In un nostro precedente approfondimento biblico, ci siamo soffermati sul più noto dei Giuda al seguito del Cristo: l’Iscariota (clicca sul link in basso). Eppure insieme a lui, Gesù chiamò un altro col suo stesso nome, colui che veniva denominato Taddeo. Termine probabilmente proveniente dall’aramaico, che era la lingua anche di Gesù, e che porta in sé una molteplicità di significati: di buon cuore, dolce, amorevole, magnanimo, generoso.
In questo modo, come per Gesù l’appellativo Cristo, designa la persona, significando appunto Unto, così per il meno noto dei Giuda, l’appellativo serve per indicare il mistero della sua persona, l’intimità che lo distingue dall’Iscariota.

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L’evangelista Giovanni, mette sulle labbra di Taddeo, una particolare domanda rivolta a Gesù nell’Ultima cena:
Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?” (Gv 14,22)
A lui si deve una delle lettere del Nuovo testamento, breve, giusto di un solo capitolo, ma densa di contenuti. In essa invita una larga schiera di cristiani da lui diretta, a non cedere alle dissolutezze del mondo, né a farsi traviare da coloro che tendono a giustificare il male. Allo stesso tempo mette in guardia da chi nelle comunità intende solamente seminare zizzania e divisioni, non temendo di definirli “compari” di Caino e degli angeli ribelli. Leggiamo così infatti:
Guai a loro! Perché si sono messi sulla strada di Caino e, per guadagno, si sono lasciati andare alle seduzioni di Balaam e si sono perduti nella ribellione di Core. Essi sono la vergogna dei vostri banchetti, perché mangiano con voi senza ritegno, pensando solo a nutrire se stessi. Sono nuvole senza pioggia, portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, morti due volte, sradicati; sono onde selvagge del mare, che schiumano la loro sporcizia; sono astri erranti, ai quali è riservata l’oscurità delle tenebre eterne (Gd vv. 11-13)
Le sue affermazioni così forti contro chi invita a scendere a compromessi col peccato sono più attuali che mai, in un mondo che tende a fare del Vangelo una narrazione vecchia, legata al passato, un raccontino passato ormai di moda che nulla ha a che vedere con l’epoca contemporanea. Contro questi pseudo-cristiani, falsi maestri che inquinano le coscienze, si eleva ancora forte il grido di questo apostolo che ci invita a non abdicare alla nostra fede, ricordandoci le parole di Gesù:
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19).
Parlando di lui, nell’Udienza generale dell’11 ottobre 2006, il Papa emerito Benedetto XVI, affermava:
«Si vede bene che l’autore di queste righe vive in pienezza la propria fede, alla quale appartengono realtà grandi come l’integrità morale e la gioia, la fiducia e infine la lode, essendo il tutto motivato soltanto dalla bontà del nostro unico Dio e dalla misericordia del nostro Signore Gesù Cristo. Perciò, tanto Simone il Cananeo quanto Giuda Taddeo ci aiutino a riscoprire sempre di nuovo e a vivere instancabilmente la bellezza della fede cristiana, sapendone dare testimonianza forte e insieme serena».

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La Chiesa da secoli si rivolge a San Giuda come il patrono delle cause disperate o senza risoluzione. Da anni viene venerato in molte chiese d’Italia e del mondo intero. In suo nome sono state erette anche diverse confraternite.
La Chiesa cattolica lo festeggia solennemente il 28 ottobre, insieme a un altro apostolo: San Simone il Cananeo. Alcune delle sue reliquie sono conservate nella Basilica di San Pietro a Roma.
A livello iconografico è spesso rappresentato mentre mostra una medaglia che porta al collo, sulla quale si può notare il volto sindonico di Cristo. Secondo la tradizione infatti, si dice che era solito predicare il Vangelo, e invitare alla conversione, a partire dal volto di Cristo lì impresso.
Clicca qui in basso per consultare tutte le preghiere a San Giuda Taddeo

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Una opinione su "San Giuda Taddeo, il santo delle cause senza rimedio"