Come essere buoni amministratori delle grazie di Dio?

XXV domenica del tempo ordinario – anno C

Am 8, 4-7; Sal 112; 1Tm 2, 1-8; Lc 16, 1-13

INTRODUZIONE ALLE LETTURE
Cosa ne sto facendo della mia vita? Cosa ne sto facendo delle grazie ricevuta da Dio nel corso della mi storia personale? In che modo sto facendo fruttificare i talenti che il Signore mi ha dato in dotazione perché io sia felice e mi faccia santo? Sono davvero sicuro che conosco la volontà di Dio? la cerco, provo a realizzarla nella mia vita? E come?
Sono tutti interrogativi che oggi la liturgia della parola intende far emergere nel nostro spirito, come una sorta di revisione di vita per poi riprendere con animo rinnovato il nostro cammino cristiano.

Mantenere attivo un blog, comporta delle spese, purtroppo non è gratuito. Sostieni gioiacondivisa.com e la divulgazione della gioia della Parola di Dio. Farlo è semplice: basta una piccola donazione cliccando qui, o sul bottoncino a sinistra. Sii estensione di quella Provvidenza di cui abbiamo bisogno per continuare.

Prima lettura
Dal libro del profeta Amos (Am 8,4-7)

Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

Giustizia sociale e quella divina: un binomio inscindibile
Il profeta Amos, guarda il mondo e la sua epoca, con lo sguardo di Dio e a quest’ultimo presta la voce quando si rende conto delle gravi ingiustizie del suo tempo: la speculazione dei commercianti sui poveri cittadini. Per quanti essi possano essere scaltri nei calcoli e nei guadagni facili, non potranno mai fuggire dall’occhio vigile di YHWH che si prende cura dell’oppresso, di colui che viene sfruttato dal mercato e dalla finanza.
C’è una giustizia sociale di cui il Signore si fa carico, e colui che sarà ritenuto ingiusto nelle sue relazioni, speculando sul prossimo, verrà ritenuto tale anche da Dio.

Ci troviamo di fronte a una parola forte che è particolarmente attuale in questo tempo di guerra e di crisi economica ed energetica che stiamo vivendo. Sulla pelle di tanti consumatori oppressi da sovrattasse e rincari di ogni genere, c’è un mondo finanziario, di imprese multinazionali, e talvolta anche statali, che si arricchisce speculando sui costi. Così mentre ai poveri viene imposto di stringere la cinghia, c’è invece chi se l’allarga perché alla fine il suo stipendio se non aumenta resta comunque piuttosto sostanzioso.

Ma questa parola non è valida solo per i potenti della terra, ma anche per tutti noi. Siamo meritevoli del biasimo di Dio ogni volta che ci assuefacciamo a un troppo comodo “così fan tutti” e quindi sottopaghiamo i nostri dipendenti, maltrattiamo chi dovrebbe erogarci un servizio o, se ne abbiamo la possibilità, cerchiamo raccomandazioni per trovare un lavoro o saltare la fila per una prestazione all’ASL. Per questa ragione la parola del profeta Amos è per noi molto attuale, perché tramite essa il Signore ci rivela che il primo passo per essere degni di lui, della sua salvezza, è quello di essere buoni cittadini, rispettosi della giustizia e della legalità.

Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 16,1-13)

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

I destinatari dell’insegnamento di Cristo
Il Vangelo di questa domenica, riporta una parabola di Gesù il quale, diversamente dalle altre volte, non si dirige alle folle, né ai suoi avversari (scribi, farisei e casta sacerdotale), ma direttamente a quel gruppo di persone che lo seguono più da vicino (non si tratta dei soli apostoli, vedi per esempio all’approfondimento qui in basso). Proprio perché dunque si rivolge ai discepoli, possiamo ben stare attenti a quel che dice, perché la sua parola riguarda anche noi, il nostro cammino spirituale, il nostro discepolato.

