In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi» (Mc 10,28-31).
CONTESTO
Per comprendere bene il brano evangelico odierno, e il senso del dialogo che si instaura tra Gesù e Pietro, bisogna tenere bene a mente il suo contesto narrativo più ampio: quello che ha preceduto questo dialogo. Ci troviamo, in effetti, a quello che capita subito dopo che “il giovane ricco”, incapace di disfarsi delle sue ricchezze, non accoglie la sfida di farsi discepolo di Cristo e triste se ne torna da dove era venuto. Gesù, guardando quell’uomo andare via sconsolato, commenta ai suoi discepoli quanto difficile sia per un ricco, entrare nel regno dei cieli (Cfr. Mc 10,17-27; vedi nostro approfondimento al link in basso).

Questo articolo ti può interessare
Cosa sei disposto a rinunciare per Cristo?
TEMPO DI BILANCI
Le parole di Gesù ai discepoli, mentre commenta la conclusione del suo confronto col giovane ricco, devono aver sortito l’effetto di una forte deflagrazione nel cuore di Pietro, che vede come se la terra sotto i suoi piedi, non regga più di tanto. Leggiamo:
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: “E chi può essere salvato?”. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio” (Mc 10,23-27).
Le parole del Maestro, ha destabilizzato la comunità dei discepoli. Essi, infatti, influenzati dalla mentalità teologica dell’epoca, erano convinti che, in qualche modo, il Paradiso lo si potesse “acquistare” attraverso i meriti di questa vita.
Gesù innanzitutto rivela che senza una vera liberazione dalla logica del possesso e dell’accaparramento, non solo non ci può essere vero discepolato, ma nemmeno la salvezza dell’anima, e poi afferma che in realtà lo stesso accesso al Regno dei cieli esula da una mentalità meritocratica. Esso, infatti, è un dono di Dio. Nessuno per quanto santo possa essere può dire di meritarsi la salvezza, la vita eterna, la beata gioia di un’eternità in perfetta comunione con Dio.
Quello che riteniamo particolarmente interessante del brano evangelico odierno, è che ancora una volta, di fronte all’imbarazzo e allo sconcerto dei discepoli, chi osa chiedere spiegazioni a Gesù, chi ha l’ardire di rivolgergli la parola, colui che cerca di capire quello che stia dicendo è Pietro. Il suo è l’atteggiamento del vero discepoli di Cristo il quale, per quanto fragile, vuole seriamente fare un cammino con lui, cercare di capire il senso delle sue parole, si interroga sulla sua figura. Per questo rimandiamo a un nostro articolo, particolarmente significativo pe comprendere lo spessore della persona del primo tra gli Apostoli (vedi link in basso).

Questo articolo ti può interessare
Chi è Cristo per me? In che modo indirizza la mia vita?
CHE SENSO HA FARCI SANTI SE CON ESSI NON MERITIAMO LA SALVEZZA?
La teologia odierna, fortunatamente illuminata dal mistero redentivo di Cristo, comprende che la redenzione è un dono offertoci dall’opera misericordiosa di tutta la Trinità che si realizza nella passione, morte e risurrezione del Cristo.
Da qui la domanda è lecita: se la salvezza supera i nostri meriti, perché farci santi? Perché sforzarci di seguire Cristo? Beh la risposta è semplice. Se pensiamo di poter osare avanzare diritti a Dio per le nostre opere buone, non siamo molto diversi dai farisei, e quindi ben meritevoli del suo biasimo. Noi cristiani, decidiamo di farci santi non per avere il premio della vita eterna, e men che meno possiamo osare pretenderla da Dio come un nostro diritto acquisito. tutt’altro, il nostro camminare lungo la via della grazia, il nostro impegno per la santificazione, nasce come intima e impellente urgenza di corrispondere, per quanto in maniera imperfetta, all’amore misericordioso e tenero di Dio, di cui facciamo esperienza nella nostra quotidianità e che riconosciamo concretizzarsi nella Chiesa e nei sacramenti.
LA RISPOSTA DI GESÙ
Solo una volta che avremo compreso la prospettiva della domanda di Pietro, possiamo cogliere la profondità della risposta di Gesù.
I discepoli avevano abbandonato una professione, una vita e una famiglia. Da umili pescatori, si erano lasciati stravolgere la vita da un uomo che camminava lungo la battigia del mare di Galilea. Li aveva chiamati ed essi senza nemmeno batter ciglio lo hanno seguito (vedi approfondimenti ai link in basso).

