Il Paradiso a portata di mano. Per chi non si accontenta del Purgatorio

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere» (Lc 21,1-4).  

Contesto
Ci troviamo ormai nell’ultima settimana del tempo ordinario, e di tutto l’anno liturgico. In maniera solenne ieri abbiamo celebrato Cristo re dell’universo, e la liturgia della Parola ci ha fatto riflettere sulla sua regalità, completamente diversa da come la intende il mondo.

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Vuoi prendere parte alla regalità di Cristo?

In questi giorni feriali, la liturgia della Parola ci permette di approfondire gli ultimi insegnamenti di Gesù, prima che subisca la passione. In particolare oggi lo vediamo come, dopo aver predicato e aver affrontato l’imboscata teologica dei sadducei (cfr. Lc 20,27-47), sposta lo sguardo sui fedeli che affollavano il tempio di Gerusalemme e in particolare su due tipi di persone: i ricchi e una donna povera, indicando ai discepoli quest’ultima come modello di vera fede.

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«Vide anche una vedova povera»
Anche all’epoca di Gesù alle donne non era concesso di lavorare (questa possibilità non veniva propriamente negata, ma era culturalmente non prevista), per questa ragione le donne senza un uomo che la sostenesse (marito o figlio che fosse), viveva di miseria, in totale povertà o dipendenza dalla generosità altrui.
A motivo di questa prospettiva, l’evangelista Luca sottolinea che questa vedova oltre a vivere nella miseria, sperimenta anche la totale solitudine: le manca anche un figlio che possa sostenerla, per questo dice che è povera.

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«vi gettava due monetine»
Come abbiamo avuto modo di dire, nell’articolo in cui approfondivamo la presenza dei mercanti all’interno dello spazio sacro, il tempio di Gerusalemme era una struttura costruita con una serie di cortili concentrici divisi da murate. La sacralità degli spazi così divisi diventava sempre più importante nella misura in cui era dato accendere verso l’interno. Al centro, infatti, v’era il tempio vero e proprio, all’esterno del quale i sacerdoti offrivano le vittime e gli olocausti del fedeli. Se il primo cortile esterno era quello diciamo più profano, dove era ottemperata la presenza dei mercanti e dei cambiavalute, il secondo era quello dedicato alla preghiera delle donne. Qui è dove si è messo a sedere Gesù, osservando il comportamento dei fedeli.
Non resta allora che domandarci: perché venivano raccolte queste offerte? Queste servivano sicuramente per le spese del santuario, il suo mantenimento, ma una parte di esse erano destinate ai poveri. Ecco, allora, l’aspetto sconcertante: quella donna povera e sola aveva il diritto di ricevere parte di quelle offerte, e invece le dà. Di più oseremo dire: ella non dà, il superfluo, ma tutto ciò che le resta in tasca, tutto ciò che le serve per vivere.

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In che modo ci coinvolge la cacciata dei mercanti dal tempio?

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La vedova e il giovane ricco
Guardando l’atteggiamento di questa donna, che proveremo ad approfondire più avanti, non possiamo non ricordarci, come l’altra faccia della medaglia, sia il giovane ricco. Leggiamo:

Un notabile lo interrogò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Gesù gli rispose: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre“. Costui disse: “Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza”. Udito ciò, Gesù gli disse: “Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!”. Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco (Lc 18,18-23).

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Qual è la differenza tra i due? L’uno è schiavo dei propri beni, incapace di distaccarsene, e quindi di fidarsi davvero di quel Messia che ha cercato, la seconda anche se non ha apertamente riconosciuto in Cristo, il Messia tanto atteso da Israele, vive da vera donna di fede, perché ha compreso appieno quell’insegnamento di Gesù che comunque non ha potuto ascoltare:

Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore (Lc 12,33-34).

