Solennità del Corpus Domini – anno B
Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16. 22-26
Le letture di questa domenica, solennità del Corpo e Sangue di Cristo, parlano di un patto, di una alleanza tra Dio e l’umanità. Un patto così importante che viene sancito nel sangue di un giovenco, nel caso della prima lettura, del Figlio di Dio nel Vangelo.
Prima lettura
In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Benché gli israeliti siano stati testimoni della potenza e tenerezza di Dio che li ha liberati dalla schiavitù egizia, aprendo una strada sul mar rosso, e li abbia nutriti con pane dal cielo, questi appena si sentono orfani della loro guida, Mosè, (salito sul Sinai per ricevere da Dio le tavole della legge), subito si scoraggiano, perdono la fede, lo credono morto e si fanno un idolo nuovo da venerare: un vitello d’oro appunto.
Eppure il nostro è un Dio propositivo: al primo pentimento di Israele ecco che torna a ristabilire un nuovo legame, una nuova amicizia, attraverso l’alleanza narrata in questo brano. In cosa consiste quest’alleanza? Per poter godere dell’amicizia di YHWH agli israeliti non è chiesto di fare grandi azioni, ma semplicemente di porsi in ascolto, lasciarsi guidare, fidarsi. Al resto ci pensa Lui.
Di questi tipi di alleanze Israele ne conoscerà davvero tante, perché tanti saranno i suoi tradimenti nel corso della storia. Ma alla fine ci sarà un’ultima e definitiva alleanza, dove il sangue sparso non sarà quello di un giovenco, ma quello del Figlio di Dio
Vangelo
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Spesso diamo all’ultima Cena di Cristo con i suoi discepoli, una connotazione triste, una sorta di mesta anticipazione della sua passione e morte. E invece Gesù fa esattamente il contrario: trasforma la cronaca di una morte annunciata in una festa. E, come avremo subito modo di vedere, non si tratta nemmeno di una festa qualsiasi. Ecco, in qualche modo spiegato, il titolo di questo nostro articolo
Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Qui non si parla di una normale sala da pranzo, perché “la mia stanza” nella bibbia ha un chiaro rimando al talamo nuziale, all’amore sponsale.
Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l’amore dell’anima mia. Lo strinsi forte e non lo lascerò, finché non l’abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza di colei che mi ha concepito (Ct 3,4).
L’ultima cena è una sorta di celebrazione nuziale, il giorno più bello della vita di molti uomini e molte donne. È un patto coniugale non solo tra Cristo e i discepoli, ma tra lui e tutta la Chiesa. Questo si vede in maniera molto evidente: ogni volta che ci accingiamo all’Eucaristia. Avviene, infatti, una sorta di atto nuziale mistico, in cui l’uomo e Dio diventano un solo corpo e un solo sangue.
Il santo Curato d’Ars diceva che Dio per nutrire il nostro corpo aveva creato ogni sorta di bene: frutta, vegetali, carne, pesce, ma per nutrire la nostra anima non aveva trovato nulla di meglio di se stesso.

È interessante anche notare che l’ultima cena di Gesù, rivela il modo di agire di Dio: dentro la sofferenza e la morte, Egli celebra e suscita vita, per questo non lo si può comprendere bene se non va riletto anche nell’ottica della risurrezione.
Prendete, questo è il mio corpo
La prima considerazione che possiamo fare è che Gesù riguardo al suo corpo non invita i discepoli semplicemente all’adorazione, a un guardare da lontano, ma chiede che essi sentano le braccia e afferrino con le proprie mani il suo corpo. Dio si dona a noi senza riserve, completamente, si rende piccolo e inerme nelle nostre mani.
Questo prendere rivolto all’intera comunità, e non ai singoli discepoli ci rivela anche qualcos’altro di davvero importante. Se il primo effetto dell’Eucaristia è unire in maniera sponsale l’anima a Cristo, il secondo è unire i cristiani tra loro. È un dato interessante che ci fa comprendere come al comunicarci al Corpo di Cristo, non si diventa tanti singoli corpi di Cristo, ma si dà forma a quell’unico Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Per questo l’Eucaristia si connota come Sacramento di fraternità.
Alla luce di quanto emerso, si comprende bene quell’espressione di S. Teresa di Lisieux che diceva:
Se la gente conoscesse il valore dell’Eucaristia, l’accesso alle chiese dovrebbe essere regolato dalla forza pubblica.
Teresa di Lisieux
Spero che questo articolo ti sia stato utile. Se hai domande, o hai bisogno di spiegazioni o approfondimenti, non esitare a contattarmi, puoi farlo nella sezione commenti più in basso o contattandomi direttamente via email. Metti in circolo la gioia della Parola, condividi sui tuoi profili social questo articolo e usa l'hashtag #condividilagioia.
- Gesù, l’adultera e i tiratori di pietre all’epoca dei social
- La risurrezione di Lazzaro e il coinvolgimento concreto del cristiano del III millennio
- «Vuoi guarire?«». La proposta di Gesù al malato di Gerusalemme e a tutti noi
- Solenni sette suppliche a San Giuseppe
- Perché la sofferenza dell’uomo? La risposta di Gesù ai discepoli
Una opinione su "Gesù: “niente tristezza, solo gioia!”"