La provocazione di Gesù in Mc 8,34-35
In questa XXIV domenica del tempo ordinario, abbiamo già avuto modo di approfondire la liturgia della Parola, rimandiamo al nostro articolo: “Negli occhi di chi riconosci Cristo?“.
Resta tuttavia un aspetto da far emergere, che risulta essere davvero importante per la nostra vita cristiana, per il nostro discepolato ed è appunto il titolo che abbiamo dato a questo articolo: cosa si aspetta Dio da te? Leggiamo il brano in questione:
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35).
Abbiamo già trattato ampliamente il tema del discepolato, e persino pubblicato su Amazon un volumetto in formato ebook, intitolato “Sui passi del Maestro. Il discepolato secondo Gesù“, e ad esso rimandiamo per avere una visione completa e sintetica del tema insieme al nostro precedente articolo intitolato: “A cosa ti chiama oggi il Signore?“.
Eppure c’è un aspetto importante che non possiamo tralasciare in questa domenica: Gesù rivela ai discepoli il senso della sua missione e della sua persone, e subito dopo rivela quale deve essere la caratteristica di chi intenda seguirlo e fare sul serio con lui. Il Cristo che ci conosce meglio di ogni altro, rivela all’uomo la sua vera identità e dignità, guardando lui come uno specchio siamo chiamati a riconoscere quello a cui siamo chiamati a diventare.
In questo modo non è affatto casuale che dopo aver rivelato la natura della sua persona e il mistero della sua missione, faccia altrettanto con i suoi discepoli e con tutta la folla che ha convocato attorno a sé. Vediamo adesso in maniera più dettagliata il senso del brano evangelico in questione.
Cosa si aspetta Dio da te?
Sono tre gli aspetti e gli atteggiamenti che il vero discepolo deve fare suoi se realmente intende fare sul serio con il suo Battesimo e la sua vocazione. Lo abbiamo letto nel brano del vangelo di Marco.
«Rinneghi se stesso»
Molto spesso siamo tentati di pensare (e talvolta ce ne convinciamo anche), che tutto ruoti attorno a noi: la nostra vita, gli affetti più cari, la carriera, gli affari della quotidianità. È una grande menzogna!
Ci troviamo di fronte al grande inganno della controcultura dell’era moderna, che tanta sofferenza sta causando ad ogni uomo che cade nel suo trabocchetto. Chiusi in un egocentrismo sterile, finiamo per incattivirci nella misura in cui egoisticamente rendiamo l’altro solo un oggetto utile alla realizzazione della nostra persona e dei nostri progetti.
Gesù oggi ci invita a fare chiarezza, ci fa tornare in noi stessa, nella verità della nostra persona. Noi non siamo il centro dell’universo, quello è Dio e solo attorno a lui tutto debba ruotare. Il vero discepolo è colui che sa sfatare il mito del super uomo autosufficiente e creatore di verità relativistiche, e sa farsi di lato per fare Dio il perno attorno il quale ruota la storia dell’umanità, riconoscendo di non essere migliore di nessuno, ma uno tra i tanti perfettibili bisognosi di misericordia.
«Prenda la sua croce»
È il secondo atteggiamento che Gesù chiede oggi di fare nostro.
I cristiani originariamente furono chiamati così ad Antiochia perché venivano riconosciuti come coloro che imitavano la vita di Cristo continuando nel tempo e nello spazio la sua missione redentrice. Questa considerazione non può non farci comprendere che come Cristo nel Getsemani ha accettato la sua passione e si è caricato della sua croce, anche noi dobbiamo fare lo stesso. Dopotutto abbiamo la strada spianata da lui che ha reso quello strumento di tortura e patibolo di morte, in trono glorioso e strumento di redenzione per il genere umano.
Prendere la croce oggi significa accettare la vita così come viene, con le sue gioie e i suoi dolori, assumerla con entusiasmo nell’amore perché in essa, divinizzandoci, realizziamo l’esser fatti a immagine e somiglianza di quel Creatore che è Amore (Cfr. Gen 1,26; 1Gv 4,8).
«E mi segua»
Cosa significa seguire Cristo? Molto spesso unitamente all’essere convinti di essere il centro del mondo, pensiamo anche di essere padroni assoluti della nostra vita, e non inizia giorno se non pianifichiamo tutto quello che nelle successive ore dobbiamo fare: dall’alba al tramonto. Anche qui, come detto in precedenza, ci troviamo di fronte a un inganno.
Seguire Cristo, significa mettere i nostri passi sulle sue orme, tenere gli occhi fissi alle sue spalle umilmente. Colui che lo segue non gli chiede dove va, dove questo cammino lo condurrà, se il sentiero è quello giusto, né se dovrebbe prendere una scorciatoia e né tantomeno gli chiederà la durata del cammino. Lo si segue e basta! Perché? Perché abbiamo imparato che è molto meglio che sia lui a condurci che noi farci condottieri ciechi dell’umanità, abbiamo imparato soprattutto a fidarci di lui, perché il nostro cuore è acceso d’amore per lui: è l’amore a imporcelo!
Conclusione
Quel Gesù che sfata il mito di un Messia nazionalista, così come i discepoli e la gente della sua epoca se lo aspettava (“Negli occhi di chi riconosci Cristo?“), sfata anche il mito di un discepolato fai-da-te, casereccio e improvvisato, rivelando che per seguirlo bisogna seguire le sue regole, non le nostre. E tu, sei pronto a farlo?

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