In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia.
Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia».
Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato (Mc 7,24-30).
CONTESTO
Dopo aver predicato, guarito e liberato lungo la regione nord di Israele, ecco che oggi vediamo Gesù lasciare la terra santa per dirigersi nella confinante terra di Tiro: un paese pagano.
Non è la prima volta che vediamo Gesù lasciare quella che oggi potremmo chiamare la sua comfort zone. Già in passato, infatti, si era diretto al paese di Gerasa (Mc 5,1-20; vedi approfondimento al link in basso). Lì, benché abbia compiuto un grande prodigio, con un esorcismo su un uomo posseduto da una legione di spiriti impuri, particolarmente molesti per la popolazione, si vede chiudere le porte della città, dai cittadini più spaventati di lui (che tra l’altro gli ha fatto perdere un’intera mandria di porci) che dell’indemoniato che si aggirava per monti e tombe.
Anche nel brano odierno, si rivela necessario un miracolo di liberazione di Gesù, tuttavia questa volta gli esiti della sua presenza sono molto diversi rispetto alla precedente esperienza presso il paese dei Geraseni.
LA FEDE DELLA DONNA
Ciò che stupisce del brano evangelico odierno, è proprio l’atteggiamento di questa donna di cui l’evangelista precisa a più riprese il suo essere estranea alla cultura e alla religiosità israelitica. Viveva in territorio pagano, a Tiro, era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Questa specificazione dettagliata dell’evangelista, rivela quanto ella fosse estranea dal mondo israelitico: una vera e proprio aliena, potremmo dire. Ed è ancora più interessante notare che lì dove l’ortodossia teologica di Gerusalemme aveva miseramente fallito il suo compito, nell’incapacità di riconoscere nel Nazareno il Messia tanto atteso dai secoli (vedi articolo qui in basso), la donna invece, fa la sua bella professione di fede nel Cristo.
È davvero un brano interessante quello che oggi leggiamo, perché dobbiamo tener conto che in Israele Gesù non ha trovato che la perversione della fede: nella sinagoga si recano uomini con satana in corpo, gli scribi e i farisei che vengono da lontano per mormorare contro di lui, coloro che godono della sua guarigione non obbediscono ai suoi comandi (vedi link in basso). E, invece, dove la trova la fede Gesù? In terra pagana! Bello stupore che avrà provato a vedersi di fronte una donna con lo sguardo così lungimirante da riconoscere la sua vera identità divina.
GESÙ IL PEDAGOGO
A far emergere la fede di questa donna senza nome, nella quale ogni lettore è chiamato a immedesimarsi, è proprio l’atteggiamento apparentemente distante di Gesù. Egli, infatti, si comporta da vero pedagogo, il quale non impone la sua scienza, ma aiuta i suoi discepoli ad arrivare alla verità, a trarre le somme di quello che sperimentano.
Rileggiamo la risposta, quanto mai evocativa, che Gesù dà alla donna che gli si è appena prostrata ai piedi:
Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».
Dobbiamo, infatti, ricordare che Gesù è già in terra pagana e lì di “figli” appartenente al popolo israelitico non ce n’erano. Come già aveva fatto in passato, infatti, Gesù si reca nei territori confinanti di Israele, perché tutti possano trarre beneficio dalla sua opera redentrice.
Prostrandosi ai suoi piedi, e chiamandolo “Signore”, la donna riconosce nel rabbi di Nazaret, non un semplice Maestro, ma il Salvatore, il Dio con noi che riscatta l’uomo da se stesso e dalle forze avverse del male, del peccato e della morte.
Di fronte a questa grande attestazione di fede a Gesù non spetta che una sola cosa da fare: concederle quello che vuole, subito, senza esitazioni né attese. Libera la figlioletta della donna da lontano, in modalità wireless potremmo dire, come già in passato aveva fatto con il centurione romano, pagano anch’egli, guarendone il servo (Mt 8,5-11; vedi approfondimento raggiungibile al link in basso).
SAPERSI ACCONTENTARE
La donna non chiede nulla per sé a Cristo, non chiede grandi cose, non ha pretese né aspettative. A lei bastano le briciole della sua opera salvifica, quello che viene rifiutato da coloro che sono a tavola e si saziano dell’amor di Dio.
Non pretende che Gesù le dia ricchezze, salute, benessere sociale, né tantomeno una sicurezza di vita per sé e tutta la sua famiglia. A lei basti che la figlia venga liberata dallo spirito impuro che la tormenta.
Il suo atteggiamento costituisce per noi la prima provocazione di oggi. Non raramente ci comportiamo con Dio come se fosse una sorta di distributore automatico: ci avviciniamo ad esso solo quando abbiamo un bisogno da esperire, inseriamo la nostra bella moneta di una novena, una Messa e una preghiera, e una volta ottenuto quello che si desidera, chi si è visto si è visto.
Ma non solo. La donna siro-fenicia, ci invita a saperci approcciare con delicatezza a Cristo. Senza pretese. Chi ha detto che lui sia il nostro inserviente e che sia tenuto – quasi come fosse un contratto – a sottostare alle nostre richieste e aspettative? Se è pur vero che la fede ci spinge a una relazionalità famigliare con Dio, tanto che Gesù ci insegna a chiamarlo Padre, questo non toglie che siamo noi i chiamati a fare la sua volontà, non viceversa.
REINVENTARSI LA COMUNITÀ
Ma non solo. Gesù abbandona i luoghi delle brutture comunitarie, delle dispute, delle invidie, delle mormorazioni, dei luoghi frequentati da pseudo-uomini di fede, per ricostruire attorno a sé tutta una nuova comunità di discepoli, apostoli e simpatizzanti che nulla hanno a che vedere con loro. Lì dove Dio e la pratica religiosa, diventa solo un pretesto per imporre la propria presenza, il proprio controllo.
Non è affatto un caso che non ci siano farisei, scribi, sadducei o erodiani tra i discepoli di Gesù. Non è un caso che attorno a lui non ci siano gli attaccabrighe, gli arrivisti, i complottisti. Gesù rinnova l’ambiente comunitario, accogliendo attorno a sé gente che non accetta di vivere una vita in costante tensione con gli altri, in un’interminabile disputa accademica sulla purità rituale. Non è un caso che attorno a Gesù non ci siano i benpensanti dell’epoca, ma uomini e donne in cerca di una seconda opportunità per fare sul serio con Dio, e in ragione d’essa, con gli altri.
È un dato sul quale dobbiamo riflettere, con attenzione. Perché anche le nostre comunità ecclesiali possano tramutarsi nelle nuove piazze di “spaccio” di una teologia avulsa dalla realtà, alienata da Dio e alienante dagli altri. Luoghi in cui imperversano quelle divisioni di stampo farisaico, che chiudono le porte a Cristo per aprirle a Satana. Gesù rifugge gli ambienti ostili dei nostri ambienti di vita, lì dove si parla più di Dio che con Dio, e torna a manifestarsi altrove, dove veramente trova ospitalità per la sua persona, per la sua presenza, e per coloro che di beghe di gelosie, di conflitti privi di motivazioni e contenuti, non ne vogliono sapere.
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