In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire (Mc 3,1-6).
CONTESTO
Il brano evangelico odierno, si propone, ancora una volta, come una lettura continua del Vangelo secondo Marco, in quella particolare sezione che indica gli inizi della vita pubblica di Gesù. Un ministero di certo che non è passato inosservato: a Cafarnao, infatti, tutta la popolazione accorreva per ascoltare i suoi insegnamenti e ricevere miracoli di guarigione e liberazione, intorno a sé comincia a costituirsi il primo gruppo degli apostoli, formato da Simone e Andrea, Giovanni e Giacomo e Levi il pubblicano.

Tuttavia ad attirare l’attenzione su di lui sono anche i suoi avversari, che vedono decrescere significativamente la loro popolarità, parliamo degli scribi e dei farisei. Essi si uniscono alle persone che seguono il rabbì di Nazaret e non lo lasceranno più, avendo come unico obiettivo, quello di screditarlo.
Inizia, così, il terzo capitolo del Vangelo di Marco: con una nota polemica sul sabato che si incastra perfettamente con quello che è successo poco prima: i farisei che rimproveravano i discepoli di Gesù per l’aver osato sfamarsi delle spighe tagliate nei campi mentre camminavano: un lavoro vietato secondo le consuetudini farisaiche.
Il contesto geografico, benché non meglio precisato, possiamo comprendere che si tratti della città di Cafarnao, a motivo dell’indicazione:
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga

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NATI PER MORMORARE
Il titolo provocatorio di questo paragrafo lo dedichiamo a quegli avversari di Gesù che lo seguivano soltanto per criticarlo alle spalle, per mormorare. Un atteggiamento tanto meschino che finirà per condurli a un’alleanza con i loro stessi avversari per unire le forze contro il mansueto Maestro. È l’annotazione, infatti, con la quale si conclude il brano evangelico odierno e che poi troverà realizzazione nella cosiddetta polemica sul tributo a Cesare:
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire
Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?”. Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: “Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo”. Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: “Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Gesù disse loro: “Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio”. E rimasero ammirati di lui (Mc 12,13-17).

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Riteniamo interessante come l’evangelista metta in mostra quali siano i sentimenti degli avversari di Gesù:
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Scribi e farisei si presentano come persone meschine, nascosti tra gli angoli bui di un luogo che doveva essere destinato alla sacralità del rapporto con Dio e a quello con i fratelli. Eppure hanno reso quel posto un covo di vipere, di pettegolezzi, giudizi e pregiudizi. Seminascosti fissano Gesù dritto negli occhi, cercando di non farsi vedere, confabulano in segreto e nel cuor loro tessono le loro trame per cominciare a trovargli un capo di accusa col quale metterlo a tacere definitivamente.
Per fortuna che queste cose non accadono nelle nostre chiese… oppure no? Fatto sta che non dobbiamo scandalizzarci, dopotutto il primo esorcismo di Gesù avviene proprio in un luogo sacro e per una persona di fede che soleva frequentare la sinagoga e battersi il petto insieme agli altri fedeli.

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SU CHI HAI LO SGUARDO?
Se c’è una cosa davvero interessante da far risaltare in questa narrazione evangelica, è l’oggetto delle attenzioni dei personaggi coinvolti. Ci spieghiamo meglio. Di Gesù si dice semplicemente che torna a una sinagoga dove, evidentemente, era già stato, nella città di Cafarnao dunque. Ma subito dopo, viene sottolineata la presenza dei farisei i quali però, quasi fossero mischiati tra la gente, o comunque nascosti nei coni d’ombra, agli angoli dell’aula sacra, sapendo che c’è un uomo malato, fissano lo sguardo su Gesù. Lo scrutano, lo studiano non perché vogliono conoscerlo meglio. Essi infatti sono in malafede e i loro intenti saranno ancora più chiari alla fine del brano: vogliono eliminarlo.
Se da un lato si evidenzia il loro sguardo maligno nei riguardi di Gesù, tuttavia a catturare l’attenzione di quest’ultimo non sono i poveretti dei suoi avversari, ma un uomo che soffre.
Da qui la provocazione per noi: ma noi quando entriamo in chiesa, con quale spirito lo facciamo? Non raramente ad affollare i banchi delle nostre aule sacre ci sono moderni farisei, che non sostengono lo sguardo sul tabernacolo, ma su chi è presente in Chiesa. nascosti tra i coni oscuri della penombra, cercando di non esser visti, spettegolano, mormorano tra loro, sghignazzano e cuciono trame per i loro oscuri disegni.
Gesù oggi, ci invita non solo a cambiare sguardo, il filtro attraverso il quale guardiamo il mondo e la gente, ma anche a porre l’attenzione su ciò che è davvero importante, a non vivere di fantasie e complotti, ma di vita concreta, capaci di sporcarci le mani con le necessità e le sofferenze degli altri.
SENTIMENTI A CONFRONTO
Un altro elemento utile per la nostra riflessione, sono i sentimenti: quelli messi in mostra da chi voleva stare nel segreto, e quelli pubblici di Gesù. Per lui la legge dell’amore verso gli altri supera tutte le altre convenzioni umane a cui erano così ben abituati i farisei. Essi dicono di amare Dio, ma poi per l’amor ai propri precetti, paradossalmente, complottano per metterlo a morte. È l’ipocrisia di tanti sedicenti uomini di fede, che entrano in chiesa convinti di adorare Dio, ma pretendono che sia solo la loro persona ad essere venerata dagli altri.

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L’atteggiamento di Gesù nei loro riguardi è molto forte e non può non metterci in crisi:
E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori
Davvero triste è la vita di colui che, pensando di servire Dio, finisce per averne in cambio biasimo e indignazione. Dopotutto fu proprio l’esperienza di Giuda, quella di comunicarsi al corpo di Cristo, con l’odio e il complotto nel cuore, e finire per divenire abitazione per il diavolo:
Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. (Gv 13,21-30).

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ANDARE AVANTI A TESTA ALTA
Certamente Gesù non si farà intimorire dai suoi avversari, e dalla meschinità dei loro atteggiamenti, guarirà l’uomo con la mano paralizzata, consapevole del peso delle sue scelte, ma altrettanto convinto che l’amore ha una tale forza dirompente da non poter stare incasellata nell’atteggiamento dei benpensanti. Lui resta davvero l’uomo libero, che non ha altra motivazione nella vita che l’amore per gli uomini, compresi i suoi avversari. Essi, al contrario, resteranno schiavi dei loro modi di pensare, dei loro schemi e progetti, schiavi di se stessi, delle proprie becere macchinazioni. Avrebbero potuto godere della benedizione del Figlio di Dio e altro non hanno che il suo biasimo e la sua indignazione.
Tutto questo accade, poi, proprio in un luogo sacro, destinato al culto di Dio. È il paradosso di tante nostre comunità: lì dove l’uomo di fede avrebbe l’opportunità di santificarsi, decide per sé un destino completamente opposto. Per questa ragione, possiamo concludere con questa provocazione: dal modo in cui stiamo tra i banchi della chiesa, dal modo in cui guardiamo gli altri, può dipendere la nostra salvezza o la nostra condanna.

Fame della Parola di Dio?
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