In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle» (Mt 5,38-42).
CONTESTO
Il brano evangelico che la Liturgia della Parola oggi ci offre, si situa all’interno di quella grande sezione narrativa dell’opera matteana, in cui l’evangelista tratteggia il Nazareno come il nuovo Mosè che conduce il nuovo popolo, il nuovo Israele, verso una nuova terra promessa. Si tratta, del grande discorso della montagna (Mt 5,1-7,29), e questo insegnamento si inserisce come non ultimo tra i tasselli mosaicali composti da Gesù.
Nei nostri precedenti articoli, abbiamo avuto modo di approfondire alcuni di essi, per questa ragione, per avere un quadro più completo delle parole del Maestro, rimandiamo agli articoli raggiungibili ai link qui in basso.








IL PACIFISMO INTEGRALISTA DI GESÙ
Certo, il titolo di questo paragrafo può risultare provocatorio, ma in questo tempo di guerra e di tanta cronaca nera, risulta più alto il grido di Cristo ad ogni cristiano che intenda fare sul serio con lui, per l’abbandono di ogni atto violento. Per questa ragione, chiunque giustifichi ogni atto di aggressività, sopraffazione, prepotenza o anche la stessa guerra, non può neanche chiamarsi cristiano.
Infatti, non poco scandalo hanno suscitato le recenti, e aberranti, affermazioni del capo della Chiesa ortodossa Russa, il patriarca Kirill che parla di una guerra giusta.

Tutt’altra la voce che sale dall’occidente, da Papa Francesco che in prima linea ha cercato, invocato e si è impegnato per l’adozione di una via diplomatica capace di dirimere il conflitto. Non sono egli stesso si è reso disponibile a incontrare il capo di Stato russo, ma persino non ha temuto di usare parole forti circa l’invio di armi in Ucraina da parte delle nazioni europee.
Le parole del Pontefice massimo della Chiesa cattolica, rimarcano quelle forti di Gesù del vangelo di oggi: nessuna violenza è giustificata o giustificabile e nessuno che si dica cristiano può promuoverla in nessun ambito e in nessun contesto.
Per questa ragione, oggi, pregare per la pace è tutt’altro che facoltativo. In un periodo di grandi tensioni politiche e incertezze economiche, urge la necessità che tutti i cristiani si uniscano ed elevando a Dio i loro cuori, come in un’unica voce, implorare la pace per tutti i poli in conflitti. A questo tema, abbiamo dedicato alcuni contributi che condividiamo nei link qui in basso.




