In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,5-13).
Contesto
Il brano evangelico che la liturgia oggi offre alla nostra meditazione, è la seconda parte dell’insegnamento di Gesù sulla preghiera. Lì dove i discepoli chiedono al Maestro il segreto della sua preghiera, perché possano anche essi fare la stessa esperienza di comunione con il Padre (Lc 11,1-4). Alla preghiera del Padre nostro, segue la parabola dell’amico importuno, a sottolineare, una volta ancora, come la preghiera altra non sia che l’instaurare una relazione con Dio, una volta che si è cominciato a consolidare quella col prossimo. Lo abbiamo affermato nel nostro precedente articolo:
Questa dimensione verticale della relazione uomo-Dio, richiama in maniera implicita, ma non meno chiara, quella orizzontale, riguardante, cioè, la relazione uomo-uomo. Cosa significa? Se Dio, nella sua immensa tenerezza e nella sua misericordia, si abbassa sulla creatura, imperfetta e peccatrice, e se ne fa Padre, ciò significa che anche il discepolo che si pone in preghiera deve abbassarsi verso il suo prossimo e farsi suo fratello. Senza questa condizione, il cristiano che intenda porsi in preghiera, sta soltanto perdendo tempo, si “illude con se stesso”, come dice il salmista del malvagio (Sal 36,3).
Per una recita più consapevole del Padre nostro
Se con l’insegnamento del Padre nostro, Gesù, rispondendo alla domanda dei discepoli, condivide l’atteggiamento base dell’uomo in preghiera, con questo con questa parabola spiega come, propriamente, deve essere la preghiera del cristiano.
Perché, era davvero necessario? In realtà la tradizione israelitica era ricca di contenuti e spunti sulla preghiera e l’atteggiamento dell’orante di fronte a Dio. Non è un caso che all’interno della Sacra Scrittura ci sia tutto un libro di preghiere: i Salmi, appunto. Ad essi si aggiungano l’atteggiamento contemplativo e le preghiere dei grandi uomini dell’antico Israele: dai profeti, ai giudici, fino a giungere al re Davide.
Dunque, rispondendo alla nostra domanda: era davvero utile questo insegnamento di Gesù sulla preghiera ai discepoli? In realtà, sì! Gesù accoglie tutta la tradizione spirituale di Israele, ma come fa con la legge, non la abolisce, ma la sublima (Cfr. Mt 5,17). Lo stesso accade con la preghiera, introducendo il discepolo a una relazione più intima con un Dio d’amore, che non viene più riconosciuto solo come il Dio degli eserciti, l’Altissimo irraggiungibile, ma il Padre che si fa amico. Vediamo, allora, quale atteggiamento Dio si aspetta dall’uomo in preghiera.
L’AMICO IMPORTUNO
Con l’esempio dell’uomo che insistentemente bussa alla porta del suo amico, Gesù rivela che la preghiera deve essere costante, permeare tutta la giornata del cristiano e soprattutto colma di fiducia che con la sua perseveranza può ottenere quello che chiede a Dio. Vediamo tre aspetti, tre provocazioni, ricordando che Gesù sta rispondendo alla domanda dei discepoli su come pregare imitando lui. Cosa significa questo? Significa che Gesù sta rivelando ai discepoli come egli stesso prega, cosa dice al Padre quando di notte si ritira in luoghi deserti e isolati.
a. La notte
Il fatto che l’amico venga nel pieno della notte a reclamare del pane e non va via finché non ottiene quello che desidera, deve farci riflettere sulla urgenza della sua richiesta: ha un ospite in casa, e deve soddisfarlo. L’accoglienza, l’abbiamo visto, era sacra per gli israeliti, e dovrebbe esserlo anche per noi oggi (vedi il nostro articolo “Accogli l’ospite divino“). Ma non solo. Egli si mette in cammino di notte, quando cioè tutto si fa confuso: è il tempo della paura, indice dell’oscurità della morte, è un tempo pericoloso dove sguazzano quei ceffi che si fanno tutt’uno con le ombre. Pregare di notte, significa farlo nella maniera più scomoda possibile, quando si preferirebbe fare altro.
