INTRODUZIONE
All’approssimarsi del Santo Natale, vogliamo condividere con i nostri lettori alcuni spunti per una celebrazione più consapevole di questa grande solennità che ogni anno scalda i nostri cuori, li apre e li fa tendere a Dio, con un rinnovato slancio nell’amare i fratelli.
In queste settimane di Avvento, poi, la liturgia della Parola ci ha permesso di prepararci spiritualmente a questo grande evento: abbiamo imparato a fare i conti con noi stessi, perché l’avvento è un tempo penitenziale, aprendoci a Dio consapevoli della nostra miseria ci ha anche consentito di “raddrizzare i sentieri” che conducono agli altri, rivedere le nostre relazioni, rifondarle nell’amore e nella misericordia reciproca.

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Soprattutto, grazie alle parole di Gesù alle autorità religiose della sua epoca, abbiamo imparato che priorità del vero discepolo, è la ricerca della volontà di Dio nella sua vita, come criterio fondante di tutte le sue scelte, da quelle quotidiane e ordinarie, a quelle che indirizzano tutta l’esistenza.

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Eppure, in tutta questa ricchezza cristologica e cristocentrica, non abbiamo mai perso di vista la vergine Maria, come stella polare che ci ha accompagnato in questo cammino incontro al Signore (per questo i carmelitani la chiamano “nostra sorella” e “maestra di vita spirituale”). Festeggiando l’Immacolata concezione abbiamo intravisto qual è la meta alla quale siamo chiamati e contemplandola nell’incontro con l’anziana parente Elisabetta, ci è stato concesso di comprendere quale fu il vero motivo che la mise in cammino. Il fatti che da annunciata diventa annunciatrice, ci ha permesso di comprendere come la nostra fede se non è vissuta all’interno di un’ottica missionaria, testimoniale, di condivisione di quanto divinamente sperimentato nell’intimità del nostro cuore, allora non è vera fede.

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Ma non solo, grazie all’approfondimento della genealogia di Gesù, abbiamo imparato a rileggere tutta la nostra storia personale, e quella della nostra famiglia, in chiave teologica, comprendendo come Dio possa scrivere diritto lungo le linee storte della nostra vita.

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A partire da tutto questo patrimonio spirituale che ci è stato offerto, e di cui ci siamo alimentati, giunti in prossimità del Santo Natale, non ci resta che chiederci: e se non sapessimo davvero tutto di questa festa? E se ci fossero dei contenuti teologici, spirituali e storici che ci stiamo perdendo e che potrebbero fare la differenza nella nostra vita quest’anno?
Quello che ci apprestiamo a condividere in queste righe è la prima parte di questo nostro approfondimento e cercheremo di rispondere alle seguenti domande: 1) in che anno è nato Gesù? 2) Come si è arrivati a scegliere la data del 25 dicembre, come giorno della sua nascita? 3) A Natale festeggiamo il suo compleanno?
Offriremo ai lettori il nostro approfondimento, in due articoli con i quali cercheremo di tornare alle radici di questa solennità liturgica, liberandola dai pesanti orpelli fanciulleschi che poco o nulla hanno a che vedere con essa, realmente. Vedremo, infatti, come il Natale è una festa “adulta” e necessita di una particolare maturità umana e spirituale per comprenderne appieno il senso, la bellezza e la profondità. Viverla con incanto certo fa bene, ed è anche giusto, ma sicuramente non è tutto. Ci troveremo di fronte a una celebrazione dai forti e impegnativi connotati biblici e spirituali, che ci faranno comprendere come non si tratti di una festa per bambini, o solo per essi, e che ridurla allo scartare di qualche regalo sarebbe tradire l’essenza stessa della nostra fede e di quello che vogliamo trasmettere alle nuove generazioni.
Buona lettura!
IN CHE ANNO È NATO GESÙ?
Per rispondere a questa domanda, abbiamo la necessità di approcciarci alle nostre fonti: i Vangeli. Tra i quattro evangelisti, coloro che trattano e approfondiscono i dati storici della nascita del Salvatore e della sua infanzia, sono Matteo e Luca. Entrambi concordano che la nascita sia avvenuto in un luogo ben definito: Betlemme. Leggiamo:
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme (Mt 2,1).
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto (Lc 2,4-6).
I testi sono chiari: non viene menzionato il giorno della nascita di Gesù e nemmeno il mese, né l’anno. Evidentemente tanto agli evangelisti, come alle prime comunità dei credenti, non interessava questo dato, quanto piuttosto il mistero a cui rimandava. Giustamente, quindi, l’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Galazia, comunità da lui fondata, parla di una nascita del Messia che avviene al momento opportuno, cioè quello giusto secondo il piano divino, e questo basta a tutta la cristianità. Leggiamo:
Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli (Gal 4,4-5).
