In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui (Gv 10,31-42).
CONTESTO
Lasciatoci alle spalle l’intenso capitolo ottavo del Vangelo secondo Giovanni, la liturgia della Parola di oggi ci fa fare un balzo in avanti nella narrativa evangelica, mostrandoci un altro momento di tensione tra Gesù e i suoi avversari.
Su lui, lo abbiamo già detto, verteva una sentenza di morte, decisa già agli inizi del suo ministero. Una particolare violenza e persecuzione che poi si è realizzata in quel fitto scambio di battute, talvolta anche molto velenose, da parte dei farisei e degli scribi che cercavano di screditarlo e metterlo alla prova con la speranza di trovare un capo di accusa tanto valido che in maniera inconfutabile permettesse loro di mettergli le mani addosso.
Evidentemente da tutti quei dibatti non ne sono usciti vincitori, anzi, di fronte agli uditori di Gesù si sono trovati costretti, in diverse occasioni, di capitolare (vedi approfondimenti ai link in basso).

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LA RIVELAZIONE DI CRISTO IN PAROLE E OPERE
La seconda Persona della Santissima Trinità non si è fatta carne solo per lasciarci alcuni bei sermoni. Il Nazareno non ha affrontato la sua vocazione messianica come un bravo predicatore itinerante, non ha riempito di belle parole e discorsi saccenti il suo relazionarsi con la gente, al contrario alle parole (tra l’altro tratte dal linguaggio contadino e quotidiano della gente dell’epoca) ha fatto seguire le opere rendendo non solo credibile la sua predicazione, ma rendendo sensorialmente percepibile la sua figliolanza, e la sua natura, divina.
Se da un lato, dunque, nel precedente articolo abbiamo affrontato il peso che diamo alle nostre parole e a quelle di Dio (vedi link in basso), dall’altro comprendiamo che proprio su questo verte la polemica dei farisei con Gesù:
Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?»

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Il problema è che gli avversari del Messia, a motivo della durezza del loro cuore, si erano resi sordi alle parole di Dio e ciechi circa le meraviglie che accadevano loro intorno. Da qui anche il nostro approfondimento, frutto di una provocazione di Gesù: Sapevi che da come guardi il mondo può dipendere la tua salvezza?

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Accecati dall’odio scribi e farisei finiscono per vivere da alienati, come sospesi in una dimensione parallela, intontiti a tal punto da non vedere e non sentire quanto di bello si sta realizzando intorno a loro, la presenza di un Dio misericordioso che si piega, scende, per farsi prossimo all’uomo e riammetterlo alla comunione con lui.
È un pericolo dal quale non dobbiamo sentirci esenti: non raramente certe ferite, certe prove possono incattivirci. L’invito è quello di non permettere a niente e a nessuno di chiuderci alla vita, alla novità di Dio che ci sorprende e ci visita nella maniera più inaspettata (come avvenne appunto duemila anni fa, quando ci si aspettava l’arrivo del Messia divino e liberatore in tutt’altre modalità).
Ma non solo. C’è un’affermazione di Gesù che deve spingerci a una seria riflessione, ed è questa:
Anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre.
Molte volte nel corso della nostra vita, ma anche della nostra quotidianità, Dio si rivela a noi come il Presente, il Premuroso. Egli lo fa attraverso situazioni contingenti, parole giuste al momento giusto, o persone e incontri che facciamo nella nostra vita. Molte volte le opere di Dio per noi si realizzano in questi contesti: l’avere una spalla amica sulla quale piangere, un incontro fortuito che ci ha risollevato il morale, una bella notizia, un brano del vangelo del giorno che ci scalda il cuore, piccole o grandi grazie quotidiane. La domanda è: ma ce ne rendiamo conto che lì c’è Dio, oppure lo diamo per scontato come frutto del caso o atto dovuto?
CHI TI CREDI DI ESSERE?
La reazione degli avversari di Gesù, sembra provenire da questa domanda, che in qualche modo gli posero precedentemente:
Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere? (Gv 8,53).
È la domanda che anche noi poniamo a coloro che riteniamo darsi troppa importanza, anche se in realtà domande del genere non sono mai in assonanza col Vangelo e una conferma in merito ce la dà Gesù stesso, quando risponde ai farisei con queste parole:
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?
Gesù cita il salmo 82 applicandolo ad ogni uomo e, a maggior ragione, alla sua persona. Il riferimento Scritturistico al quale dobbiamo guardare è quello creaturale di Genesi, quando Dio per creare l’uomo lo fa a sua immagine e somiglianza:
Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” (Gen 1,26).
A conferma di questo, sempre il libro della Genesi, rivela che nell’animo, risiede un pezzetto di eternità insufflato da Dio stesso nell’atto della creazione:
Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (Gen 2,7).
Se, dunque, la partecipazione dell’uomo alla natura divina di YHWH è già colta nella letteratura veterotestamentaria, questo lo è ancor di più a motivo della passione, morte e risurrezione di Cristo il cui primo dono ai credenti è proprio lo Spirito di Dio, il Paraclito Consolatore.
Ai farisei questa spiegazione di Gesù non piace, per questo cercano di prenderlo a sassate, ma lui si sottrae ai loro colpi perché ancora non è venuto il suo momento (circa l’ora di Gesù, è possibile approfondire cliccando sul link in basso).

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Dalla consapevolezza della divinità di Cristo, siamo chiamati anche a riconoscere la nostra dignità di figli di Dio, ammessi a una relazione di particolare famigliarità con la Trinità. Consapevoli, poi, di questo grande dono, siamo poi chiamati a fare la stessa esperienza riconoscendo anche nel nostro prossimo la loro dignità inviolabile di figliolanza divina, destinatari delle premure del Padre, resi degni del sacrificio di Cristo sulla croce.
QUANDO CESSANO LE RAGIONI DEL DIALOGO, INIZIANO QUELLE DELLA VIOLENZA
Di fronte alle inconfutabili motivazioni di Gesù, ai Giudei non resta che usare la violenza. Volevano toglierselo dinanzi a tutti, hanno provato la via della dottrina e della dialettica, ma ne sono usciti sconfitti, ora non altro rimedi che eliminarlo fisicamente.
Guardando quello che succede a Gesù, non possiamo non notare come qualcosa del genere torna a riproporsi ai nostri giorni. Lì dove le motivazione di una ragione oggettiva cedono il passo ad una violenza tanto cruenta e violenta come una lapidazione, ma che avviene in maniera telematica, attraverso quei social networks che anziché usarli per evangelizzare, diventano veri e propri strumenti di distruzione di massa (approfondisci al link in basso).

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