Come riconoscere quando Gesù ti cammina accanto?

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono (Mt 4,18-22).  

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Contesto
Il brano evangelico odierno si pone agli inizi del ministero di Gesù. Siamo nel quarto capitolo dell’opera matteana, e Gesù ha da poco vissuto il Battesimo nel fiume Giordano e le tentazioni durante i quaranta giorni di digiuno e preghiera nel deserto. Primizia della sua opera salvifica sono i Dodici che chiama a sé perché vivano in maniera più intima con lui, perché in futuro possano essere i pilastri sulla quale edificare quel Corpo Mistico che è la Chiesa.

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«mentre camminava lungo il mare di Galilea»
Dove si dirige Gesù per scegliere i suoi Apostoli? Perché va in riva al mare e non dove un normale Maestro si dirigerebbe: verso le sinagoghe o le piazze delle grandi città?
Riteniamo interessante questo indirizzarsi di Gesù che sceglie come amici e continuatori della sua opera né uomini di cultura (scribi, sadducei, dottori della legge), né di particolare levatura morale (farisei, sacerdoti). Chi sceglie Gesù? Chiama a sé dei pescatori: uomini di non grande cultura e men che meno moralmente irreprensibili.
Ci troviamo di fronte a una radicale rottura di schemi. Di Maestri al tempo di Gesù ce ne erano tanti, ma questi rabbì, non erano loro che sceglievano i discepoli, ma erano questi che eleggevano per sé il maestro da seguire in base alla sua dottrina. Questo atteggiamento anticonformista di Gesù non solo deve aver colto di sorpresa gli Apostoli, uomini di periferia e di poche risorse su cui nessuno avrebbe mai puntato nulla, ma rivela anche che ci si trova di fronte a un Maestro diverso da tutti gli altri.

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«gettavano le reti in mare… riparavano le loro reti»
Come se ciò non fosse sufficientemente sconcertante, si aggiunga il fatto che Gesù chiami a sé i primi quattro apostoli, mentre sono concentrati a fare altro: c’è chi pesca e chi ha appena finito e risistema le reti. Mentre lavoravano per portare qualcosa da mangiare a casa, potevano mica prestare attenzione a un perfetto sconosciuto che passeggia senza far nulla per la spiaggia? Non avevano qualcosa di più importante e urgente da fare?
E invece Gesù non passa inosservato, li attira sé con poche semplicissime parole. Ed essi lasciano tutto e tutti, per seguirlo.

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Tre provocazioni per la nostra vita cristiana
Tanto l’atteggiamento di Gesù, come quello degli apostoli ha qualcosa di sconcertante, di illogico. Eppure se riusciamo anche noi ad abbandonare la nostra logica materialista ed egoista, forse riusciamo a comprendere quello che è successo in questo brano evangelico di poche righe appena. Vediamo alcune provocazioni
.

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A) Gesù cammina lungo il mare. L’atteggiamento così diverso dai canoni culturali e religiosi di Israele che non si fa scegliere dai discepoli, ma li sceglie personalmente, e lo fa a modo suo, fuori dagli schemi, è per noi un invito a non dare mai per scontato Dio e il suo agire. Si tratta di farci stupire dal Signore, restando sempre aperti al suo fare «nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Stupito da questa imprevedibilità divina, San Paolo nella lettera ai Romani poté affermare:

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti,
chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?
O chi mai è stato suo consigliere?
O chi gli ha dato qualcosa per primo
tanto da riceverne il contraccambio?
(Rm 11,33-5)
.

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B) La scelta di Gesù. La seconda provocazione che cogliamo per la nostra vita spirituale, risiede nel tipo di persone che Gesù sceglie per sé. Non di certo la parte più nobile e colta di Israele, ma al contrario, gente comune, con tanti difetti (emergeranno tutti con irruenza durante gli anni in cui saranno con Gesù). Cosa ci rivela questo? Il Nazareno non scegli gli scribi e i farisei perché erano ambiziosi e vivevano di apparenze? Ma non si comportano così anche i discepoli quando volevano primeggiare gli uni sugli altri volendo i primi posti nel regno dei cieli (Cfr. Mt 20,20-28)?

