In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2,23-28).
CONTESTO
Continuiamo con la nostra lettura continuata del Vangelo secondo Marco il quale, grazie alla liturgia della Parola di questi giorni, ci viene proposta una meditazione sugli inizi della vita pubblica di Gesù. La sua predicazione si è ormai spostata da Cafarnao, città natale di Simon Pietro e Andrea e nella quale il Nazareno vi si è recato due volte nel giro di pochi giorni.

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A fare da contorno al racconto sono sempre gli avversari di Gesù, in questo caso i farisei, i quali dopo la sua prima predicazione a Cafarnao, dove la gente ne ha apprezzato la qualità e l’autorità, completamente superiore a quella dei teologi dell’epoca, lo marcano stretto cercando mezzi e modi per denigrarne la dottrina.

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Se nel brano di ieri i farisei cercando di farsi scudo delle usanze dei discepoli del Battista, di cui comunque non avevano nessuna stima, attaccavano Gesù e i suoi discepoli perché non digiunavano, non molto differente è la polemica che adesso sollevano, indice, tra l’altro, della durezza del loro cuore nel non essere riusciti a recepire la risposta che Gesù già gli aveva dato precedentemente, nel brano evangelico di ieri, appunto.
In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Il precetto sul quale si appigliano è quello riguardante il riposo sabbatico. Se esso originariamente era teso affinché l’uomo dedicasse un giorno della sua settimana alla lode a Dio, questo alla fine si era cristallizzato nella consuetudine socio-teologica dell’epoca e poi codificato in una serie di precetti che legiferavano quello che era lecito fare e quello no, in una lunga e assurda casistica.
Come abbiamo già detto in altre circostanze, essi non seguivano Gesù perché gli volevano bene o perché ne condividevano la dottrina: il loro unico scopo è quello di screditarlo, feriti come sono nell’orgoglio per non riuscire ad essere popolari come lui.
Il loro atteggiamento è quanto mai attuale e spesso si verifica all’interno degli ambienti famigliari, sociali, lavorativi e persino all’interno delle comunità religiose: lì dove la differenza caratteriali e di veduto dovrebbe essere di arricchimento reciproco, finisce per diventare una guerra fredda armata dall’invidia e dalla gelosia di poche “menti nobili” i quali non hanno altro intento che rovinare il clima di fratellanza tra i presenti.
Se da un lato facciamo bene ad indignarci per l’atteggiamento subdolo e persecutorio dei farisei, d’altro canto però dobbiamo riconoscere che non raramente anche noi ci comportiamo così, ogni volta che restiamo ancorati al passato, a tradizioni che hanno perso di significatività, ogni volta che guardiamo il nostro fratello non per quello che è, ma per quello che significa per gli altri (e qui entrano in campo quei sentimenti contrastanti, e umanissimi, quali gelosia e invidia che se non si sanno gestire cristianamente, diventano vere e proprie armi di distruzione di massa).
LA RISPOSTA DI GESÙ
Come già in altri casi, Gesù spezza la catena liberticida del “Si è sempre fatto così”, andando al cuore della situazione, al cuore del precetto divino del riposo.
Qual è il problema? Il nodo della questione che i farisei, per il loro cuore indurito, non riescono a comprendere è che:
Quello shabbat ebraico, che doveva essere considerato come giorno di riposo da vivere nel riqualificare le relazioni con Dio e con gli altri, viene pervertito da un legalismo irrazionale che elimina proprio Dio e il prossimo
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Chiusi nei loro schemi mentali, nei precetti creati da loro stessi nel corso degli anni per vivere meglio la loro relazione con Dio, hanno finito per stravolgere le intenzioni stesse di Dio e anziché vivere in una comunione più intima con lui, se ne sono allontanati.
Se il riposo del sabato aveva anche una finalità sociale: il riposo dei poveri e dei servitori, col tempo si era trasformato in un impedimento tanto grande da impedire anche i lavori più semplici e necessari per lo svolgimento sereno della propria quotidianità. Così quella legge da espressione di libertà, divenne liberticida.
Come in altri casi, anche qui Gesù rimanda all’origine del pensiero divino, circa il precetto:
Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
Con l’esempio tratto dalle vicende del grande re Davide, Gesù rivela che la legge di Dio non può andare in direzione opposta alle necessità più urgenti e basilari dell’uomo, come lo sfamarsi. Perché? Perché Dio è Padre, Dio è Amore e i suoi comandamenti sono finalizzati alla costruzione di una società fondata sull’amore reciproco e verso Dio.
Da qui la conclusione del brano con l’affermazione di Gesù:
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato»

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LA TUA FEDE È INUTILE SE ELIMINI IL TUO FRATELLO
Ci troviamo alla provocazione finale del brano, che in qualche modo sintetizza anche la risposta di Gesù ai farisei e il suo rifarsi alle vicende del re Davide. Egli ripete in diversi modi e circostanze questo insegnamento, circa la condizione dell’altro per un culto gradito a Dio. Leggiamo, giusto per fare un esempio, un brano tratto dal cosiddetto insegnamento della montagna, riportato dall’evangelista Matteo:
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono (Mt 5,23-24).

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Parafrasando le parole di Gesù e i suoi insegnamenti sulla fraternità, potremmo a ben ragione dire: la mano che dona è più santa della bocca che prega soltanto. Per questo dovremmo sempre tener conto che:
La fraternità, l’impegno per la comunità, il cammino di carità, riconciliazione e misericordia diventano criteri imprescindibili perché ogni cristiano possa fare una vera esperienza di Cristo nella sua vita. Tutto il resto è un auto illusione, il progettarsi una religiosità su misura che nulla ha a che vedere con Cristo e il cristianesimo.
Senza fraternità non c’è Dio
Oggi il Signore ripete a tutti noi che se vogliamo vederlo, ascoltarlo, fare esperienza della sua prossimità, è nella comunità che dobbiamo cercarlo.

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