Natale – Messa della notte
Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
L’attesa è finita, finalmente dopo quattro settimane è giunto il momento del nostro giubilo: la celebrazione della nascita del Signore Gesù nella carne.
Ci siamo preparati a questo giorno con il tempo di Avvento, nell’attesa, nella penitenza e nella conversione. Abbiamo capito che non si arriva al Natale con l’anima “a mani vuote”, ma ci viene imposto un cammino tanto faticoso quanto entusiasmante: il rinnovo della nostra vita nella gratitudine a Dio per le sue meraviglie, come costruttori di strade nuove che permettano un nuovo incontro con gli altri, con la gioia di chi riconosce la presenza salvifica del Padre nella propria quotidianità, nella consapevolezza che Dio scrive diritte lungo le linee storte della nostra storia personale e famigliare.

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Arricchiti spiritualmente dalle proposte che ci sono giunte dalla Chiesa, Corpo mistico di Cristo e sua Sposa, per mezzo della liturgia della Parola, possiamo gridare all’Emanuele, il Dio con noi: «Eccomi, io sono qui. Ti stavo aspettando».
In questo giorno così solenne dove l’anima si innalza verso quel Dio che fa del nostro cuore il suo cielo, che non aspetta noi lassù, ma scende lui facendosi carne, siamo chiamati a guardarci in faccia gli uni con gli altri, belli e brutti, buoni e cattivi, e siamo chiamati a riconoscere che di ognuno di noi Dio è così follemente innamorato che non poteva attendere la fine della storia dell’umanità perché lo raggiungessimo nella sua gloria. Così, si è inventato la purissima vergine Maria, si è inventato l’incarnazione del Figlio perché la sua grazia, la sua onnipotenza, la sua misericordia e la sua tenerezza potessero raggiungerci già qui ed ora. Dalla consapevolezza di questa passione divina per ognuno di noi, oggi, proprio questa notte, siamo chiamati ad amare i nostri fratelli non per loro stessi, ma per l’amore che Dio riversa per loro, per l’energie che spende perché siano felici, per il Figlio donato anche a loro nella culla di Betlemme come sulla croce del Golgota.

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I LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (9,1-6)
Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce»
La Chiesa ha deciso di celebrare il Natale nel giorno più breve e buio dell’anno, secondo il calendario antico: il solstizio d’inverno. Lì dove le tenebre, foriere di paure ancestrali, di morte e peccato, sembrano averla vinta sul mondo e sugli uomini, Dio sembra intervenire dall’alto con un raggio di luce sottile eppure così intenso da illuminare il mondo: la nascita del Figlio.
Gesù entra nella storia degli uomini, si fa egli stesso storia, in maniera discreta, in un bambino fragile che diventa luce solo per chi riesce ad andare oltre le apparenze, solo per chi non ha fatto spegnere la fiammella della fede e della speranza nel suo cuore. Anche noi in questa notte santissima, ottenebrati dalla pandemia, dalla crisi economica, da una vita non facile e relazioni fraterne che scricchiolano, siamo chiamati a vedere questa luce di Dio che dall’alto scende su di noi, sulla nostra famiglia, su questa nostra comunità.
Dice il Salmista: «È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce» (Sal 36,10), e noi oggi illuminati dal Cristo che nasce siamo chiamati a vedere tutta la nostra vita in un’ottica diversa, illuminata, speranzosa, soprattutto teologica perché è una storia di salvezza!
Il Cristo, luce del mondo, viene a noi per ridare nuovo colore e nuovo calore alla nostra esistenza, perché a nostra volta ognuno di noi possa risplendere di luce riflessa e dare calore nuovo a chi ci è accanto. Cogliamo oggi questa provocazione di Dio, riconciliamoci, non facciamo che questo Natale sia un altro Natale uguale agli altri!
Se ti senti prigioniero nelle tenebre del peccato, della chiusura del tuo cuore al prossimo, scoraggiato della vita e confuso sul tuo futuro, apriti, apriti a Dio, adesso, qui, in questo momento. Lasciati raggiungere da Cristo, accoglilo nella tua vita, ritorna a lui con tutto te stesso, con fiducia abbraccialo nei Sacramenti.
«Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia»
Fratelli, crediamocelo, il nostro è un Dio allegro, gioioso, e ci invita a fare festa con lui. Gesù lo ripete più volte quando parla della pecorella smarrita o del figliol prodigo. Dio oggi è pronto a festeggiare con te, lasciati raggiungere.
La nostra vita è breve, non viviamola da amareggiati, musoni, sempre scontenti nei riguardi della nostra vita e di quella degli altri. La buona notizia di un Dio che si fa uomo e fragile, sconvolga davvero la nostra mente e il nostro cuore.

