CONCLUSIONE
Guardando l’atteggiamento degli abitati di Nazareth, siamo chiamati a saperci fare stupire da Dio. Come la seconda Persona della Trinità, si presento incarnato nella persona di Gesù di Nazareth, allo stesso modo il Signore passa attraverso i soliti volti della nostra quotidianità, tra le persone che incontriamo per strada o lungo le code agli uffici pubblici, tra i banchi di scuola o sul posto di lavoro, tra i membri della nostra famiglia e quelli della nostra comunità ecclesiale. Non sia mai che mentre Cristo ci è accanto, ci parla e ci ama nella persona dei fratelli, noi, come i suoi concittadini, vogliamo spingerlo lungo il ciglio di un monte per metterlo a morte.

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Fame della Parola di Dio?
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