Visione d’insieme
Gesù parla di un padrone che richiama il suo amministratore annunciandogli il licenziamento perché, a suo dire, il lavoro svolto non gli frutta il guadagno sperato. In cosa consisti poi questo guadagno, lo si capirà più avanti e sarà il colpo di scena che Gesù darà al suo insegnamento, ma l’amministratore non si perde d’animo e dopo un breve ragionamento circa il suo futuro, decide di chiamare a sé i debitori del suo padrone e ne abbassa il debito, cercando così di accattivarsi le loro simpatie e trovar impiego presso uno di essi.

Il colpo di scena sorge nel momento in cui il padrone si rende conto dell’ultima macchinazione del suo impiegato, tant’è che Gesù conclude:

Il padrone lodò quell’amministratore disonesto

A ben vedere quell’impiegato sarebbe stato degno di un’ulteriore condanna dal suo datore di lavoro e, invece, non ne ottiene che lodi. Perché? Perché evidentemente era quello che il padrone si aspettava da lui fin dall’inizio: il rimettere i debiti altrui.

Buoni amministratori di beni non nostri
Se la parabola è rivolta ai discepoli, e non ai farisei come ci si potrebbe aspettare, dobbiamo capire in che modo essa ci coinvolga, per comprendere cosa ancora Cristo si aspetti da noi.

La parabola ha un forte richiamo escatologico, rimandando al giudizio finale dell’uomo quando, con le sue azioni, comparirà al cospetto di Dio per renderne conto. In un’epoca in cui siamo costantemente tentati di vivere da egolatri e narcisisti, in cerca di consensi e seguaci per una foto sui social networks, Gesù ci ricorda che tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo, in realtà, non sono nostri, ma provengono dall’amore misericordioso, tenero e provvidente di un Dio che ci è Padre e che si aspetta che tutti questi beni sappiamo ben amministrarli nella condivisione, nel rimetterli ai nostri debitori.

Da qui la domanda: cosa ne stiamo facendo della nostra fede? Delle nostre capacità culturali, intellettive, relazionali? Riconosco che se esse non li uso per andare incontro al mio prossimo, a colui che mi è debitore perché mi ha fatto un torto, ne dovrò rendere conto a Dio?

Ricordiamoci che l’amministratore viene lodato dal suo padrone, quando si decide di usare quei beni non suoi per usare misericordia verso i debitori del padrone. Allo stesso modo saremo accusati di sperperare i talenti del Signore, il tempo che ci ha dato da vivere su questa terra, se avremo voluti tenerli solo per noi, se seguiamo la logica di un accaparramento che non è quella di Dio, se seguiamo la tendenza dell’autopreservazione dalle ferite che gli altri potranno provocarci.

Come entrare nel Regno dei cieli
Se già la prima provocazione di Gesù ci sembrava troppo ardua da cogliere, da interiorizzare, la seconda non è da meno:

Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

È un’affermazione forte, perché ci rivela che per entrare «nelle dimore eterne» della salvezza, bisogna farlo usando quella ricchezza disonesta di chi dona per amore beni non suoi, ma del “Padrone” appunto.

La Chiesa Cattolica ha profondamente recepito questo messaggio di Cristo e nel Catechismo afferma:

«La proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza, per farlo fruttificare e spartirne i frutti con gli altri, e, in primo luogo, con i propri congiunti» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2404).

In sintesi Gesù ci fa comprendere che se tutto quello che abbiamo, che siamo, che abbiamo conquistato con sacrificio nella vita, non è sottomesso, veicolato e orientato all’amore, alla misericordia, alla donazione, allora ne stiamo facendo un uso diverso da quello che Dio si aspetta da noi e un giorno dovremo rendergli conto.

Mantenere attivo un blog, comporta delle spese, purtroppo non è gratuito. Sostieni gioiacondivisa.com e la divulgazione della gioia della Parola di Dio. Farlo è semplice: basta una piccola donazione cliccando qui, o sul bottoncino a sinistra. Sii estensione di quella Provvidenza di cui abbiamo bisogno per continuare.

Fame della Parola di Dio?
Cerca altri articoli catalogati nelle sezioni qui in basso

Ultimi articoli inseriti.

Ultimi articoli inseriti.

Ultimi articoli inseriti.

Ultimi articoli inseriti.

Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)