Il nostro è un Dio allegro

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» (Lc 15,1-10).      

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Contesto
Come abbiamo avuto modo di vedere, a seguire Gesù lungo il suo ministero di predicazione e guarigione lungo le città e i villaggi, non c’erano solo gli apostoli, i discepoli e le folle che volevano da lui guarigioni e miracoli, ma anche tutta quella schiera di avversari: farisei, scribi, dottori della legge, erodiani, eccetera. Si tratta di gente, quest’ultima, che seguiva il “rabbì” di Nazareth col solo intento di screditarlo agli occhi dei suoi seguaci, fargli piazza pulita intorno e trovare soprattutto capi d’imputazione per metterlo a tacere una volta per tutta.
L’aspetto interessante è che nella misura in cui questi si fanno sempre più violenti, nulla turba il cuore di Gesù che si manifesta sempre paziente con loro, e nel rispondere alle loro contestazioni, li sollecita con carità indicando loro la strada per giungere alla conversione. Anche nei momenti in cui Gesù li sbugiarda, smaschera le loro intenzioni, rivela le loro ipocrisie, egli lo fa non nell’intento di una umiliazione pubblica, ma nel rivelare l’uomo a se stesso, perché rientrando in sé, come il più giovane dei fratelli della parabola del figliol prodigo che da lì a breve insegnerà (Lc 15,11-32), possano comprendere la verità sull’identità della sua persona e fare un vero cammino di fede.

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La mormorazione
Che brutta figura che fanno i musoni! È tipico di un fariseismo ridicolo quello di tanti cristiani che occupano con dovizia i banchi di una chiesa, ma poi stanno lì solo per mormorare sulle scelte del parroco, dei suoi collaboratori, o di quello che fanno o dicono gli altri fedeli. Mormorare fa sempre male e prima di tutto fa male al mormoratore stesso, indice di un’intima tristezza e di una pochezza d’animo che schiavizza e impedisce di vivere nella criticità della schiettezza.
È un po’ quello che avviene in questo brano: i farisei entrano in gelosia per il grande seguito di folle che ha Gesù. L’evangelista lo aveva, infatti, annotato poco prima:

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù (Lc 14,25)

Qual è il problema dei farisei? Gesù osa condividere la mensa con i peccatori. Ora, aldilà dell’ipocrisia di sentirsi santi, giusti e immacolati, da parte dei farisei, il problema era importante dal punto di vista sociale. In una cultura fortemente religiosa, il pubblico peccatore era considerato uno scomunicato, veniva interdetto da alcune attività nel tempio e della vita pubblica. Gesù scardina queste convinzioni e si circonda proprio di questa gente (non dovrebbe infatti scandalizzarci che tra gli Apostoli ci fossero proprio un pubblicano e uno Zelota).

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Non tutto il male viene per nuocere
Oggi, in maniera paradossale, dovremmo essere grati ai farisei, perché proprio grazie ai loro musi lunghi Gesù ha potuto lasciare all’umanità alcuni dei suoi insegnamenti più importanti: le parabole della misericordia.

Si tratta, certamente, di insegnamenti diretti, in primis, proprio ai farisei perché comprendano davvero il modo di agire di Dio. Eppure di questi insegnamenti ne gode la Chiesa di tutti i tempi.
Prima di approfondire le due parabole, non possiamo farci sfuggire questa provocazione: nella vita spesso affrontiamo gli sgambetti degli amici, le pugnalate alle spalle da coloro a cui tenevamo. E certamente i farisei erano laici israeliti che intendevano vivere con fedeltà la loro fede, anche se poi la tradiscono e mettono a morte proprio il Figlio di quel Dio che dicevano di amare. Ecco, a volte non tutto il male viene per nuocere e il Signore può cambiare il male in bene: si tratta semplicemente di aspettare e vedere Dio in azione. L’invito è quello di non scoraggiarsi di fronte al male ricevuto, agli sgambetti e alle pugnalate, ma a saper andare oltre. Riconosciamo che nella misura in cui veniamo feriti, Dio interviene non per punire il malvagio rincorrendolo fin in capo al mondo, ma per chinarsi sulle nostre ferite, fasciarle e lenirle con il balsamo del suo Spirito: la tenerezza di Dio per noi, supera la giustizia nel punire il malvagio. Tu vali più di tutto.

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Le Prime due parabole della misericordia
Ci troviamo di fronte alla prima delle parabole della misericordia, potremmo quasi dire la primizia degli insegnamenti di Gesù in merito.
Il Maestro rivela ai farisei quello che davvero non vogliono capire: Dio è amore. Egli è tanto appassionato dell’uomo che non si arrende fino a quando non le ha provate tutte per salvarlo.

a. Teologia per principianti
Il linguaggio proveniente dal mondo dalla pastorizia e da quello casalingo, era comune alla cultura dell’epoca. Per questo Gesù rivela con la semplicità di un linguaggio comprensibile a tutti, una verità teologica tanto profonda che non tutti, neanche gli eruditi teologi dell’epoca, gli scribi, che accompagnavano i farisei nella mormorazione, seppero cogliere.
Questa è già per noi un’ulteriore provocazione per la nostra vita quotidiana. Molto spesso corriamo il rischio di credere che per sentirci realizzati dobbiamo mostrare tutta la nostra cultura con tutti i paroloni che con fatica abbiamo imparato e riempire i nostri discorsi di una fraseologia tecnica, così che gli altri sentendosi in difficoltà possano apprezzare la nostra erudizione. Gesù è differente!
Il Figlio di Dio facendosi uomo, non è andato alla ricerca del consenso della gente e rivela che se si vuole avere un ‘incontro autentico col nostro prossimo, stabilire relazioni sincere e durature, bisogna spogliarsi di queste sovrastrutture.