Questa «pienezza del tempo», indica la maturità della storia resa feconda dagli interventi divini nel corso dei secoli. Si tratta di un ricapitolare di tutte le cose, come quando al momento opportuno il contadino coglie il frutto di un albero perché maturo al punto giusto. Era questo il dato che interessava ai primi cristiani, perché fondava la speranza di un Dio profondamente compromesso con la storia degli uomini, capace, cioè, di saperla indirizzare sempre verso il bene. Proprio per questo motivo nel nostro precedente articolo, che invitiamo a leggere per la centralità del tema trattato, abbiamo affermato che:
Il Figlio di Dio, viene generato e si inserisce all’interno di un contesto storico e sociale, ma non spunta come un fungo: improvviso e decontestualizzato. Il Padre, infatti, nel corso dei secoli ha preparato un terreno, raddrizzato sentieri, amato un popolo al di là del fatto che lo meritasse oppure no.
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Una pista storica: Erode il Grande
Tuttavia Matteo e Luca ci offrono una indicazione che può farci risalire, almeno in maniera indicativa, all’anno di nascita di Gesù. Infatti si fa riferimento a un personaggio riconducibile all’interno di un periodo storico ben delimitato: Erode il Grande. Egli era colui che governava la regione di Giudea, minuscola porzione dell’Impero romano. Leggiamo:
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme (Mt 2,1).
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. (Lc 1,5).
Cosa sappiamo di quest’uomo? Grazie alle acquisizioni storiche, sappiamo che nacque nel 73 a.C. e morì 69 anni dopo, nel 4 a.C.. Ottenne l’incarico di regnante di Giudea, grazie alla benevolenza dell’imperatore Ottaviano Augusto. Fu un uomo particolarmente tormentato e crudele, convinto che tutti tramassero alle sue spalle, fece uccidere la moglie e alcuni figli perché sospettava che complottassero contro di lui. Di lui scrisse lo storico Macrobio, nel V secolo d.C.:
Presso Erode erano più fortunati i porci (non commestibili per gli orientali) dei figli
Macrobio, in G. Ravasi, Giuseppe. Il padre di Gesù, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2014, p. 32.
L’evangelista Matteo lo ricorda per la sua astuta scaltrezza quando cercò di circuire i Magi per ottenere l’esatta posizione del neonato Messia. Tanto crudele da decretare persino la morte di tutti i bambini al di sotto dei due anni, quando si rese conto del brutto tiro dei tre saggi d’Oriente.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo” (Mt 2,7-8).
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi (Mt 2,16)
Alla sua morte il governo fu diviso tra i tre figli: Archelao che assunse il governo della Giudea, ad Erode Antipa, famoso per i conflitti con Giovanni il Battista e Gesù, spettò la Galilea e a Filippo la Batanea, l’Iturea e Abilene.
Se, dunque, Erode il Grande muore il 4 a.C. e Gesù è nato nel periodo in cui lui era ancora regnante, sicuramente, dunque, non può essere nato nell’anno 0 (anche se il numero 0 è una conquista scientifica molto più recente e sconosciuto a quell’epoca), ma sicuramente prima dell’anno della morte del crudele regnante della Giudea.
Cercando di dare una contestualizzazione storica la più attendibile possibile, gli studiosi oggi concordano che Gesù debba essere nato tra il 7 e il 6 a.C.
COME SI ARRIVÒ ALLA DATA DEL 25 DICEMBRE?
Per molte decadi la cristianità non ebbe che una sola grande festa: la Pasqua, memoriale dell’offerta cruenta di Cristo per la salvezza del mondo, e sua vittoria sul peccato e sulla morte, aprendoci la strada a un’eternità sperimentabile, anche se in maniera imperfetta, già qui e ora.
Solo nel IV secolo si stabilì, non senza difficoltà, tentennamenti e rallentamenti, il calendario cristiano delle commemorazioni liturgiche, all’interno del quale fu inserito il Natale. Se la questione nei secoli precedenti era di secondaria importanza, data la centralità della Pasqua, nel IV secolo divenne più urgente collocare una data per la celebrazione del Santo Natale. Questo perché nella Chiesa cominciarono a diffondersi due gravi pericoli che turbavamo le coscienze degli uomini di fede: l’eresia di Ario, o ariana e il culto del dio sole.
1. Ario e la sua eresia
Si trattava di una dottrina malsana e contraria alla fede, che scosse profondamente l’unità della Chiesa.
