Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». (Mt 13,1-9).
Prologo
Cosa suscita l’insegnamento di Gesù? da dove trova l’ispirazione, qual è la sua fonte?
Con il prologo inziale l’evangelista Matteo ci rivela che l’insegnamento di Gesù non è frutto di improvvisazione, ma frutto di un suo dialogo silenzioso col Padre, frutto di un momento di solitudine a contatto con la natura: col mare. In effetti il brano viene introdotto con questa annotazione:
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
È un dato interessante perché ci rivela che quello che Gesù predica è in realtà la condivisione di quello di cui lui si è nutrito. Il suo insegnamento è frutto della sua preghiera, del suo essere uomo contemplativo, costantemente in contatto col Padre.
Una delle più gravi pecche dei sacerdoti, talvolta, è proprio questa: fare della propria azione pastorale, una sorta di improvvisazione, impoverita, poi, di contenuti e di spiritualità vissuta.
Il seminatore imbranato
Gesù ci presenta un contadino un po’ sbadato, e forse anche incapace, perché spreca la semenza e la getta senza la dovuta attenzione (quella che tutti i contadini hanno, maestri di precisione e di una economia pratica).
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Gesù, è chiaro, qui non vuole parlare di un contadino, ma intende descrivere l’atteggiamento di quel Padre con il quale era entrato in una sorta di intimità poco prima. Abbiamo detto infatti, che Gesù sta condividendo qualcosa ai suoi discepoli: quello di cui ha fatto esperienza poco prima. In effetti la parabola rivela che in quanto ad amore, Dio non guarda in faccia a nessuno, elargisce abbondantemente senza calcolare chi può corrispondere dando frutto e chi no.
È altrettanto interessante il fatto che Gesù presenta ai suoi interlocutori, l’identità di un Dio che, prima di essere mietitore, è seminatore. Egli sta rivelando alle folle che il Padre ha un atteggiamento quanto mai propositivo con tutta l’umanità: Egli è convinto che possiamo, nonostante le nostre chiusure, aridità, spigolosità caratteriali, possiamo accogliere fruttuosamente il seme del suo amore e portare frutti abbondanti di vita eterna.
Tu sei importante per Dio
L’atteggiamento del Dio-seminatore, deve portarci a una sorta di rivoluzione esistenziale. Gli uomini, lo sappiamo, sono maestri della distruzione altrui, soprattutto dell’altrui autostima. Non raramente nella nostra vita incontriamo persone che non fanno altro che rinfacciarci i nostri fallimenti, sottolineare i nostri difetti. Oggi Gesù ha una parola per noi al riguardo.
Quando tutti non fanno che rinfacciarti i tuoi fallimenti, quando hai l’autostima sotto i piedi e non vedi prospettive per il tuo futuro, ricordati che Dio sta puntando tutto su di te : tu sei degno non solo del seme del suo amore, ma anche di portare molto frutto. Perché altrimenti avrebbe dovuto prestare attenzione anche a te?
Non raramente quando qualcuno vuole ferirci ci dice frasi del tipo «Tutti siamo importanti, ma nessuno è indispensabile». Sono frasi omicide, che distruggono l’autostima di un uomo dicendolo irrilevante per la vita altrui, inutile, la cui assenza non provocherebbe nessun danno al prossimo, alla società. Questa non solo è una menzogna, ma viene in qualche modo confutata dalla parabola di Gesù.
Tu sei importante non solo per il tuo prossimo, per la Chiesa, la società e la tua comunità, ma persino per Dio. Sì, Dio ha bisogno di te perché continui la sua opera salvifica nella storia degli uomini, perché il frutto del tuo frutto è altro seme che deve attecchire in altro terreno. Dio necessita delle nostre gambe per arrivare agli altri, ha bisogno delle tue mani per accarezzare e della tua voce per consolare ed esortare. Non dimentichiamoci che nella vita, talvolta, ci sono delle persone che solo noi possiamo raggiungere, amare, parlare al cuore, esortare, e lì Dio deve arrivare grazie a te.
La grandezza di Dio in un minuscolo, insignificante, seme
Dio si rivela nella piccolezza, nella semplicità della nostra vita, dei nostri giorni tutti uguali, nella piccolezza di chi ci è accanto… anche se brontola, è noioso, o non fa che pungolarci. Per questo siamo chiamati a prendercene cura, a non lasciare che vada sprecato quel piccolo seme, ma permettergli che fecondi la terra, diventi un germoglio e poi possa portare in sé, e per gli altri, vita nuova.
La quantità del frutto non dipende dal seme
Il seme è uguale per tutti e a tutti dà lo stesso frutto, ma la capacità di fruttificare, dipende dal terreno, da chi lo accoglie. Dipende da noi.
Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno
Come possiamo rendere il massimo, come essere tra coloro che danno il cento per uno? Si tratta di rendere il nostro terreno, un terreno buono, accogliente. Qui si tratta, in ultima analisi, di prenderci cura della nostra anima attraverso un’intensa vita sacramentale e di preghiera, nel saperci mettere in discussione per Dio e per gli altri. Il sacramento della Riconciliazione ara il terreno della nostra anima aiutandoci ad eliminare vizi e peccati, l’Eucaristia feconda il terreno, la preghiera e l’amore fraterno lo irrorano.
Il contadino come modello
Non raramente i cristiani si sentono soggetti passivi dell’azione pastorale o dell’opera salvifica divina. Niente di più erroneo. Gesù in più occasioni ha invitato i suoi uditori ad imitarlo, e ad imitare anche le virtù del Padre:
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
Confrontandoci con questa parabola, non possiamo fare a meno di guardare all’atteggiamento del seminatore e imitarne l’atteggiamento. Non possiamo essere cristiani che amano in maniera selettiva. Il cristianesimo se non è universale, cattolico, se è elitario, allora è tutto fuorché cristianesimo.
Guardando il contadino che semina senza badare se quel terreno è adatto ad accogliere il suo seme, anche noi siamo chiamati a riconoscere che tutti nella nostra vita sono degni della nostra attenzione, del nostro amore. Non possiamo essere cristiani calcolando le probabilità di successo di una nostra azione. Al contrario siamo chiamati ad amare anche se il seme viene sparso su quella strada che è incapace di accoglienza. Tu ama, al resto ci pensa Dio!

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