L’apocalisse per principianti. Dalle parole di Gesù.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi» (Lc 17,26-37). 

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Contesto
Ormai manca davvero poco che Gesù superi la soglia delle porte di Gerusalemme, città santa dove già ha preannunciato che incontrerà incomprensioni, passione, morte e risurrezione. Per questo i suoi insegnamenti cominciano a colorarsi di toni apocalittici, riguardando gli ultimi tempi, quelli della sua manifestazione gloriosa alla fine dei tempi.
Il brano si ricollega fortemente a quello proclamato ieri nelle nostre chiese. Si tratta di un insegnamento sulla venuta del Regno di Dio, suscitato dalla domanda provocatoria dei farisei:

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione» (Lc 17,20-25).

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La risposta di Gesù ai farisei, i cui intenti restano sempre ambigui perché tesi a coglierlo in fallo e screditarlo, evita di proiettarsi in un quantificabile futuro più o meno prossimo, per rivelare che nell’oggi della storia degli uomini, e della loro quotidianità, vada cercato questo Regno.
L’invito valido tanto per gli uditori di Gesù, come per noi cristiani del III millennio è quello di non vivere proiettati nel futuro, condannando la nostra vita all’angoscia e all’ansia che da un momento all’altro possa capitarci qualcosa di tanto inatteso quanto spaventoso, ma di riconoscere che la grandezza di Dio, la santità del suo Regno sono già presenti qui, in mezzo a noi.
Si tratta di affermazioni forti che i discepoli hanno potuto comprendere, e vivere, appieno solo una volta che sarà disceso il Paraclito nel giorno di Pentecoste. Ma non meno siamo chiamati noi a farci mettere in discussione, noi cristiani del III millennio che già abbiamo avuto la pienezza della grazia di Dio nel Battesimo e nella Confermazione. La ricerca entusiasta della presenza di Dio nella nostra vita, nelle persone che ci sono accanto, nelle situazioni piccoli e grandi, liete o tristi, della vita è il più efficace dei metodi antidepressivi, alimento per una gioia cristiana che mette le sue radici in una fede
che diventa fiducia, ina speranza che diventa certa e in una carità che diventa operativa. In effetti, a cosa servirebbe aver scoperto la gioia della presenza del Regno di Dio se poi non la comunichiamo agli altri?

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La rivelazione di un Dio propositivo
Addentrandoci nel brano odierno, vediamo come Gesù menzioni due note figure bibliche: Noè e Lot. Si tratta di personaggi vissuti in epoche e contesti diversi, ma accomunati da un aspetto fondamentale: sono uomini giusti all’interno di una società perversa.
Noè risplende in un’epoca in cui gli uomini vivevano di sola violenza. La vita di Lot, invece, splende a Sodoma in una società pervertita nei costumi. In mezzo a tanto male, lo sguardo di Dio si posa su ciò che c’è di buono e bello, il suo cuore si commuove per queste persone e a partire da loro ripristina uno stato di bellezza originaria per tutta l’umanità. In questa chiave, infatti, va riletto tanto il diluvio universale come la distruzione di Sodoma.
L’essere propositivo di Dio, non può che mettere in discussione il modo in cui noi gridiamo i nostri difetti, i nostri peccati, la nostra storia personale, ma anche il modo in cui guardiamo gli altri e la società. Siamo chiamati a farci cercatori del bello e del buono che ci circonda, e non profeti di sventura. Se non cogliamo questa propositività di Dio che punta tutto su di noi, anche quando siamo in stato di peccato e ci riammette alla comunione con lui attraverso i Sacramenti, non possiamo nemmeno scoprire quanto sia bella questa vita e le persone che ci sono attorno, con tutti i loro difetti. Se non facciamo della propositività divina, il nostro stile di vita, il filtro attraverso poter guardare il mondo nella verità, non ci resta che il non-senso, la desertificazione non solo della nostra anima, ma anche delle nostre relazioni. Non ci restano che depressione e disperazione.

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Viviamo l’oggi come se fosse l’ultimo giorno della nostra vita
Perché la moglie di Lot non si salvò? Perché mentre veniva condotta via dalla città di Sodoma, osò guardarsi indietro: ebbe nostalgia della vita che stava lasciando, del suo passato e allo stesso tempo mancò di fiducia verso la novità di Dio, la nuova vita che le si prospettava.
Se ieri Gesù invitava a non guardare con ansia il nostro futuro, allo stesso tempo l’atteggiamento della moglie di Lot che le impedisce la salvezza, è quello di vivere il passato come un peso (buono o cattivo che sia). Per questo Gesù nel brano odierno dice:

In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.

Il cristiano, è chiamato ad essere l’uomo che abita il presente e che riempie di senso e bellezza l’oggi come se non ci fosse un domani. Se pensiamo di essere padroni assoluti di questa nostra esistenza, delle nostre giornate, delle nostre relazioni, viviamo nell’illusione che questa vita sia per sempre e prima o poi ci troviamo faccia a faccia non solo col l’infrangersi, ma con la consapevolezza di aver vissuto male tutti gli anni della nostra vita. Vivere l’oggi come se fosse l’ultimo impone all’uomo di vivere nell’amore. Quanti abbracci in più daremmo? Quanto più saremmo propensi ad amare e a riconciliarci, con Dio e il mondo intero, se sapessimo che domani sarà troppo tardi?

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Gesù ci vuole spaventare?
Il tono apocalittico di Gesù in questo insegnamento sembra davvero fare paura, parla di una fine del mondo imminente in cui soltanto il 50% persone troverà salvezza. Per di più sembrerebbe una statistica molto più favorevole ed ottimista, rispetto a quanto emerso giusto poco prima (vedi articolo “Vuoi per te il Paradiso? Torna sui tuoi passi!“).
In realtà a una lettura attenta del brano, e delle intenzioni stesse di Gesù, qui non si sta parlando di una fine, ma di un nuovo inizio (come lo furono appunto il diluvio universale e la distruzione di Sodoma).
Il problema è che, in effetti, la novità incute sempre paura perché dobbiamo lasciare le nostre consuetudini, per riprogrammare tutta una vita rinnovata. Eppure ci troviamo di fronte a una paura necessaria. Facciamo un esempio: se una donna decide di non avere figli per paura del parto, non potrà mai sperimentare la gioia della maternità che fa dimenticare tutte le difficoltà della gestazione e del parto.

La realtà nuova che verrà inaugurata con l’avvento glorioso del Figlio di Dio, comporterà un’esistenza di bellezza e di gioia imparagonabile a questa vita, segnata dalla fragilità (fisica e morale) e dal decadimento. La controcultura alla quale ci sta abituando questa nostra società pagana (edonista ed egocentrica) è la pretesa dell’eterna giovinezza a tutti i costi. Un’utopia che arricchisce le tasche dei pochi che inculcano nelle masse la necessità di eliminare fisicamente, chiunque osi mettere in discussione questa follia. D’altronde: come mai non ci scandalizziamo più dell’aborto (maggior causa di morte nell’anno 2019) e dell’eutanasia. Chi viene eliminato in questi casi? L’imperfetto! Perché? Fa male ai nostri occhi da perbenisti, da illusi e vigliacchi che di fronte alla sofferenza, preferiscono spostare lo sguardo, eliminandolo alla radice.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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