Cosa sosteneva questa eresia ariana? Vediamone la tesi: Dio è unico, eterno e indivisibile, quindi il Figlio di Dio non può essere considerato Dio allo stesso modo del Padre. Essendo Figlio, è venuto dopo Colui che lo ha generato, quindi non è coeterno al Padre, ma vive una divinità inferiore e subordinata a Lui.
Per Ario e i sostenitori della sua teoria, Gesù non nacque come uomo e Dio. La natura divina la ottenne come un premio, a motivo della sua passione e morte. Questa dottrina si diffuse così rapidamente che San Girolamo affermò:
Il mondo si è svegliato ariano
S. Girolamo
Per contrastare il dilagare di questa dottrina eretica, si decise di indire un Concilio a Nicea, nel 325. Qui la Chiesa stabilì i fondamenti della fede cristiana, che sono poi confluiti in quel Credo Niceno-costantinopolitano che recitiamo ogni domenica nella celebrazione della Santa Messa. Il Concilio sancì in maniera chiara, univoca e definitiva l’errore delle tesi di Ario. Riconobbe Cristo come vero Dio fin dalla nascita, e dimise Ario e tutti i suoi sostenitori eretici da ogni carica ecclesiastica.
Tuttavia, benché la Chiesa si espresse in maniera così chiara, Ario e i suoi discepoli non vollero mollare il colpo e continuarono la loro opera predicatoria che continuarono a diffondersi anche dopo la sua morte.
2. Il culto del dio sole
Non meno problematico era quello che succedeva all’interno dell’Impero romano: lo spargersi irrefrenabile del culto del dio sole, o sole invitto, che nel giorno del solstizio d’inverno (che secondo l’antico computo romano avveniva proprio il 25 dicembre) vince finalmente le tenebre e le giornate tornano ad allungarsi. Si trattava di un culto che ormai aveva poco di religioso ma che comunque si instaurava come un ritorno pericoloso al paganesimo. Un culto, comunque, appoggiato dall’Impero romano e che aveva un forte impatto popolare: in quel giorno agli schiavi veniva concesso di mangiare alla stessa tavola del padrone.
3. Un Papa illuminato
Se la Chiesa era avversata da queste dottrine malsane, il Signore non lasciò da sola in preda agli avversari colei che è riconosciuta come la Sposa del Risorto (Cfr. Ap 21,2). Dopotutto Gesù lo aveva promesso a Pietro:
E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (Mt 16,18).
Ecco infatti che nella Chiesa sorse l’uomo giusto al momento giusto a governarla: papa Giulio I. Egli comprese che urgeva stabilire una data nella quale celebrare solennemente la nascita del Salvatore, riconoscendolo divino, già appena nato, in fasce.

Grazie al suo illuminato governo, la Chiesa saggiamente adottò un atteggiamento catechetico: non fu infatti difficile cogliere nel simbolismo del sole che vince le tenebre in Cristo Risorto, vittorioso sul peccato e sulla morte. Che il Messia venisse nel mondo come la luce che lo rischiara, non era ignoto dal dato biblico, soprattutto dalla tradizione profetica. Leggiamo giusto due passaggi tratti dal libro del profeta Isaia e quello del profeta Malachia:
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
Il sole non sarà più la tua luce di giorno,
né ti illuminerà più
lo splendore della luna.
Ma il Signore sarà per te luce eterna,
il tuo Dio sarà il tuo splendore.
Il tuo sole non tramonterà più
né la tua luna si dileguerà,
perché il Signore sarà per te luce eterna;
saranno finiti i giorni del tuo lutto (Is 60,1-2.19-20).
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla (Ml 3,20).
Gli stessi israeliti attendevano la venuta del Messia come l’alba di un nuovo giorno, di una nuova era. Non a caso quando si conclude il tempo del mutismo, dovuto alla sua incredulità, il sacerdote Zaccaria, padre del Battista, esplode in un cantico che la Chiesa recita ogni giorno al mattino. Egli fa suo il grido entusiasta di Israele al veder compiersi le promesse del Signore. Per questo tenendo in braccio il figlioletto, a cui pochi minuti prima è stato dato il nome di Giovanni, proclama così l’avvento dei tempi messianici:
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.
Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,
ci visiterà un sole che sorge dall’alto,
per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre
e nell’ombra di morte,
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace” (Lc 1,76-79)
Gesù stesso paragonerà la benevolenza di Dio a quella del sole che ogni mattina sorge per tutta l’umanità al di là dei suoi meriti, e sul monte della trasfigurazione splenderà come il sole. Leggiamo:
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,43-45).
