In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo» (Lc 12,54-59).
Contesto
La liturgia della Parola di questi giorni feriali, ci sta offrendo la possibilità di una meditazione continua del Vangelo secondo Luca. In particolare ci troviamo al dodicesimo capitolo in cui sono inseriti una serie di insegnamenti di Gesù riguardanti gli ultimi tempi legati al mistero della sua persona. Così dopo il primo discorso di carattere apocalittico (Cfr. Lc 12, 35-48; vedi nostri articoli “I servi son serviti. Il paradosso di una felicità non tanto nascosta” e “Il Figlio dell’uomo viene, saprai attenderlo?“), ha rivelato la natura della sua missione a Gerusalemme: il vivere una passione che è espressione dell’amore supremo di Dio per l’umanità (Cfr. Lc 12,49-53).
Discernere i segni dei tempi
L’invito di Gesù che emerge dal brano evangelico di oggi, è quello di essere capaci di una lettura più veritiera, profonda e contemplativa della realtà umana e della sua storia. Si tratta di andare oltre una visione pessimista e immanentista, per divenire scrutatori della presenza di Dio già qui ed ora, nel tessuto della nostra società, nello scorrere talvolta sempre uguale della nostra quotidianità. Si tratta di esercitare l’anima e di purificare il nostro sguardo, perché diventi contemplativo, speranzoso, profetico. A motivo di questa ricchezza di significati, per la spiritualità carmelitana l’invito di Gesù ricopre un ruolo fondamentale, tanto che le nostre Costituzioni affermano:ù
Cercare il volto del Dio vivente in atteggiamento contemplativo è ciò che ha plasmato la vita carmelitana fin dalle origini.
COSTITUZIONI DELL’ORDINE DEI FRATELLI DELLA BEATA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO. articoli nn. 15 e 18

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Come inserirsi in questo dinamismo contemplativo della lettura della realtà nella quale siamo inseriti? Certamente il primo passo è lasciarci interpellare dagli eventi, fare in modo che essi non ci scivolino addosso, renderci sensibili e solidali nei confronti delle situazioni di ingiustizia e sofferenza di tanti nostri fratelli. Ma non solo.
Poiché come Carmelitani non promuoviamo una filantropia fine a se stessa, ma una fraternità universale nella quale chiunque può sentirsi accolto, si tratta anche di sforzarsi a riconoscere nel prossimo una mediazione, per quanto imperfetta, del volto di Dio, della sua parola che ci interpella, della sua presenza tra noi. Eppure non può esserci vero discernimento sui segni dei tempi senza preghiera, senza un’apertura costante e totale a Dio. Tra tutte le varie forme di preghiera, la più efficace per questo scopo è la lettura orante della Parola di Dio, un lasciarci interpellare dalla Sua rivelazione scritta, meditandola, approfondendola, pregandola.
L’invito di Gesù per noi oggi, è quello di rinnovare il filtro attraverso il quale guardiamo il mondo, la nostra vita, la nostra storia personale. Non possiamo esimerci da domande del tipo: cosa vedo? E come vedo? Posso dirmi un faro di speranza per tanti fratelli che vivono nel buio del non senso della loro esistenza, capace di attrarre uomini e donne alla consapevolezza che la nostra storia è nelle mani amorevoli e provvidenti di Dio?
Si dice che faccia più rumore un albero cadente che una foresta che cresce. Sono capace di questo sguardo propositivo sul mondo? Sono in grado di andare oltre l’audience della cronaca nera?
Cosa dice a noi la parola che Gesù rivolse ai farisei, quando afferma che il Regno di Dio è già qui?
I farisei gli domandarono: “Quando verrà il regno di Dio?”. Egli rispose loro: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17,20-21).
Il qui ed ora di Dio, non può non mettere in crisi tutti quei sistemi di pensiero, atei, materialisti e pagani, che fanno del suo Regno una illusione, o una realtà che non interpella l’uomo nella totalità del suo presente, ma magari solo in un ipotetico futuro, o al massimo giusto un’ora alla domenica. Ben canta, e a ragione, un cantautore dei nostri tempi che in una delle sue più importanti canzoni, invita l’uomo di oggi:
Riporta Dio, dove nascerai,
Renato Zero, potrebbe essere Dio
Là dove morirai.
Riporta Dio nella fabbrica,
nei sogni più avari che fai
Cogliendo la provocazione di Gesù circa il discernimento dei segni dei tempi, siamo chiamati ogni giorno a domandarci, quale sia la sua volontà per noi, per la nostra vita, la nostra famiglia? Quale contributo mi chiede perché possa essere suo collaboratore nella salvezza degli uomini? In quali e quanti modi mi interpella personalmente attraverso la preghiera, le relazioni che intesso, gli eventi che vivo?
Non si arriva a Dio da soli
La seconda parte del brano evangelico odierno, riguarda le relazioni fraterne. Che a Dio non si arrivi da soli, Gesù lo ha ripetuto più volte (vedi nostri articoli “Per una recita più consapevole del Padre nostro“, “Servitori non re. La comunità secondo Gesù“, “Senza fraternità non c’è Dio“, “Se non servi, a cosa servi?“, “Cosa sei disposto a rinunciare per Cristo?“, “Perdonare significa far finta di nulla?“, “Con lo Spirito, artigiani di fraternità“, “È possibile comandare al cuore?“) e, come abbiamo modo di vedere, non ha paura di ripetersi.
Non è certamente un caso che Gesù parli di fraternità e riconciliazione, proprio all’interno di un discorso escatologico, riguardante la fine dei tempi, e soprattutto quando si tratta di avere uno sguardo più vero e profondo sulla nostra vita. Per lui, infatti, la comunionalità, la riconciliazione fraterna, è un valore imprescindibile: un criterio di discernimento su chi sia davvero un suo discepolo e chi un ciarlatano. È questo il contenuto del suo testamento spirituale ai discepoli prima della sua passione:
Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,33-35).
Quello di Gesù nel brano di oggi, è un invito serio a una revisione sulla qualità delle nostre relazioni. Chiamati, cioè, a costruire ponti non muri, e a farlo fino a quando ne abbiamo il tempo, perché poi potrebbe essere troppo tardi e a riporre giustizia potrebbe essere qualcun altro che magari ti trovi in difetto.

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L’esortazione di Gesù ha un alto richiamo spirituale ed escatologico, va oltre un voler andare d’accordo a tutti i costi, qui si tratta di una questione di vita o di morte… eterna. Perché? Perché se il Paradiso altro non è che una vita eterna piena, dove vengono sublimate tutte le relazioni che avremo intessuto sulla terra. Al contrario l’Inferno è perenne solitudine, da Dio e dagli altri. Per questo il Paradiso e l’Inferno, sono realtà che ci prepariamo già in questa vita. Il Regno dei cieli non è un posto adatto a superbi e orgogliosi, ma ai miti e misericordiosi, secondo l’invito di Gesù (Cfr. Mt 5, 1-12).
Ben a ragione, infatti, il mistico carmelitano San Giovanni della Croce, nella sua opera Detti di luce e amore, poteva affermare:
Alla sera della vita sarai esaminato nell’amore
Giovanni della Croce, Detti di luce e amore, n. 59
Conclusione
A conclusione di questo nostro approfondimento, inseriamo il video della canzone di Renato Zero che abbiamo sopra citato.

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