In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,27-29).
INTRODUZIONE
Solo pochi versetti del Vangelo, appena tre, ne vengono consegnati alla nostra meditazione in questo giorno così importante per la cristianità soprattutto europea. Oggi infatti celebriamo la solennità del patrono “continentale”, il padre del monachesimo occidentale: San benedetto.
Il brano evangelico ci descrive un dialogo, molto sintetico, tra Gesù e Pietro in cui il secondo cerca spiegazioni, e motivazioni nuove, circa il suo discepolato.
La domanda del primo tra gli apostoli potrebbe sembrare imbarazzante, inadatta al suo ruolo di capo della Chiesa nascente, e persino scandalosa se la pone proprio a colui che ha riconosciuto come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Di fronte a un atteggiamento di tipo commerciale nei riguardi di Dio, potremmo tutti ben a ragione sentirci imbarazzati dall’atteggiamento del pescatore di Galilea, scandalizzati da chi come lui cerca di trarre un profitto dalla relazione con Dio.
LE REAZIONI DI GESÙ DI FRONTE A CERTI APPROCCI INADEGUATI
Generalmente di fronte a certi atteggiamenti strani, per così dire, inadatti nei suoi riguardi, Gesù assume due atteggiamenti: il primo è quello di mettere a tacere l’altro, senza mezzi termini e con toni piuttosto perentori, il secondo è ignorarli, passare oltre senza degnare nemmeno di una risposta.
Con i demoni, infatti, che intendono anticipare il mistero della sua persona, egli non perde tempo a imporre loro il silenzio (Cfr. Mc 1,25; 3,12; vedi articoli in basso per un maggiore approfondimento).



Il secondo tipo di atteggiamento di Gesù, quello di passare oltre e ignorare chi gli si relaziona in maniera scriteriata, lo mette in pratica soprattutto con i suoi avversari. È, per esempio, l’atteggiamento che adotta durante la sua passione, con Pilato prima (Cfr. Gv 19,8-11) e con Erode poi (Cfr. Lc 23,8-11), ma anche con quei farisei incapaci di rallegrarsi di un miracolo compiuto su un uomo oppresso da uno spirito impuro (Cfr. Mt 9,32-38; vedi link in basso).

UN DIALOGO IMBARAZZANTE
Quello che colpisce di questo brano, è proprio il non scandalizzarsi di Gesù di fronte alla richiesta di Pietro. Il Maestro, infatti, non ha mai tentennato nel correggere i suoi apostoli, ma questa volta, quando il primo tra gli apostoli, sembra fare della sua sequela una sorta di commercio, di dare e avere, Gesù non solo non si infastidisce, non solo non riprende e non corregge, ma risponde con molta serenità.
Stupisce l’atteggiamento dei due protagonisti di questo brano evangelico. Davvero il cammino di fede può essere remunerativo? Una questione per cui do qualcosa a Dio ed egli in cambio me ne dà altre? Possibile che il nostro non sia l’Amore libero e liberante che abbiamo sempre creduto?

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CERCHIAMO DI CAPIRCI QUALCOSA
L’amore che definisce Dio è agape, cioè un amore completamente puro e gratuito, per questo, come abbiamo detto in un altro approfondimento biblico, il nostro Dio ci beneficerà al massimo della sua onnipotenza al di là del fatto se lo accogliamo o lo rifiutiamo nella nostra vita. Egli è Amore e non può non amare. Questa è stata la lezione che i due fratelli Zebedeo hanno dovuto imparare:
«Giacomo e Giovanni, dunque, invocano la stessa punizione di Sodoma: distruzione e morte per i samaritani che hanno chiuso le porte al Maestro.
Il problema alla base della loro richiesta a Gesù è l’idea distorta che hanno di Dio. Per loro YHWH è un Dio punitivo, che castiga chi si comporta male e premia il giusto. Il problema è che mai, in nessun caso, Gesù ha presentato questo volto del Padre. Al contrario, egli non ha mai smesso di predicare l’aspetto tenero e misericordioso di un Dio che non solo non è il giustiziere che ci aspetteremmo, ma è persino gioioso, allegro» (Cristiani itineranti e mai da sacrestia).