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Guardando il giovane ricco e la vedova povera, due mondi così diversi, siamo chiamati a domandarci: chi tra i due ha scoperto la via della felicità? Chi ha perseverato nella grazia di Dio? Chi dei due è più felice e vive meglio? Chi dei due si salva?
Ma non solo, guardando queste due figure anonime, siamo chiamati a domandarci: in quali dei due ci rispecchiamo? Se mi rispecchio nel giovane ricco che voleva fare sul serio con Dio, ma si condanna a una vita di comoda infelicità: cosa posso fare per rimettermi in careggiata?

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Perché la vedova si comporta così?
La donna del vangelo elogiata da Gesù, l’abbiamo visto, appartiene alle classi sociali fragili dell’antico Israele: non solo è povera, ma anche sola. Qual è allora la caratteristica che le permette l’elogio di Gesù? Solo la generosità per un’offerta al tempio?
No, in realtà dobbiamo ben comprendere cosa c’è dietro quel gesto. La donna infatti più di altri aveva il diritto di chiedere per sé parte di quelle offerte del tempio, perché potesse continuare a sopravvivere. Il problema, che deve davvero diventare un problema per le nostre coscienze, è che questa rifiuta un suo diritto per fare dono di quel poco che le è rimasto in tasca. Ha fatto della sua miseria un dono a Dio e ai poveri della sua città.

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Da dove le viene questa generosità? Perché questo cuore così grande? Evidentemente proviene dalla sua esperienza di vita, dalla sua fede vissuta e incarnata negli anni della sua quotidianità. Nella sua solitudine e fragilità ha imparato a confidare in Dio, ha fatto di Lui il marito che le è mancato, e dei poveri i figli che non ha avuto.
Il vangelo ci presenta una donna che sa bene chi è Dio, perché ha fatto esperienza della sua tenerezza e della sua provvidenza nel corso degli anni. Ecco perché con tanta sicurezza lascia nel tempio quanto le rimane. In quegli spicciolini lei torna ad affidare a Dio tutta la sua vita. Lei ha imparato a vivere con Dio, per Dio e di Dio. Ecco allora la grande di questa donna umile, anziana, sola e povera. Evidentemente piegata per l’età e per una vita non facile, si erge nel cortile del tempio, come un gigante della fede che sovrasta tutti quei ricchi pomposi che donavano al tempio le loro eccedenze e che prestavano a Dio un culto povero, astratto, ipocrita e fasullo, perché non si è incarnato nella loro vita.

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Basta così poco per salvarsi
Guardando l’atteggiamento della donna, immagine e modello dell’uomo che si fida di Dio e della sua Provvidenza, siamo chiamati a riconoscere che in realtà per ottenere la salvezza e la vita eterna, altro non dobbiamo fare che seguire il suo insegnamento. Cosa ha fatto di così importante? Donando il poco che aveva, ha fatto dono a Dio e al suo prossimo della sua vita. Non solo si è fidata di Dio, ma ha voluto imitarne l’agire: lei che ha sperimentato la sua Provvidenza, ha voluto fare lo stesso con gli altri che condividevano la sua stessa sorte di vivere ai margini della società, nella solitudine e nella povertà.
Anche noi cristiani siamo chiamati a riconoscere che non v’è altra via di salvezza, se non quella che sia spesa nell’amore verso Dio e verso il prossimo (sintesi di tutti i comandamenti divini).

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Se nel nostro piccolo riusciamo a fare della nostra vita un dono, nella gratitudine a Dio e nella tenerezza verso gli altri, allora riusciremo ad incarnare quella santità della porta accanto di cui parla Papa Francesco:

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Non tutti ci faremo santi perché martiri o perché mistici, ma tutti possiamo farci santi: qui e ora. Devi solo crederci… devi solo credere in te stesso, fare i conti con quello che hai (i tuoi doni e i tuoi talenti) e per quanto pochi, metterli al servizio di Dio e degli altri. Ama, ama i tuoi fratelli, sii disposto a donare il poco che sei e che hai, e avrai accumulato un tesoro per il Regno dei cieli.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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