In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno» (Mt 9,14-15).

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CONTESTO
Il brano evangelico di oggi è davvero molto stringato, ma tuttavia siamo in tempo di quaresima, e tutto diventa essenziale, concentrato, puntato sul messaggio chiave che dobbiamo cogliere in maniera inequivocabile. Dopotutto, lo abbiamo detto, la quaresima è un tempo di cammino, di ritorno a casa, e i viaggi generalmente si fanno con degli zaini comodi, dove non c’è spazio per il superfluo.
LA QUESTIONE DEL DIGIUNO
Il brano si apre con la polemica con i discepoli del Battista, ormai decapitato, circa la questione del digiuno seguito da loro e dai farisei, ma non vissuto da Gesù e dai suoi discepoli.
Quello che riteniamo interessante sottolineare è il fine per cui i discepoli del Battista e i farisei digiunassero. Nel primo caso si trattava di vivere quella spiritualità penitenziale che era tipica del Battista. Egli infatti non solo vestiva di pelli di cammello e si cibava di «locuste e miele selvatico» (Mc 1,6; vedi link in basso), ma invitava a una seria revisione di vita attraverso un battesimo penitenziale, col il quale il fedele prometteva di abbandonare la sua vita peccaminosa, per vivere nella grazia di Dio nell’attesa del Messia (Cfr. Mt 11,2-11; vedi link in basso).
Se è chiara dunque la motivazione dei “giovanniti” circa la questione del digiuno, non meno lo è quella dei farisei: chiusi in un legalismo del “fare per il fare” che non raramente sfociava in una vera e propria gara ipocrita, tanto è dura la posizione di Gesù nei loro riguardi:
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6,16-18).
IL VERO DIGIUNO CRISTIANO
Gesù non nega il digiuno e la penitenza, al contrario, egli stesso fa precedere agli inizi del suo ministero un lungo periodo di digiuno nel deserto, ben quaranta giorni.
Con la risposta che dà ai suoi avversari rivela il motivo per cui non digiunano:
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Ed ecco qui la vera novità del digiuno cristiano. Una vera e propria rivoluzione all’interno del modo di concepire la religiosità umana. Infatti se i “giovanniti” inserivano il digiuno in una sfera penitenziale e i farisei ne avevano perso il vero senso, facendone una cosa legalistica, Gesù contestualizza il digiuno all’interno di una dimensione completamente nuova: quella relazionale-affettiva.
Cosa significa tutto ciò? Che digiuna chi soffre d’amore, chi vive nell’attesa del ritorno di chi gli ha rapito il cuore e quindi finisce per non badare più alla materialità del suo corpo, perché tutta la sua sfera interiore (spirituale, volitiva, emotiva, sentimentale, intellettuale) è proiettata alla persona amata, azzerandone le distanze spaziali.
Se pensiamo che questo sia troppo strano, lontano dalla nostra realtà, pensiamo agli adolescenti e a come vivono intensamente il loro primo amore, tanto che quando se ne vedono separati (per una lontananza o una rottura), manifestano questa sofferenza d’amore non badando più al cibo.
La dimensione nuziale del rapporto che Dio vuole intessere con noi è davvero importante all’interno degli insegnamenti di Gesù. Basti pensare alla parabola del banchetto nuziale (Mt 22,1-14), a quella delle dieci vergini (Mt 25,1-13), a quella del servo che attende il ritorno del padrone dalle nozze (Lc 12,35-40), all’insegnamento sulla scelta dei posti in un banchetto di nozze (Lc 14,7-11) e, non per ultimo, al primo miracolo nel Vangelo secondo Giovanni: le nozze di Cana (Gv 2,1-12) – di seguito i link degli articoli che approfondiscono questi passi dei Vangeli.
IL VALORE SOCIALE DEL DIGIUNO
La relazionalità alla quale Cristo ci chiama non si riduce alla sola sfera verticale (il rapporto tra l’uomo e Dio), ma impone una concretizzazione anche orizzontale, o per meglio dire sociale, fraterna. In questo senso ci vengono in aiuto le parole rivolte da Dio per mezzo profeta Isaia al popolo che si lamentava di un certo silenzio da parte sua nonostante tutte le loro pratiche religiose. Leggiamo:
Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari,
angariate tutti i vostri operai.
Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
e colpendo con pugni iniqui.
Non digiunate più come fate oggi,
così da fare udire in alto il vostro chiasso.
È forse come questo il digiuno che bramo,
il giorno in cui l’uomo si mortifica?
Piegare come un giunco il proprio capo,
usare sacco e cenere per letto,
forse questo vorresti chiamare digiuno
e giorno gradito al Signore?
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi
e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti? (Is 58,4-7).
Una delle pratiche interessanti adottate da alcune comunità cristiane è devolvere per le opere di carità quel denaro risparmiato col digiuno quaresimale, applicando così quanto esortato dal Dio nel libro del profeta Isaia.
CHE SENSO HA IL DIGIUNO QUARESIMALE?
Lo abbiamo detto nel nostro precedente articolo, quello in cui abbiamo voluto vedere la quaresima come un cammino di ritorno a casa. Non si tratta di una mera sofferenza fine a se stessa, di un disagio inutile, ma di un vero e proprio atto di liberazione, di apertura dal ripiegamento su noi stessi (le nostre necessità, ambizioni e desideri), per aprirci agli altri e a Dio. Per questo, potremmo dire, che il digiuno quaresima si concretizza come una sorta di cardine di una porta, tra la preghiera e l’elemosina e favorisce il fluire dell’amore nostro con Dio, dirigendolo verso il prossimo.
Dopotutto afferma Dio stesso attraverso il profeta Isaia:
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi
e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti? (Is 58,6-7)
Con queste parole, infatti, si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica:
La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l’elemosina, [Cf Tb 12,8; Mt 6,1-18] che esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, [Cf Gc 5,20] l’intercessione dei santi e la pratica della carità che “copre una
Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1434
moltitudine di peccati” (1Pt 4,8).
Per questo il digiuno cristiano non è un peso che si è costretti ad affrontare almeno due volte all’anno (mercoledì delle ceneri e venerdì santo), ma un vero e proprio atto liberatorio da se stessi, dalle catene che ci tengono ripiegati su noi stessi, come un ingranaggio che finalmente viene unto e può fare il suo lavoro.
Il secondo motivo del digiuno, oltre a quello di liberarci da noi stessi, è quello di prepararci spiritualmente a qualcosa di molto bello e grande. Se attraverso le doglie la donna si prepara ad avere tra le braccia il frutto di quell’amore che ha custodito per nove mesi e a cui ha dato una carne e un volto, tanto che poi la gioia provata fa dimenticare la sofferenza sopportata fino a qualche momento prima, così il digiuno ci prepara a ricevere qualcosa di tanto bello che renderà la fatica solo un lontano ricordo. Di cosa stiamo parlando? Della Pasqua, sì, ma non solo. In effetti ogni cristiano è tenuto al digiuno di almeno un’ora ogni domenica prima della Santa messa, per avere lo spirito preparato a ricevere la santa Comunione.

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