Quello che Gesù ci sta rivelando, nella sua risposta a Pietro è che nella misura in cui l’uomo decide di essergli fedele, di affidarsi a lui completamente, di prenderlo come suo Maestro, fratello e modello di vita, non potrà che avere benefici nella sua vita. Ma questi non sono da intendersi come premi per una retta condotta, ma come frutto dei suoi sforzi personali per vivere meglio la sua vita personale e le sue relazioni.
Tutto ciò che ci lasciamo alle spalle, tutto ciò a cui togliamo il primato dei nostri affetti, per permettere a Cristo di sedere sul trono del nostro cuore, non lo perdiamo, ma lo acquistiamo, cioè ci viene concesso di viverle meglio. Quando per esempio Gesù ci chiede di amare il Padre sopra ogni cosa, persino più dei genitori e dei figli (Cfr. Mt 10,37), non pretende che sradichiamo dal nostro cuore gli affetti più cari, ma di educare la nostra affettività per non farne un idolo (vedi articoli in basso).


A partire da questa prospettiva, possiamo ancora una volta comprendere l’importanza che Gesù dà alle nostre relazioni interpersonali, a tal punto da farne criterio di salvezza o dannazione eterna, perché alla fine saremo giudicati non sulle quantità di rosari sgranati (per quanto importanti siano), né sul numero delle Sante Messe celebrate durante la settimana (per quanto importanti siano), ma sulla qualità dell’amore che saremo stati in grado di donare al nostro prossimo (approfondisci al link in basso).

BELL’ AFFARE SIGNORE…
Diciamocelo, certe relazioni sono davvero difficili, e preferiremmo perderle piuttosto cbhe conquistarle, o peggio, moltiplicarle per cento.
Però la risposta che Gesù dà a Pietro rivela che Dio nella nostra vita non si comporta come un despota o un dittatore, non ci vuole sottomessi spiritualmente a lui. Al contrario, lui è il Go’él, il liberatore, colui che ci affranca da noi stessi, dalle nostre relazioni tossiche, dalle nostre idolatrie, dagli orgogli smodati e da quell’insana, maligna e diabolica tentazione, di fare dei social networks i luogo in cui vomitare tutto il peggio che nutriamo nel cuore.
Sarebbe troppo facile perdere per Cristo un fratello che non sopportiamo. In realtà lui niente toglie, ma tutto dona.
Fare della nostra vita un’offerta a Cristo, non significa perderla, abbandonarla, ma riaverla centuplicata, cioè piena di quel senso, significatività e bellezza che talvolta ci scivola tra le dita come sabbia al vento, dispersa nell’aria della nostra superficialità.
COSA FARE PER EREDITARE LA VITA ETERNA?
Ma non solo, e qui forse anche il dato interessante. Insieme alle relazioni centuplicate che avremo saputo riorientare a Cristo, avremo anche quella vita eterna che prima era tutt’altro che scontata. Ancora una volta Gesù ci ripete cosa dobbiamo fare per poter godere dell’eredità dei santi, come poter sorpassare con un salto il fuoco del purgatorio (o peggio quello eterno dell’inferno della maledizione), per andare diritti e spediti verso la salvezza.
Rileggiamo la conclusione del brano evangelico odierno:
Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
L’eredità della vita eterna, percepibile e fruibile già qui ed ora, è possibile solo nella misura in cui si è stati capaci di ottemperare alla condizione precedente: cristianizzare le nostre relazioni, evitare il paganesimo del cuore, distruggere le barriere dell’orgoglio, dell’invidia, della violenza verbale o mediatica. Possiamo assicurarci, in ultima analisi, un posto in paradiso, solo ed esclusivamente, amando veramente il nostro prossimo.
CONCLUSIONE
Caro lettore, se vivi una vita cristiana puntando al purgatorio, non è detto che l’otterrai, non accontentarti di una certa mediocrità spirituale, punta in alto… magari ci riesci!
Sii apportatore di bellezza in questa nostra vita così controversa, apporta gioia nelle tue relazioni, sii apostolo di quella gioia che è Dio e riconosci che solo un animo riconciliato con Dio, con la Chiesa, con se stessi e con gli altri, è un animo degno della gioia di Dio, della gioia eterna che puoi godere già qui e ora, per quanto ancora imperfetta.

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