OCCHIO PER OCCHIO…
Gesù abroga una norma legiferata dallo stesso Mosè, mentre conduceva il neo costituito popolo di Israele, decisamente non facile da governare, verso la terra promessa. Una legge necessaria per fermare una pagana e immotivata ascesa della violenza che nel racconto di due dei figli di Giacobbe emerge in tutta la sua drammaticità (Gen 34).
Qual è il retroscena? L’unica figlia del patriarca subisca una violenza sessuale da parte di del principe di Sichem. Tuttavia al pentimento del giovane che si innamora della ragazza e decide di sposarla, segue l’immotivata vendetta di Simone e Levi che con l’inganno uccise lui e tutti gli uomini della sua città.
La vendetta di sangue non è così lontana dai nostri giorni, basti pensare all’Albania dove il cosiddetto Kanun, codice sociale a-governativo di stampo tribale, prevede la vendetta di sangue che si lascia dietro scie interminabili di morti sempre più numerose e cruente.
Da qui, dunque, la regolamentazione, sociale e non personale, di una giustizia equa: non si può sterminare un paese per il danno compiuto da un solo cittadino.
COME RISPONDERE ALLE VIOLENZE SUBITE?
Se dal canto suo, dunque, Mosè cerca di regolamentare, prevenire e ridurre ogni escalation di violenza, Gesù dal canto suo la abroga completamente, senza lasciare spazio a dubbi e interpretazioni: la violenza non appartiene ai cristiani!
Da qui l’invito di Gesù a non rispondere a tre tipi di violenze:
Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
A) Violenza fisica
Il primo tipo di sopruso al quale Gesù ci invita è proprio quello più immediato, fisico. Ricevere uno schiaffo sull’altra guancia, significa saper accettare un manrovescio che, allora come oggi, implica un grave affronto, una umiliazione non discutibile.
Anche in quel caso Gesù ci invita a desistere, a lasciar correre. Non si tratta di subire passivamente il male degli altri, egli stesso non lo ha fatto, né tanto meno si tratta di un approccio quietista e passivo alla vita. Qui, al contrario, si tratta di mettere di una vera e propria rivoluzione antropologica: quella di non dar seguito alla violenza, di metterla a tacere subito. Se a un’umiliazione si risponde a tono e alla violenza, con altrettanta veemenza, si instaura una continua escalation di violenza a cui difficilmente si porrà limite. Tuttavia il decidere di non dare seguito a quello che ci si aspetterebbe di fronte a ogni tipo di aggressività, il rispondere attivamente al male col bene, impone alla coscienza dell’aggressore una presa di posizione diversa.
B) Violenza economica
e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
Questo secondo tipo di attacco non è meno feroce e grave del primo. Tunica e mantello costituivano l’unico tipo di vestiario dell’uomo dell’epoca. Non c’era altro. Se la tunica copriva le nudità, il mantello serviva per il periodo invernale e aveva il compito di fungere anche come coperta nelle notti gelide di Israele.
La violenza economica imposta dal togliere questi due tipi di indumenti, implicava la morte di assideramento per l’uomo, anche perché le persone dell’epoca non avevano armadi, né potevano scegliere gli outfit della giornata o di stagione. Privare di essi un uomo, significava condannarlo a morte.
Per questa ragione, questo tipo di violenza non è meno nociva della prima. Se da un lato oggi molti uomini muoiono a causa di questo tipo di aggressività, non possiamo non guardare allo scenario politico contemporaneo, dove la guerra in Ucraina si sta giocando proprio su fattori economici più che militari. Le sanzioni dell’occidente contro la Russia giocano un durissimo colpo contro l’economia di quel paese, chiaro, ma ricade poi su tutte le nazioni coinvolte. Dal canto suo la Russia, risponde con altrettanta scaltrezza in campo economico: bloccando le forniture di gas e non permettendo l’esportazione del grano ucraino che serve per sfamare mezzo mondo.
C) Violenza morale o psicologica
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
È il terzo tipo di violenza descritta da Gesù. Perché la chiamiamo morale o psicologica? Israele all’epoca di Gesù era dominata dall’impero Romano. Privi di qualsivoglia empatia, i soldati del potere oppressore, non tentennavano alla possibilità di sopraffare i poveri civili: pretendevano cibo entrando nelle loro case, prendevano galline e provviste dalle loro proprietà e, come in questo caso, li obbligavano a camminare con loro. Questo, per certo, non perché ne avessero il piacere, quanto perché li obbligavano a portare carichi pesanti, spostandoli da un luogo a un altro, da una città all’altra.
Quella psicologica, poi, è la più subdola tra le violenze, perché si insinua nella vita dell’oppresso distruggendone l’autostima e non riconoscendone la dignità proprio di uomo. Essere costretto a camminare accanto ai soldati romani, implicava in qualche modo farsi loro compagni di viaggio, aiutare l’oppressore, ma soprattutto accettare di essere trattati come un animale da carico, un asino.
Anche in questo caso, Gesù invita a non subire passivamente gli oltraggi, non restare soggiogati dalla violenza dei soldati, ma a rispondere attivamente ai loro soprusi finendo per fare più miglia insieme a loro per dimostrare che non sempre chi vince è il più forte.
MEGLIO FESSI CHE VIOLENTI
Spesso si sente dire che è necessario comportarsi in base a chi si ha di fronte, e si finisce per vantarsi chi dice di essere buono con i buoni e malvagio con i malvagi. Ma alla fine la domanda resta: ma quindi chi sei? Né carne e né pesce? Hai una personalità o davvero ne assumi una per ogni occorrenza?
Se subire il male senza rispondere a tono è da fessi, come molti hanno la pretesa di dire, allora meglio essere fessi che violenti, stando alle parole di Gesù. Tuttavia c’è una cosa che Gesù ha ben chiaro in mente: colui che non risponde aggressivamente al male ricevuto, non lo fa passivamente, ma impone a se stesso e all’altro, attraverso il duro esercizio delle virtù, di mettere un punto al male, di non permettergli di proseguire il suo corso.
Il Nazareno, poi, non accettò il male passivamente. Ricordiamo per esempio un passaggio, quando quella tremenda notte del Giovedì Santo, fu imbastito per lui un approssimativo processo notturno, una vera farsa:
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: “Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto”. Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: “Così rispondi al sommo sacerdote?”. Gli rispose Gesù: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,19-23).
Egli stesso, poi, accolse la croce non passivamente, ma abbracciandola per la redenzione del mondo. Ben abbiamo approfondito il viaggio di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, dove sapeva che avrebbe incontrato incomprensione e morte (vedi approfondimenti ai link in basso).


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