In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,5-11).
Come accogliere Cristo nella nostra casa?
Gli evangelisti non raramente ci presentano la figura di Gesù che non teme di entrare nelle case di quanti lo invitano. Il rabbì di Nazareth non rifiuta nessun invito né dagli amici (vedi i fratelli Lazzaro, Marta e Maria in Lc 10,38-42), né da coloro che lo conoscono da poco ma grazie al quale si convertono (dopo la sua chiamata Matteo il pubblicano diventa apostolo – Mt 9,9-13 – e Zaccheo stravolge completamente la sua esistenza –Lc 19,1-10), né persino dai suoi avversari, basti pensare ai farisei che lo invitano in casa ma non mettono in atto nemmeno il minimo gesto di accoglienza (Lc 7,36-50; 11,37-41; 14,1-6).
Per coloro che chiedono la sua presenza, qualsiasi siano le loro motivazioni, Gesù trova sempre tempi, spazi e modi per accontentarli. È un po’ quello che accade nel brano di oggi: un centurione, un nemico di Israele e per di più un impuro perché pagano, chiede a Gesù di guarire il suo servo allettato, ed egli senza nemmeno aspettarsi un invito formale, subito si propone di raggiungerlo in casa.
La capacità di Gesù di entrare in empatia con chiunque incroci la sua strada, è per noi oggi la prima provocazione. Egli non sta a calcolare se il suo gesto può essere compreso o no, accettato o rifiutato. Gesù si dona a chiunque, senza considerare se l’altro sia o meno degno del suo amore, se l’entrare in casa dell’altro comporti pettegolezzi alle sue spalle.
Come cristiani in questo tempo di avvento, di pazienza e penitenza, siamo chiamati a riqualificare tutte le nostre relazioni, quali indicatori della qualità del nostro rapporto con Dio. È, dopotutto, quello che è emerso dalla liturgia della Parola di questa prima domenica di Avvento.

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«Gli venne incontro»
Il brano evangelico si apre con il centurione che va alla ricerca di Gesù. Un pagano che cerca un ebreo. Non attende che arrivi dalle parti della sua città, ma si mette alla ricerca di lui.
Ci troviamo di fronte, già alle prime battute della narrazione evangelica, a un atteggiamento che dovremmo far nostro e che molto spesso dimentichiamo. È vero che Cristo viene (lo ha fatto una prima volta nei segni dell’umiltà, e lo farà alla fine dei tempi nel segno della gloria), ma è anche vero che non possiamo restare inermi. L’atteggiamento del centurione deve diventare per noi uno sprone a farci cercatori della presenza di Dio nella nostra vita, nella nostra società, tra le strade della nostra città, tra i banchi delle nostre chiese. L’attesa, a cui rimanda il significato della parola Avvento, non indica staticità, ma operatività. Per questo il Signore ci invita alla veglia nella preghiera e nel servizio.
La delicatezza di un bruto
Il brano evangelico fa emergere i sentimenti del centurione: egli è mosso a compassione del suo servo e prova la sua ultima carta pur di vederlo di nuovo in salute, dirigendosi da Gesù. Ma non solo. In quanto pagano, è consapevole che se Gesù entrasse nella sua casa diventerebbe impuro: agli ebrei infatti non era consentito un gesto del genere. Il centurione, così, rivela che il suo amore è tutt’altro che egoistico: pensa al bene del suo servo, ma anche a quello di Gesù.

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Conscio di questo e forte della fede nel Nazareno, sa che questi può curare il suo servo anche senza entrare nella sua casa. Non è un caso che secondo l’evangelista Marco, la prima professione di fede circa la vera identità di Cristo, venga dalla bocca proprio di un centurione ai piedi della croce del Signore. Leggiamo:
Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39).
«di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito»
Il centurione è convinto che la guarigione del suo servo non avvenga necessariamente attraverso gesti eclatanti, ma semplicemente attraverso una parola: quella di Gesù.
Nella nostra vita molte volte facciamo esperienze simili: le parole giuste di amici e conoscenti, in un momento di prova o di crisi, possono davvero risultarci come un balsamo per andare avanti.
Se questo è vero per gli uomini, lo è ancora di più per Dio. La sua parola per noi è fonte di vita. È con la sua parola che Dio dal nulla creò tutte le cose che esistono, ed è la sua Parola, il Logos, che, facendosi carne, ci ha salvati.
In questo tempo di Avvento, che nulla ha di romantico, perché tempo penitenziale, prendiamo il serio impegno di metterci all’ascolto della Parola di Dio, e riqualifichiamo le nostre parole, perché siano parole che guariscano e non che uccidono, siano parole di vita, di riconciliazione, di amore.
L’iperconnettività della nostra epoca ci abitua ad atteggiamenti sempre più violenti, nascosti dietro i monitor di un pc o di uno smartphone, pullulano haters (odiatori) e leoni da tastiera, usciamo da questa mentalità pervertita e vigliacca e possano le nostre parole alimentarsi della Parola, convertire il male in bene.
Al centurione basta semplicemente la parola di Gesù, non ha bisogno di segni per credere. Per questo non possiamo che domandarci: che valore diamo alla nostra parola? Fino a che punto ci fidiamo della parola di Dio?
Lo stupore di Gesù
L’atteggiamento del centurione, stupisce Gesù tanto da riconoscere in lui la fede più bella e più pura nella provvidenza divina… in un pagano, nemico di Israele. Infatti abbiamo letto:
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!
Di fronte alla grandezza d’animo del centurione, non possiamo che cogliere almeno tre spunti per la nostra vita spirituale: 1) essere capaci di un amore tenero e attento verso tutti; 2) avere piena fede nella provvidenza divina; 3) non dare per scontato niente e nessuno. Anche se il centurione era nemico di Israele, faceva parte di quella gente straniera che opprimeva il popolo con alte tassazioni e grandi soprusi, Gesù non si tira indietro quando si tratta di beneficare qualcuno. L’invito che ne cogliamo è quello di essere accoglienti verso tutti, farci stupire da Dio che può entrare nella nostra vita anche attraverso persone apparentemente nemiche.
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