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Fai sul serio con Gesù? Leggi cosa ti chiede!

Che senso ha parlare un linguaggio forbito quando l’altro non è in grado di comprenderlo? Quello non è più un dialogo, ma un monologo e tu finisci per gonfiarti mentre parli al vento… mentre diventi vento, vacuità.
Questa lezione di Gesù, San Giovanni Bosco la comprese molto bene. Lui che era un fine teologo, prima della celebrazione eucaristica domenicale, sottoponeva la sua omelia alla madre, se questa la comprendeva allora la riteneva adeguata alla predicazione.

Umiltà, dunque, è la prima lezione che Gesù insegna ai suoi avversari, e a ognuno di noi.

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b. Il nostro è un Dio allegro
Che piaccia oppure no, ai musoni di tutte le epoche, YHWH è un Dio “festaiolo”, e ce ne dobbiamo fare una ragione. Tutta la storia della salvezza che si fa “storia”, carne, nel figlio di Dio inizia con un momento di grande esultanza (vedi nostri articoli: “Rallegrati, piena di grazia“, “Felice tu fra le donne” e “L’anima mia gioisce nel Signore“. Tutto il senso di questo blog, poi, è teso a sviluppare il tema della gioia nella Sacra Scrittura, basta cliccare sulla categoria degli articoli “La Parola è gioia“).
Per cosa gioisce Dio? Non solo per se stesso, essendo perfezione infinta non può esserci che gioia. Nella Santissima Trinità esiste una gioia estrinseca, esuberante, tanto grande che esce dai confini della sua divinità per rivolgersi a ciò che è totalmente altro da lui: la creatura. Per questo motivo non solo la crea, ma anche la salva e gioisce immensamente quando questa si incammina per la via della salvezza. Ecco il senso delle affermazioni di Gesù:

Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte

Lungo l’arco della nostra esistenza, spendiamo molto tempo ed energie per far felice qualcuno: genitori, figli, amici, fidanzato, marito, nipoti ecc. Perché? Perché è gente che amiamo e dalle quali sappiamo di essere amate e la nostra gioia consiste nel rendere felici loro… e se ci fossimo dimenticati di Qualcuno?
Oggi, allora, cogliamo questa grande provocazione: rendiamo esultante il cuore di Dio, facciamolo felice. Come? Non semplicemente ricordandoci di lui, ringraziandolo e pregandolo (cose che già dovremmo fare in quanto nostro dovere), ma rendendolo orgoglioso di noi. Ben a ragione S. Ireneo diceva:

La gloria di Dio è l’uomo vivente

Ireneo da Lione, Contro le eresie

Commentando queste parabole, Papa Francesco, nella bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia affermava:

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c. Siate misericordia
Ma non finisce qui. Se ci limitassimo alla gioia del Padre resteremmo solo con metà dell’insegnamento di Gesù. In effetti una volta colta questa prospettiva, ai farisei resta un passaggio successivo: comportarsi come il Padre. Già in un altro passaggio Gesù lo aveva annunciato, invitando i discepoli a imitare la santità di Dio a partire dalla sua misericordia:

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36).

Qui inizia il problema non solo dei farisei, ma dei tanti cristiani, perché finché si tratta di mettere in discussione il nostro rapporto con Dio, può anche andare bene, ma quando poi si tratta di rivedere le nostre relazioni fraterne, iniziano il problemi. Il fatto che Dio perdoni i nostri peccati, impone all’uomo di mettersi in moto verso l’altro e fare lo stesso. Questa è la grande lezione che abbiamo dovuto imparare dalla liturgia della Parola nella solennità di Ognissanti. Commentando, infatti, il brano biblico e le implicazioni per la nostra vita spirituale, abbiamo avuto modo di affermare:

Se dal perdono che chiediamo a Dio, nella preghiera e nei Sacramenti, non nasce in noi l’impellente urgenza di perdonare il nostro prossimo, riconciliarci, costruire punti e non muri, allora la nostra religiosità è vana, stiamo incarnando lo stile di vita vuoto e ipocrita dei farisei.
Ecco allora la grande provocazione di Dio per noi oggi che vogliamo fare sul serio con lui: rendilo orgoglioso, va’ verso il tuo fratello, riconciliati, perdonalo, amalo!

Hai domande riguardo questo articolo?
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Desideri approfondire qualche argomento biblico?
Scrivi alla nostra email redazione@gioiacondivisa.com

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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