Come essere “mediatori” di Cristo? La parabola dei vignaioli omicidi

In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: C’era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l’affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. 
Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l’eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero. 
Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».  Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare». 
Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta (Mt 21,33-43.45).

CONTESTO
La parola “mediazione”, nostro malgrado, viene molto usata in questi giorni così assurdi e difficili, di una guerra che sembra senza fine e senza vere motivazioni di fondo. Eppure, nonostante si tratti di un termine, per così dire, molto inflazionato, è quello che in qualche modo siamo chiamati a fare proprio oggi, grazie alla parola del Vangelo.
In questi giorni, stiamo notando come la liturgia della Parola ci stia offrendo la possibilità di una meditazione sui vangeli che non proceda da una unità narrativa (come per esempio la lettura continuata del vangelo di Marco nel tempo ordinario), ma di tipo teologico-spirituale. In questo caso, anche la parabola di oggi, si situa all’interno di un contesto di riscoperta della necessità di fondare legami e relazioni sane con il nostro prossimo. È il caso, giusto per fare un esempio, della parabola proclamata proprio ieri, quella dell’uomo ricco e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31; vedi articolo al link in basso).

LE PREMURE DI DIO PER ISRAELE
Il brano si apre con una introduzione dal carattere bucolico: c’è un contadino che si prende cura della sua vigna, e per farla crescere bene, bella e sana, mette in atto una serie di operazioni anche piuttosto esose. Leggiamo:

C’era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l’affidò a dei vignaioli e se ne andò. 

A fare tutto il lavoro intorno alla vigna, non sono i suoi sottoposti, ma se ne occupa personalmente il padrone del terreno. Ci tiene molto ad essa e vuole essere sicuro che il lavoro sia ben fatto, perché nulla resti incompiuto.
Solo a lavoro ultimato, affida il frutto dei suoi sforzi e delle sue attenzione a dei vignaioli, perché facciano in modo che una volta che escano i grappoli abbondanti dalla vite, arrivino direttamente a lui. Essi non sono che dei sottoposti pagati per fare il loro lavoro, eppure a un certo punto qualcosa non funziona, perché si appropriano di qualcosa per cui loro non hanno né pagato, né lavorato: la vigna con tutti i suoi frutti. Avrebbero dovuto prendersene cura, e invece la stanno sfruttando per i loro loschi intenti.

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LA SIMBOLOGIA DEL TESTO
Il popolo di Israele si è sempre identificato come una vigna. Essa necessita di molte cure e attenzioni e senza le costanti premure del contadino essa muore facilmente. In questa simbologia il popolo eletto ha sempre rivisto la sua relazione con Dio. Infatti leggiamo nel libro dei Salmi:

Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
il germoglio che ti sei coltivato (Sal 80,15-16).

È un’immagine che Gesù riprende, come viene narrato nel Vangelo secondo Giovanni, quando esorta i suoi discepoli a restare innestati in lui (Cfr. Gv 15,1-8; vedi approfondimento al link in basso).

Così se la vigna è Israele e il suo padrone che se ne prende cura è il Padre, i vignaioli infedeli e violenti sono quegli «anziani e sacerdoti del popolo» a cui Gesù si sta rivolgendo. Essi hanno pervertito il senso della loro vocazione, che doveva essere tesa al servizio di Dio e del popolo, e se ne sono fatti motivo di arricchimento personale. Questo attacco diretto di Gesù contro le guide spirituali di Israele, ricorda il brano evangelico che abbiamo letto solo pochi giorni fa, quando il Maestro ricordava come alla cattedra di Mosè si fossero assisi scribi e farisei, e invitava i discepoli ad obbedirli senza imitarne la doppiezza (Cfr. Mt 23,1-12; vedi approfondimento al link in basso).

SIAMO TUTTI VIGNAIOLI
Se la parabola di Gesù è evidentemente diretta alla casta sacerdotale della sua epoca, tuttavia non possiamo non cogliere un’importante provocazione per la nostra vita cristiana. In fin dei conti anche noi, come i vignaioli, siamo gestori di un bene non nostro. Tutti i nostri talenti personali, le nostre conquiste e persino i nostri affetti, provengono a noi come dalla mano tenera di Dio, eppure non sono nostri. Con altrettanta premura e dedizione dobbiamo prendercene cura, ma uscendo dall’ottica dell’accaparramento, della possessività, del dirottamento di un bene per tutti e farlo esclusivamente nostro.
Poiché, poi, i vignaioli altro non erano che “mediatori” tra la vigna fruttifera e Dio, anche noi siamo chiamati a riconoscere l’importanza della testimonianza nella nostra vita cristiana, essere uomini e donne che rimandano sempre tutto a Lui, che riconoscono che alla fine ci presenteremo al suo cospetto a mani vuote, perché in questa vita tutto è un dono, tutto è un regalo che ci proviene dal cuore tenero e misericordioso del Padre nostro.

OMICIDI DI CRISTO
Continuando con l’insegnamento di Gesù, vediamo che quei vignaioli pur di avere tutta per sé la vigna con il suo frutto, sono disposti a uccidere i servi del padrone, al punto tale che alla fine, in un’escalation di violenza, verrà eliminato anche l’erede del campo. Rileggiamo:

Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. 
Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l’eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero. 

Leggendo questo brano dobbiamo domandarci se davvero il padrone della vigna fosse più ingenuo o incosciente se a un certo punto pensa che suo figlio potesse risolvere la questione. Il suo atteggiamento certamente rivela l’essere propositivo di Dio che con l’umanità peccatrice le prova proprio tutte e non lascia niente al caso, niente di intentato.
Ma questo atteggiamento dei vignaioli, ha altro da dirci. Da loro modo di porsi dobbiamo ben guardarci, perché il cristiano che è capace di un odio tale verso il fratello, altri non odia, infondo, che lo stesso Dio. Riflettiamo: come pensiamo di poter accogliere il Figlio di Dio nella nostra vita, se non siamo capaci di accogliere coloro che sono suoi inviati: il nostro prossimo, i nostri fratelli?

EPILOGO
Arriviamo, così, alla conclusione del brano evangelico di oggi. Sicuramente quei vignaioli avranno pensato che eliminando l’erede del campo, ormai non avranno altri ostacoli davanti a loro e potranno continuare a fare di quella vigna, quello che vogliono. Evidentemente non è così, tanto che Gesù invita i suoi stessi avversari a concludere la parabola. Rileggiamo:

Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».  Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 

Tutti convengono, anziani e sacerdoti inclusi, che quei vignaioli non devono semplicemente morire, ma farlo nella maniera più ignominiosa possibile: «miseramente». La loro sorte è già segnata, ma come se non fosse sufficiente Gesù afferma che essi subiranno una doppia morte: una per la vita terrena e una per quella eterna.

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare». 

Ci troviamo ancora una volta di fronte a una conferma forte: ignorare il nostro prossimo, odiarlo, ucciderlo col pettegolezzo e il giudizio, non riconciliarci con lui, ci impedisce al regno dei cieli. L’altro è per noi la condizione essenziale per la salvezza della nostra anima.
Possa davvero questo tempo di quaresima, sortire un miracolo di conversione e riconciliazione nei nostri cuori.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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