Da cosa si riconosce un vero discepolo di Cristo?

In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Mt 8,18-22).

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Mosè e Gesù

Ci troviamo in un momento molto importante del ministero di Gesù. Nelle scorse settimane la liturgia della parola ci aveva proposto una lectio continua di quel grande insegnamento che è il discorso della montagna (Mt 5-7). Ecco che ora Gesù, terminato il grande insegnamento, scende dalla montagna e lo vediamo fare diversi incontri, soprattutto lo vediamo nella sua opera taumaturgica. È un dato interessante perché permette di comprendere che Gesù non fosse semplicemente un predicatore, un ammaliatore di masse, ma il suo insegnamento veniva confermato con i suoi gesti, indice propriamente della rivelazione divina. Non è un caso che l’evangelista faccia seguire le guarigioni di Gesù subito dopo il suo grande insegnamento. Matteo infatti sta presentando Gesù come il nuovo Mosè. Entrambi infatti istruiscono il popolo con una rivelazione divina su di una montagna. Mosè si fa portatore del messaggio divino ascoltato sul Sinai, consegnando le tavole della Legge (Cfr. Es 34,27-35), Gesù sul monte consegna una nuova legge, che sublima la precedente: le beatitudini (Cfr. Mt 5,1-12).

Il Signore disse a Mosè: “Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza con te e con Israele”. Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole. Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore. (Es 34,27-35).

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
“Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi (Mt 5,1-12).

Se Mosè conduce il popolo verso la terra promessa, Gesù conduce il nuovo Israele verso il Regno dei cieli. Entrambi furono potenti in parole e opere (Cfr. At 7,22). Di queste opere l’evangelista Matteo narra a partire dall’ottavo capitolo della sua opera.

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Le condizioni per una vera sequela

Dopo il discorso della montagna Gesù ottiene un grande seguito di folla, attirati dalla sua persona e dal suo insegnamento, e la prima persona che gli va incontro è un lebbroso in cerca di guarigione (Cfr. Mt 8,1-4). Da lì Gesù si dirige a Cafarnao e qui può operare grandi prodigi tra malati e indemoniati (Cfr. Mt 8,5-17).

Arriviamo così al brano di oggi, in cui Gesù lascia Cafarnao e si trova a confrontarsi con chi desidera seguirlo da più vicino, rivelando però quante rinunce preveda la sua sequela. Per seguirlo più da vicino Gesù rivela che è necessario privarsi delle proprie comodità e degli affetti più cari:

«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» […] «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti»

Un vero discepolo di Cristo lo si riconosce da lontano, ci vuole davvero poco, talvolta basta solo uno sguardo. Non ci si può dire discepoli di Cristo ed entrare a compromessi con la mentalità di questo mondo, con le mode del momento. Ci vuole poco per capire chi fa il prete per mestiere e chi per vocazione. Ci vuole poco per capire chi è davvero innamorato di Cristo, e chi lo ha perso di vista, o ne baratta i valori con una morale su misura, prêt-à-porter. E Gesù lo ripete poco dopo, con parole davvero molto forti:

Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me (Mt 10,37)

Nel Vangelo di Luca Gesù aggiunge un dettaglio, affermando che il vero discepolo è colui che non ha rimpianti, colui che non si volge indietro per tornare a seguire le mode e le comodità:

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Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio (Lc 9,62).

Gesù lo dirà chiaramente al giovane ricco: i beni di questo mondo, le comodità, i lussi, la ricerca spasmodica di piacere, le mode, sono incompatibili con la sequela.

Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?”. Gli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Gli chiese: “Quali?”. Gesù rispose: “Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso. Il giovane gli disse: “Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?”. Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!” (Mt 19,16-21).

È interessante l’annotazione finale con la quale l’evangelista conclude l’incontro di Gesù con quest’uomo:

Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze (Mt 19,22).

Perché è interessante? Perché ci rivela qualcosa di davvero importante per discernere sulla qualità della nostra sequela Christi: non c’è vero discepolato senza gioia, e non c’è vera gioia senza rinunciare alle proprie comodità, lussi, piaceri e idolatrie.

Gesù non viene alla nostra per semplificarcela, per darci delle false sicurezze. Gesù viene alla nostra vita per riempirla di senso e farci affrontare con un animo diverso tutte le avversità. Non siamo obbligati a seguirlo, ma se decidiamo di farlo non possiamo avere la pretesa di prenderci, e soprattutto, prenderlo in giro.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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