Questo articolo ti può interessare
Come riconoscere quando Gesù ti cammina accanto?

Questo articolo ti può interessare
Le tre cose che Gesù chiede agli apostoli e a ognuno di noi
La risposta di Gesù cerca di placare lo sconcerto dei discepoli: essi non lo stanno seguendo per nulla. Al contrario, tutto ciò che hanno abbandonato per seguirlo, lo avranno decuplicato. Tuttavia insieme ai beni che saranno loro donati, avranno anche persecuzione e vita eterna. Perché? perché non Gesù non ci rende degli alienati, ma ci invita a vivere profondamente inseriti nel contesto della nostra cultura, della nostra epoca, della società nella quale siamo inseriti. Seguirlo, poi, significa mettere i piedi sulle orme lasciate da lui, accogliere la sua missione, farla nostra. Accettare l’incomprensione, la persecuzione, ma avendo ben chiara quale sia la meta: la vita eterna.
Gesù lo dirà più chiaramente più avanti; leggiamo infatti nel tredicesimo capitolo del Vangelo secondo Marco:
Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato (Mc 13,9-13).
Vivere da veri discepoli di Cristo, dunque, non significa essere esenti da lotte e incomprensioni. Al contrario, proprio il decidere di abbracciare la fede, significa poi tramutarla in atti concreti di testimonianza e denuncia, di una vita che non si adegua al modo di fare del mondo, ma sappia andare contro corrente. Da questa prospettiva, si comprendono meglio le parole di Gesù tratte dal Vangelo secondo Luca:
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera” (Lc 12,51-53).
Compresa la risposta di Gesù a Pietro, si può cogliere la pienezza della sua affermazione che conclude il brano evangelico odierno:
Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi
Non alimentiamo la nostra fede con la speranza che Cristo ci faccia riuscire tutto bene in questa vita. Lui ci assicura la vita eterna, ma per poterla ottenere devi pensare, e sperare di diventare, l’ultima ruota del carro. Quanto è triste vedere nelle nostre comunità parrocchiali, gli arrivismi dei fedeli, degli operatori pastorali o degli stessi ecclesiastici. Come se il propagandare la propria persona, l’ottenere privilegi o posti di onore possa davvero rendere migliore la loro vita, come se davvero Cristo tenga in conto i meriti e gli onori di questa vita per poi donar loro i primi posti nel Regno dei cieli. Tutt’altro.
Quanti farisei ci sono nelle nostre comunità, quanti siedono nei banchi delle nostre chiese e quanti, purtroppo, predicano dai pulpiti. Un giorno dovremo rendere conto di questi atteggiamenti, quindi guardiamocene bene. facciamo una seria revisione di vita, perché questa nostra esistenza più che riuscire gradita al nostro ego, lo sia agli occhi di quel Dio di somma tenerezza, che apprezza ben altri stili di vita, ben altri valori.
Fame della Parola di Dio?
Cerca altri articoli catalogati nelle sezioni qui in basso

Ultimi articoli inseriti.
La risurrezione di Lazzaro e il coinvolgimento concreto del cristiano del III millennio
Commento a Gv 11,1-45
«Vuoi guarire?«». La proposta di Gesù al malato di Gerusalemme e a tutti noi
Commento a Gv 5,1-16
Ultimi articoli inseriti.
Solenni sette suppliche a San Giuseppe
Solennità di San Giuseppe: patrono della Chiesa universale e protettore dell’Ordine Carmelitano
Perché la sofferenza dell’uomo? La risposta di Gesù ai discepoli
Commento a Gv 9,1-41
È cristianamente possibile amare Dio e ignorare il prossimo?
Commento a Mc 12,28-34
Ultimi articoli inseriti.
Siamo sicuri di sapere cosa significhi perdonare?
Commento a Mt 18,21-35
Perché gli abitanti di Nazareth non accolsero la predicazione di Gesù?
Commento a Lc 4,24-30
Gesù, la samaritana e i suoi fallimenti sentimentali.
Rileggere la nostra epoca attraverso questo brano del Vangelo
Ultimi articoli inseriti.
L’attualità della trasfigurazione di Gesù per la vita del cristiano nel tempo di Quaresima
Quando anche noi siamo chiamati a salire sul Tabor
Cosa intendiamo veramente per elemosina?
Catechesi quaresimale
Pregare in quaresima. Opportunità gioiose di un tempo di grazia
Vivere meglio e gioiosamente la quaresima
Una opinione su "Il bilancio di una vita di fede. Perché farci discepoli di Cristo? A quale scopo?"