b. La perseveranza
Gesù sta rivelando qualcosa di davvero importante e con la quale dobbiamo sempre lottare: la preghiera non è un hobby, qualcosa per riempire i tempi vuoti, né si può concludere nella comodità delle nostre poltrone. La preghiera è già di per sé, un’inutile spreco di tempo. O meglio. Essa consente all’uomo di ridare senso al proprio tempo, evangelizzarlo, riempirlo di un valore teologico, e, non per ultimo, farne un dono a Dio.
c. Generosità
Un’altra provocazione ci proviene dalla materia propria della preghiera dell’amico importuno che bussa alla porta. Egli non chiede qualcosa che sia per sé, ma per un altro: per l’ospite che ha in casa, perché egli arrivato improvvisamente nella sua casa, non resti a stomaco vuoto. È un invito a vivere la nostra preghiera nella generosità, a prenderci a cuore le necessità del nostro prossimo e a disturbare Dio, con insistenza, notte e giorno, per gli altri. La preghiera, quale puro atto relazionale e amoroso, obbliga il cristiano a vincere ogni forma di egoismo, anche quello spirituale.

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Lasciandoci provocare dalla liturgia della Parola odierna, e dall’insegnamento di Gesù, siamo chiamati a pregare per tutte quelle persone che bussano alla porta della nostra vita, che incrociamo per la strada, per coloro che fanno parte della cerchia degli amici, dei colleghi, della nostra comunità parrocchiale. Allora davvero saremo cristiani oranti autentici, capaci di relazioni autentiche, secondo il cuore di Dio.
Cos chiedere?
Passiamo alla seconda sezione del brano evangelico odierno. Poiché Gesù era un omo molto pratico, il suo insegnamento riflette questa praticità, prevenendo possibili distorsioni della sua dottrina sulla preghiera. Non a caso, subito dopo la parabola dell’amico importuno, specifica che non tutto è lecito chiedere nella preghiera. Non tutto ciò che desideriamo, infatti, ci fa bene. Per questo motivo specifica ciò di cui, prima di tutto, e sopra di tutto, abbiamo bisogno: lo Spirito Santo. Qui si tratta della terza Persona della Trinità, l’Energia di Dio, la sua forza santa e santificante capace di inabitare l’uomo ed elevarne tutte le facoltà psichiche, intellettuali e spirituali.
Questa lezione la comprese bene il re Salomone, figlio di Davide, al quale il Signore apparve promettendogli qualsiasi cosa avesse chiesto, e lui anziché chiedere cose materiale desiderò da Dio unicamente la saggezza utile per servire al meglio il suo popolo. Colto di sorpresa, YHWH eccedette nella tenerezza donandogli non solo il discernimento necessario, ma rendendolo l’uomo più saggio della storia biblica veterotestamentaria. Leggiamo:
Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”. Salomone disse: “Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?”. Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: “Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita. Se poi camminerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi, come ha fatto Davide, tuo padre, prolungherò anche la tua vita” (1Re 3,4-14).
È un invito a saper osare nella preghiera. Gesù sembra che dica: “Quando preghi, non ti accontentare di cose passeggere che oggi ci sono e domani scompaiono, chiedi l’eternità, chiedi l’Eterno”. Cosa significa? Se la preghiera fosse solo un costante mendicare a Dio, allora Gesù avrebbe potuto fermarsi alla parabola dell’amico importuno, con questa specificazione sta aprendo a tutto un altro modo di intendere la preghiera: non si prega per chiedere, ma per amare. O meglio prima di chiedere qualsiasi altra cosa a Dio, impariamo ad avere delle priorità, chiediamogli l’Amore. Chiediamogli che egli si doni a noi completamente, senza riserve, e che quindi, a nostra volta, riempiti di lui, possiamo donarci al nostro prossimo, e amarlo col suo amore. L’aveva ben capito la mistica carmelitana Teresa d’Avila, maestra d’orazione, che così definisce la preghiera:
L’orazione, a mio parere, non è altro che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si trattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati
Teresa d’Avila, Libro della vita, 8,5

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