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Se guardandoti allo specchio non ti piaci, se vedi dei difetti di te stesso che non accetti, oggi ricordati che per Dio sei così speciale che ha voluto farsi simile a te. L’Altissimo, l’Onnipotente, l’Irraggiungibile Signore degli eserciti, ha voluto somigliarti.

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SALMO RESPONSORIALE
Dal Salmo 95
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.
Il Salmista ci invita a un rinnovamento totale, una conversione a 360 gradi della nostra vita. Non ci invita a una lode consueta di Dio, a qualcosa di meccanico per cui talvolta venire in Chiesa la domenica e la notte di Natale sia semplice consuetudine.
L’ elevare un canto nuovo, al quale ci invita, implica un rinnovamento totale del nostro cuore. Una riscoperta della grandezza di Dio, di quello che fa per noi, per la nostra vita e quella dei nostri cari. Soprattutto l’invito è quello di cantarlo con un rinnovato impegno morale, con l’entusiasmo di tornare a fare sul serio con lui, nel nostro cammino di discepoli, nel riscoprirci tutti fratelli.
Sia un cuore rinnovato la lode dei coniugi che, nonostante gli anni passati insieme, si riscoprono innamorati perché scelti da Dio l’uno per l’altra. Sia rinnovato il cuore dei giovani che non si scoraggiano di fronte alle sfide di un lavoro che non arriva, come quello degli anziani che si lasciano ogni giorno stupire dalla tenerezza di Dio e che non perdono la voglia di vivere e di amare.
Sia rinnovato il cuore pulsante di tutta la nostra comunità che si scopre unita non per vincoli caratteriali e di simpatia, ma perché tenuta insieme dal collante di Dio, dall’amore che nutriamo per lui sorge l’urgenza di amarci gli uni gli altri. Canti un canto nuovo colui che è stato ferito dallo sgambetto del fratello e decide di perdonarlo e di farsi perdonare. Sia nuovo il canto di chi comprende che la vita cristiana non può essere solo una Messa alla domenica e una confessione a Natale e a Pasqua.
Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca (2,1-14)
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
«Per loro non c’era posto nell’alloggio»
Fratelli e sorelle, se pensiamo che il Natale sia una festicciola per bambini o che muova solo a emozioni romantiche a buon mercato, stiamo proprio sbagliando. È vero che il Figlio di Dio si fa uomo per redimerci e ammetterci a una nuova intimità col Padre, tuttavia questo ha un costo: quello del rifiuto e della croce che si addossa sulle sue spalle fin, potremmo dire, dai suoi primi vagiti.
Maria non dà comodamente Gesù alla luce in una camera di ospedale, e nemmeno in una casa assistita da un’ostetrica. Gesù non viene al mondo in una stalla perché è più romantico, tutto più raccolto e intimo. No, qui vedete che si tratta di un vero e proprio rifiuto per il Figlio di Dio già al momento di venire alla luce… e di dare la luce.
Gesù nasce fuori Betlemme, rifiutato dalla gente, così come morirà fuori Gerusalemme, sul Golgota, crocifisso a una croce.
Il Natale porta in sé l’asprezza di un’umanità crudele che preferisce vivere nelle tenebre che nella grazia. E Cristo nasce disprezzato, e muore da reietto, anche per loro… anche per noi.
Quando nelle nostre case metteremo il bambinello nel presepe, non dimentichiamoci che il Cristo bambino, nasce disprezzato per noi! Per te che dai per scontato che Dio debba salvarti, per te che rimandi di amare il tuo fratello, per te che tralasci gesti di tenerezza verso tua moglie, verso tuo marito.
Lui è lì al freddo, in un luogo preposto alle bestie, mentre tu nella tua casa in festa ti godi l’intimità della tua famiglia. Quando domani sarai riunito in famiglia a godere della loro compagnia, non dimenticare che qualcuno per quel tuo momento ha pagato con la sua stessa vita. E quando questo lo ricorderai, fermati un attimo, fa’ silenzio, prega e ringrazia Dio per quel dono.
Solo gli esclusi, comprendono l’escluso
Se a Betlemme i benpensanti e i benestanti, rifiutano l’accoglienza di Cristo che sta per venire alla luce, è anche vero che coloro che soffrono la sua stessa indigenza sono capaci di riconoscerlo, accoglierlo e annunciarlo: parliamo dei pastori.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
Molte volte sono proprio le persone povere o che sperimentano periodi di prova, quelli che sanno essere più solidali e accoglienti. È quello che accade nel brano evangelico: i pastori accolgono le parole dell’angelo e spediti si dirigono nella stalla, riconoscono nel neonato il Figlio di Dio che rinnova il loro cuore raggiungendoli con la sua luce. Il brano omette un particolare: quello che succede ai pastori una volta che adorano il Bambinello nella grotta di Betlemme. Leggiamo:
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori (Lc 2,15-18).
L’incontro con Cristo ha cambiato la loro vita. Se prima non avevano che una preoccupazione, quella di custodire il gregge, e facevano ruotare tutta la lor esistenza attorno a questo mestiere, una volta che incontrano il neonato Figlio di Dio fatto uomo, la loro vita cambia radicalmente. Non si interessano più del loro gregge, perché si fanno annunciatori, testimoni e missionari di quello che hanno visto.
Ci troviamo di fronte a un atteggiamento molto attuale: ognuno di noi questa sera viene in Chiesa stanco di una lunga giornata e con la testa tanti pensieri per il giorno di domani. Eppure al contemplare non solo il Bambinello tra le braccia di Maria, ma più tardi anche nelle nostre mani, fragile come da fanciullo, siamo chiamati a fare questa esperienza di vita che ci centra unicamente sull’unica cosa importante che è Dio: il suo amore, la sua misericordia, il fare la sua volontà. Non perdiamo l’opportunità che questo Natale non ci cambi davvero la vita!
L’incarnazione di un Dio discreto
Il fatto che il Padre ci raggiunga nel Figlio che si fa uomo per mezzo dello Spirito, deve far sorgere in noi un’ulteriore considerazione: il nostro è un Dio discreto.

