Mercoledì della XVII settimana del t. ordinario
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». (Mt 13,44-46).
Un Dio che si sporca le mani
La liturgia di questi ultimi giorni ci sta offrendo una serie di insegnamenti di Gesù circa l’identità del Padre, il suo modo di agire, la sua premura nei riguardi dell’umanità. Sfata l’idea di una certa irraggiungibilità divina, e rivela il volto misericordioso di un Padre che si fa agricoltore, si impegna in prima persona per la sua vigna (per un maggiore approfondimento rimandiamo ai nostri precedenti articoli: “Tu sei importante per Dio” e “Certe ferite fanno crescere“).
Commentando la parabola del seminatore che la liturgia ci ha offerto la scorse settimana, abbiamo potuto affermare che:
Gesù presenta ai suoi interlocutori, l’identità di un Dio che, prima di essere mietitore, è seminatore. Egli sta rivelando alle folle che il Padre ha un atteggiamento quanto mai propositivo con tutta l’umanità: Egli è convinto che possiamo, nonostante le nostre chiusure, aridità, spigolosità caratteriali, possiamo accogliere fruttuosamente il seme del suo amore e portare frutti abbondanti di vita eterna
Tu sei importante per Dio
A partire da questo impegno divino che si ingegna e fatica per la felicità dell’uomo, ne consegue l’altrettanto lo sforzo della creatura nella ricerca della presenza di Dio nella sua vita, nella sua storia personale e sociale. E qui, dunque, si situa il brano evangelico odierno.
Il regno dei cieli c’è, ma non si vede
In entrambe le metafore usate da Gesù, il Regno di Dio è molto vicino all’uomo, e questo potrà trovarlo solo se lo desidera, se si impegna personalmente nel cercarlo, senza perdere mai l’entusiasmo. Il contadino e il mercante, trovano solo apparentemente in maniera fortuita il Regno di Dio (il tesoro e la perla), ma in realtà erano già sulle sue tracce. Erano, cioè, proiettati a una ricerca.
Allo stesso modo Dio è presente nella nostra vita, il suo amore pervade le trame delle nostre giornate, del nostro tessuto sociale, ma per riconoscerne la mano, siamo chiamati ad alimentare uno sguardo contemplativo, capace cioè di andare oltre le apparenze, guardare questo mondo non con superficialità, ma con lo sguardo di un innamorato che ha perso di vista l’amore della sua vita, eppure sa che non si è allontanata molto, è giusto lì, tra la folla. Nel commentare le letture della IV domenica di quaresima, nel nostro articolo intitolato “Questione di sguardi“, potemmo affermare che tutto, nella nostra vita, dipende da uno sguardo, da quale angolazione guardiamo la realtà:
Tutto nella nostra vita può diventare occasione di salvezza, di crescita personale e spirituale, di esperienza della grandezza di Dio. L’importante è saper affrontare queste prove con una memoria grata, per le grandi cose che Dio ha fatto per noi, e uno sguardo contemplativo, quello cioè che è capace di andare oltre la cronaca nera, gli eventi di morte e la desolazione del nostro mondo, e si sforza di riconoscere la presenza di Dio tra noi, i segni di speranza e di bellezza che ci attorniano e che purtroppo tendiamo a dare per scontato.
Questione di sguardi
Se vuoi il Regno dei cieli, fatti povero!
Il secondo elemento comune alle due metafore dell’insegnamento di Gesù è l’impoverimento. Tanto il contadino, come il mercante per avere l’oggetto del loro desiderio, devono disprendersi di tutto, vendere ciò che hanno e farsi poveri.
Abbiamo già avuto modo di sottolineare come per Gesù non c’è vero discepolato se questo è accompagnato da lussi e comodità (vedi i nostri precedenti articoli: “Da cosa si riconosce un vero discepolo“, “L’identikit del vero discepolo“).
Nell’Angelus del 7 agosto 2016, Papa Francesco, esortava i cristiani a
Non riporre la fiducia nei beni effimeri, a usare le cose senza attaccamento ed egoismo, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione agli altri, la logica dell’amore. Noi possiamo, essere tanto attaccati al denaro, avere tante cose, ma alla fine non possiamo portarle con noi. Ricordatevi che “il sudario non ha tasche”.
Francesco, Angelus, 7 agosto 2016
Ne vale la pena
Cosa ne hanno in cambio il contadino e il mercante? Hanno cercato per tutta una vita qualcosa di prezioso e alla fine per averla devono impoverirsi, forse ciò che ottengono è più prezioso di quello che perdono. In effetti quello che ottengono i due personaggi delle metafore di Gesù sono la gioia di godere di qualcosa che si è cercato per tanto tempo. Hanno finalmente trovato la risposta alle loro fatiche, il senso della loro vita, la gioia appunto. In sintesi, hanno trovato il Regno di Dio in terra!
Come i due protagonisti del vangelo di oggi, talvolta abbiamo Dio proprio sotto il naso e lui è pronto a darci la pace che da tanto cerchiamo, il comprendere che forse la nostra vita non è mai stata inutile, la gioia piena, teologica e trascendente secondo l’intuizione di Paolo (vedi il nostro precedente articolo: “Paolo, apostolo della gioia“):
La gioia è posta come dono dello Spirito Santo, secondo in ordine di importanza dopo l’amore, ed è contrapposta alla legge della carne. Si parla, dunque, di una gioia che non ha molto a che vedere con la temporalità e la fragilità della vita umana, ma ha una fonte divina, soprannaturale. Cristo che ha liberato l’uomo dalla schiavitù del peccato e della morte, lo ha reso finalmente libero. Libero di non soddisfare gli impulsi più bassi, le meschine macchinazioni umane per sovrastare egoisticamente il prossimo. Libero di dire no alla proposta del peccato che imprigiona l’uomo, e di accettare la possibilità di un’apertura verso Dio e verso il prossimo. Ecco dunque perché la gioia viene posta come frutto dello Spirito per la libertà interiore dell’uomo.
Paolo, apostolo della gioia

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