In questo articolo trattiamo la disputa dei discepoli
Servitori non re. La comunità secondo Gesù.

Gesù sceglie gente comune e imperfetta, seguendo la logica di rivelazione del Padre, la logica dell’Incarnazione, quello di un Dio che ci raggiunge nei segni dell’umiltà. Questa fu una lezione che lo stesso apostolo Paolo dové imparare, quando si vedeva indegno della missione che Cristo gli aveva dato. Quello che l’apostolo comprese per diretta rivelazione divina deve essere un monito per ognuno di noi. Leggiamo:

Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo (2Cro 12,7b-9). 

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Questa logica dell’Incarnazione come modus operandi divino si realizza anche nei Sacramenti, in cui la grandezza di Dio passa attraverso la fragilità materiale del pane consacrato, del presbitero nella Riconciliazione, nei coniugi uniti dal matrimonio e così via.
Cogliendo questa prospettiva, possiamo comprendere come ogni cristiano e ogni situazione nella quale viviamo, può diventare mediazione di un nostro incontro personale con Dio. Da qui la necessità di mantenere relazioni sociali fondati nella fiducia e nella misericordia. Ma non solo. Se questo è valido per il prossimo nei nostri riguardi, è vero anche il contrario: ognuno di noi è chiamato ad essere strumento di Dio e mediazione della sua grazia e del suo amore per tutti i nostri fratelli. Senza questa prospettiva in cui tutto e tutti devono parlarci di Dio, rendendoci dei veri contemplativi per le strade delle nostre città, non riusciremo mai a vivere appieno la bellezza del nostro battesimo.

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C) Il quando della chiamata. I discepoli colgono la chiamati di Cristo mentre sono intenti a fare altro, nel dispiegarsi della loro quotidianità sempre uguale fatta di fatiche e fallimenti. Le reti spezzate di Giacomo e Giovanni implicano che hanno perso dei pesci che sono riusciti a sfuggire attraverso l’apertura. Allo stesso modo, Simon Pietro e Andrea abbandonano la barca e il loro lavoro mentre «gettavano le reti in mare», cioè quando avevano appena iniziato e non avevano preso ancora niente.
Gesù, cammina accanto a loro e li chiama quando loro ancora non hanno nulla in mano: da quel apparente fallimento saranno chiamati a trascendersi.
Allo stesso modo anche noi siamo chiamati a mantenere i sensi dell’anima sempre attivi, perché il Signore passa lungo le strade delle nostre città, tra le nostra mura domestiche e noi dobbiamo essere in grado non solo di ascoltarne la voce, ma anche dovremo avere il coraggio di abbandonare tutto, accogliere un apparente fallimento, per seguirlo. Il problema è che talvolta siamo più educati al rumore dei nostri calcoli, dei nostri profitti, che di fare la cosa giusta al momento giusto.

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Conclusione
In questo tempo di avvento da poco iniziato, impariamo anche noi a metterci in ascolto della Parola di Dio. Riscopriamo la bellezza della meditazione delle Scritture, per poter poi discernere tutte quelle volte in cui il Signore ci passa accanto durante la nostra vita.
Lasciamoci stupire da un Dio che, per fortuna, non segue la nostra logica materialista, impariamo a riconoscere la grandezza del nostro battesimo, la dignità della vita alla quale siamo chiamasti. Riconosciamo che ognuno di noi è chiamato a farsi apostolo, a dare la sua testimonianza di fede, evangelizzare i luoghi della sua quotidianità. Cerchiamo di andare oltre le apparenza delle cose e delle persone, cerchiamo in ciò che ci circonda una traccia della presenza di Dio.

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Allora, solo allora, il nostro sarà un avvento diverso e potremo davvero cogliere il senso di un Dio che non viene a noi nella grandezza della sua divinità, ma in un bambino come tanti, non accolto a Betlemme e costretto a venire al mondo in una stalla, che ha molto poco di romantico, ma ha il sapore del disprezzo. Lì viene Dio. Lì dove la tua vita diventa infruttuosa e i tuoi progetti falliscono. Fermati e guardati intorno, magari Gesù sta passando lungo la riva della tua vita e ha qualcosa da dirti, per farti andare oltre, per permetterti di trascenderti anche tu.

Fame della Parola di Dio?
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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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