La parabola della vite e dei tralci, per un’opportunità di crescita comunitaria

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Gv 15,1-8).

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Nel suo insegnamento, Gesù rivela un volto del Padre molto singolare: Dio è come un agricoltore. Egli, cioè, si propone alle nostre vite non come un re dispotico, un padre-padrone dittatore, ma come un agricoltore che si rimbocca le maniche perché tu stia bene, sia felice e la tua vita sia un continuo rifiorire.
Il Dio di Gesù, non è il Signore degli eserciti, l’Altissimo e l’Irraggiungibile, ma un Padre che si sporca le mani per la sua creatura, un Dio profondamente impegnato per la felicità dell’uomo.
Non è la prima volta che Gesù attinge al linguaggio contadino per esprimere un concetto o un insegnamento teologico. Spezza il pane della Parola di Dio, in modo tale che essa sia comprensibile al suo uditorio. Giusto per fare un esempio, basta pensare alla parabola del seminatore sbadato (Mt 13,1-9), a quella del tesoro trovato in un campo (Mt 13,44-46), il rappresentare i suoi avversari come vignaioli omicidi (Mt 21,33-43.45), alla parabola del Regno di Dio seminato nel terreno di questo mondo che germoglia misteriosamente (Mc 4,26-34) fino a diventare il più grande tra tutti gli alberi (Lc 13,18-21) – vedi link in basso per approfondire queste parabole –.

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FERITE CHE FANNO CRESCERE

ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto

Testi Sacri su Holyart.it
Non una semplice Bibbia

La potatura rende il tralcio più fecondo. Tuttavia si tratta di sempre un taglio. Allo stesso modo, le prove della nostra vita. possono diventare, per ognuno di noi, occasione di crescita. È necessario perdere linfa e sembrare di non farcela per poter rifiorire.
Rompere una relazione tossica può causare molto dolore, ma si rivela necessario per non rovinarsi l’esistenza. E questo vale anche con certe situazioni di peccato, con certe forme di idolatria e comportamenti contrari al Vangelo. Fa male dover smettere di fumare, prendersi cura del proprio corpo o persino cominciare a pregare sistematicamente. Ma è necessario per stare davvero bene, crescere come persona.

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PERMANERE IN CRISTO

Rimanete in me e io in voi

Gesù ripete per quattro volte il verbo rimanere, ciò indica che si tratta di qualcosa davvero importante e che non è il caso di tralasciare.
Viviamo una vita frenetica e pensiamo che la nostra giornata più sia movimentata e più abbia senso. Viviamo spostamenti rapidi e nulla più è davvero stabile, ma tutto diventa in qualche modo liquido, provvisorio. Basti pensare alle relazioni affettive, al calo dei matrimoni e così via. Lì dove la relazione viene banalizzata, Gesù invita a rimanere. Si tratta di un permanere affettuoso nella relazione con lui.
Gesù ci mostra un Dio che non soltanto ci è vicino, prossimo. Il Dio dei cristiani non è solo un Dio-con, ma un Dio-in, ben a ragione Teresa d’Avila nella sua opera Cammino di perfezione, commentando la preghiera del Padre nostro, affermava:

Immaginiamo, dunque, che dentro di noi ci sia un palazzo di una enorme ricchezza, un edificio tutto d’oro e di pietre preziose, quale, infine, si conviene a un tale Signore; pensate che voi contribuite, com’è vero, al suo splendore, non essendoci alcun palazzo di tanta bellezza che regga il confronto con un’anima pura e piena di virtù. Più queste sono elevate, più le pietre preziose risplendono; pensate, inoltre, che in questo palazzo abita il gran Re che si è compiaciuto di essere vostro Padre e che siede su un trono di grande valore: il vostro cuore.
Teresa d’Avila, Cammino di perfezione, 28,9

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DOVE CERCHI DIO?
Questo reciproco permanere, noi in lui e lui in noi, emerge in maniera ancora più evidente nell’Eucaristia, lì dove il Figlio di Dio entra nell’uomo, lo inabita e con esso diventa una sola cosa: i due diventano consanguinei e concorporei.
Ecco allora un’altra provocazione per tutti noi: dove cerchi Dio? Qual è il tuo luogo di riferimento quando vuoi avere una relazione con lui? Lui che è in noi, lì ci invita a trovarlo.
Oggi siamo chiamati a comprendere che prima di incontrare Cristo all’interno di una Chiesa, dobbiamo saperlo incontrare negli occhi del fratello, negli occhi di un marito brontolone o di una moglie pignola. Se prima non lo cerchiamo lì, come possiamo pretendere di incontrarlo nell’alto dei cieli?
Abbiamo approfondito questo tema in diversi dei nostri articoli. Rimandiamo, per questo, giusto a due di essi:

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UNA VITA DI SERVIZIO

Come il tralcio non può portare frutto da se stesso.. così neanche voi…

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L’attaccamento a Cristo per un cristiano non può essere un fatto opzionale, un hobby, qualcosa per cui ricordarsi giusto un giorno alla settimana. Qui si tratta di riconoscere che non c’è vita senza Cristo. E Dio non voglia che finiamo per vivere come viti dalle tante foglie ma senza frutti. Sarebbe davvero una vita cristiana triste, fallita.
Un ulteriore aspetto è da cogliere è che la vite non fa il frutto per se stesso: non ne gode. Allo stesso modo la nostra vita ha senso solo se essa è vissuta nell’ottica della donazione. Uno dei più grandi fallimenti della testimonianza cristiana, risiede nel voler vedere il frutto del proprio impegno, del vedersi ricambiata nell’amore. Come per la parabola del seminatore, a noi non compete di cogliere il frutto, ma di seminare solamente, senza nemmeno stare a guardare la qualità del terreno, la dignità della persona alla quale ci rivolgiamo (per un maggiore approfondimento, rimandiamo al nostro articolo “Tu sei importante per Dio“).

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DA SOLI SIAMO NULLA

senza di me non potete far nulla

Per Gesù il “fare” dei discepoli non è mai qualcosa di individualistico, ma completamente legato a una relazione, a una relazione con lui, il resto è nulla, vuoto, inutile. Come la vite, siamo chiamati a renderci conto che come uomini e donne non bastiamo mai a noi stessi, abbiamo bisogno che Dio ci renda completi, in lui sono affondate le nostre radici.
Ma non solo, come una semplice vite da sola è insufficiente per avere del buon vino e perché l’Agricoltore ne goda, allo stesso tempo dobbiamo riconoscere che la qualità del nostro discepolato si gioca nella misura in cui riusciamo ad essere uomini e donne di comunionalità, di relazioni, capaci di costruire ponti, di essere Chiesa.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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