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce (Mt 17,1-2).
Nella scelta, allora, di celebrare solennemente la nascita di Gesù proprio il 25 dicembre, giorno dell’antico solstizio d’inverno, non fu per la comunità cristiana un atto di forza teso ad attaccare e debellare la festa pagana del sole invitto. Al contrario, la Chiesa compì una profonda opera catechetica, di educazione valoriale nei confronti di un culto pagano che aveva perso già da tempo il suo significato spirituale e morale e si era ridotto a folklore e superstizione. I cristiani, così, annunciarono che quel sole che tutti veneravano altro non era che il Messia vincitore sulle tenebre del mondo.
A NATALE CELEBRIAMO IL COMPLEANNO DI GESÙ?
Arriviamo all’ultima provocazione, purtroppo non troppa, di questo articolo.
Abbiamo visto l’importanza simbolica e storico-teologica del Natale e nel prossimo approfondimento vedremo l’aspetto biblico e spirituale. Di fronte a tanta ricchezza di significati non raramente ci è capitato di ascoltare genitori e catechisti presentare ai propri bambini, il Natale come il compleanno di Gesù. Ci troviamo di fronte a un atteggiamento quasi terroristico, che distrugge alla base tutto l’impianto storico, teologico e spirituale di questa celebrazione, in cui risulta essere ben più facile coglierne il dato romantico, molto a buon mercato, piuttosto che rimboccarsi le maniche e approfondirne il significato. Per smontare questa teoria sovversiva del Natale, basterebbe semplicemente sfogliare il Vangelo del quarto evangelista, Giovanni, e senza nemmeno tanto sforzo imboccarsi nelle prime battute del suo primo capitolo. Leggiamo:
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste (Gv 1,1-3)
L’evangelista Giovanni, è molto chiaro: il Figlio di Dio è generato fin dall’eternità. Con la solennità del Natale non spegniamo candeline, non ci sono torte, né canzoncine da cantare. I cristiani, in questa solennità, elevano il grido della loro fede in un Dio che si compromette con la storia degli uomini, fino a farsi storico egli stesso senza perdere la sua natura divina, in un piano che monta le sue radici fin dalla caduta dell’uomo alle origini dell’umanità. È qui, infatti, che si realizza la promessa di salvezza dell’uomo, preannunciata nel libro della Genesi:
Allora il Signore Dio disse al serpente:
“Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno” (Gen 3,14-15).
Se a Natale non festeggiamo il compleanno di Gesù, è altrettanto vero che dobbiamo smontare quelle frasi tanto melense e false, secondo le quali a Natale Gesù bambino nasce di nuovo. Lo ripetiamo: Gesù non compie 2021 anni, né nasce ogni anno. Consolidare queste dicerie bigotte e tipiche di una visione romanticheggiante della fede, obbligherà le nuove generazioni a una imprescindibile ribellione col dato della fede all’entrare nell’adolescenza, rimproverando, e a ben vedere, che la fede cristiana si basi su favole fantasiose, astruse e contrarie al dato scientifico.
Non smettiamo di ricordare quanto bene abbia fatto alla Chiesa tutta, la collaborazione con gli scienziati: storici, filologi, archeologi, ecc. Grazie ad essi ci è stato concesso di capire molto meglio il significato di tante pagine bibliche. Allo stesso tempo, la fede illumina e spiana il cammino allo scienziato, indirizzando le sue ricerche verso mete geografiche e culturali approfondite dall’autore sacro della Bibbia.
Celebrando il Natale, quest’anno, non dimentichiamo che Gesù è il nome storico della seconda Persona della Trinità che si incarna in un determinato contesto socio-culturale ed è stato generato dal Padre nell’eternità!
Grazie all’intervento prodigioso di Dio, mediato da un angelo a Giuseppe, per l’evangelista Matteo, e dall’arcangelo Gabriele a Maria, per Luca, al Figlio di Dio viene chiesto di mettere il nome Gesù. Leggiamo:
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,18-21)
L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,30-33)
Lo stesso nome imposto al Messia nascituro, è tutto un piano programmatico che rivela, fin dal suo concepimento, la dignità della sua persona, umana e divina, e della sua missione. Infatti il nome significa “YHWH salva”, indicando il compimento delle promesse redentrici, preannunciate fin dagli albori dell’umanità. Sugello delle promesse antiche è la persona stessa del Figlio di Dio che viene al mondo con una natura umana e già fin dalla nascita illumina il mondo riempiendolo di una rinnovata speranza, proprio come i raggi del sole all’aurora: toglie il fiato e riaccende il cuore.
Fame della Parola di Dio?
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