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Riconoscendolo come tale non solo dobbiamo distruggere la mentalità dell’apparire, essere uomini di sostanza, dell’essere e dell’esserci. Ma ci impone anche ad allenare il nostro sguardo per saperlo riconoscere, comprendere che molte volte incrocia le strade della nostra vita attraverso i soliti volti che quotidianamente incontriamo.
Riuscire a cogliere queste sollecitazioni divine, ci impone anche all’imitazione: amare il prossimo nella discrezione, non ostentare quello che riusciamo a dare e a fare, imparare a stare in seconda linea senza scalpitare per un posto migliore in prima fila.
CONCLUSIONE
In questa notte dove attoniti assistiamo alla nascita nella carne del Figlio di Dio, impariamo da chi ci ha preceduto nel cammino della fede. Impariamo soprattutto da coloro che sono stati spettatori dell’evento della grotta di Betlemme. Guardando Maria impariamo che nella nostra vita cristiana non possiamo restare passivi fruitori delle grazie divine, ma che queste impongono alla nostra coscienza una risposta che passa attraverso i fratelli. Ella, infatti, da annunziata nella piccola camera della sua casa a Nazareth, divenne annunciatrice da sua cugina Elisabetta. Impariamo soprattutto che anche noi dobbiamo dare carne alla Parola di Dio che meditiamo e che ascoltiamo la domenica.

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Impariamo da Giuseppe l’umiltà del silenzio di fronte i progetti di Dio, per noi troppo grandi per essere compresi. Guardando il suo esempio, il cammino di fede intrapreso per accogliere nella sua vita quella promessa sposa che porta in grembo un figlio non suo, impariamo a non ribellarci a Dio, consapevoli che se talvolta i suoi progetti per noi non sono chiari, questo non significa che non siano buoni.

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Guardiamo i pastori che lasciarono tutto, perché avevano trovato Cristo e divennero testimoni. Impariamo dagli angeli ad essere anche noi portatori di buone notizie per i nostri fratelli, annunciatori della gioia di Dio, e non profeti di sventura.
Dai Magi comprendiamo che per arrivare a Cristo, bisogna sapersi mettere in cammino, cercarlo con dedizione e pazienza, scrutare i segni della sua presenza nella nostra vita. Da loro impariamo che non possiamo arrivare impreparati all’incontro con Cristo, a lui non ci si va a mani vuote, ma portando il grande tesoro della nostra vita.
Guardando questi personaggi inconsueti, oggi siamo chiamati a vedere riflesso il nostro desiderio di cambiare vita da Dio. La santità non è un’utopia lontana, ma capacità di farci incontrare da un Cristo che ci passa accanto, non perdiamo proprio oggi questa opportunità.
Fame della Parola di Dio?
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