In che modo possiamo rendere Cristo fiero di noi?

La provocazione che dà il titolo a questo nostro articolo, lo traiamo dal Vangelo che la Chiesa oggi proclama, nella festa di S. Caterina da Siena. Leggiamo

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,25-30). 

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Il contesto in cui si situa il brano evangelico è, in qualche modo, l’apparente fallimento della predicazione di Gesù nelle città che aveva visitato e beneficato con i suoi prodigi. Leggiamo:

Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!» (Mt 11,20-24).

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È anche interessante l’atteggiamento di Gesù che di fronte a un suo apparente fallimento, lui esulta di gioia, invitando tutti noi a saper andare oltre le apparenze e a guardare la nostra vita da una prospettiva diversa, dall’alto, dalla prospettiva di Dio.
Chi ha perseverato nella fede seguendo il Maestro di Nazareth e riconoscendolo come il Messia? Gli umili, i semplici, peccatori pentiti in cerca di riscatto. Loro riconoscono che in Cristo gli viene data una seconda opportunità da parte di Dio e non vogliono assolutamente perderla, e per questo sono causa di gioia per il cuore di Gesù.

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Allo stesso modo oggi il Signore ci guarda negli occhi, uno ad uno, ed ognuno di noi è chiamato ad essere motivo di gioia per Cristo. Non pretende da noi grandi cose, o sacrifici, ma a fare bene quello che sappiamo fare, al resto ci penserà lui. Spesso pensiamo che la santità sia qualcosa che non ci interpella, che appartenga a persone speciali, ma non è così. In diverse circostanze Papa Francesco ha esortato tutta la cristianità a cogliere la provocazione di questi ultimi della società che seguono il Cristo e ha invitato a cogliere la sfida della santità della porta accanto. Nella sua Esortazione apostolica Gaudete et exultate, afferma:

«Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.
Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso i più umili membri di quel popolo che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità». Pensiamo, come ci suggerisce santa Teresa Benedetta della Croce, che mediante molti di loro si costruisce la vera storia: «Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato». (Francesco, Gaudete et exultate, nn. 7-8).

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L’invito è quello di rendere fiero il cuore di Dio per la nostra condotta, come infatti affermava S. Ireneo:

«La gloria di Dio è l’uomo vivente» (Ireneo da Lione, Contro le eresie).

Nella seconda parte del brano evangelico, dopo l’esultanza di Gesù, segue il suo invito a coloro che lo seguono:

«Venite a me, voi tutti»

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Chi può andare da Gesù? Chi vuole più vicino a sé? Non di certo i sapienti, dottori della legge, scribi e farisei, ma appunto coloro che nella loro situazione di peccato hanno imparato a vivere in umiltà la loro fede, e a cambiare vita. È forte questa provocazione, perché ci fa capire che non si arriva a Cristo se abbiamo il cuore ottenebrato dai sentimenti di superbia, orgoglio e pregiudizio. A lui si arriva solo nello stato di peccatori che cercano di fare del loro meglio per crescere e non peccare più. A questi discepoli, Gesù dice:

«Prendete il mio giogo»

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Il giogo è l’attrezzo che, posto su una coppia di buoi, permette di arare il terreno. Il giogo, per se stesso, dunque, non si porta da soli, mai. L’etimologia della parola coniuge, trova il suo significato e la sua origine, proprio dal giogo. In latino, infatti coniuge è cum-jugum, si indica, cioè, due persone che condividono lo stesso giogo, uno stesso cammino e un progetto comune che durerà tutta la vita.
Domandiamoci, allora, cosa significa portare il giogo insieme a Cristo? Invitandoci a portare il suo giogo, Gesù ammette i suoi discepoli, e quindi ognuno di noi, a una relazione di sponsalità con lui: farci suoi compagni di un viaggio che dura tutta una vita e apre all’eternità, vivere costantemente alla sua presenza e imparare a camminare a suo ritmo, fare nostra la sua missione di salvare il mondo. Quel giogo posto sulle spalle di Cristo, lungo il Calvario, verrà condiviso per un tratto di strada con il Cireneo, e allo stesso modo Gesù ci invita a condividere con lui proprio questo cammino di riconciliazione e di apertura all’eternità nell’amore.

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È interessante che quando Gesù si rivela a S. Teresa d’Ávila, durante una delle sue estasi, egli la sposa a sé e le dona anziché un anello nuziale, proprio un chiodo della sua croce. Ecco allora la provocazione di oggi: lasciamoci sposare da Cristo nell’umiltà e nella semplicità della nostra vita.

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

4 pensieri riguardo “In che modo possiamo rendere Cristo fiero di noi?

  1. L’ha ripubblicato su La Parola è gioia condivisa.e ha commentato:

    Fᴀᴛᴇᴠɪ ᴄᴏɴᴅɪᴠɪsᴏʀɪ ᴅᴇʟʟᴀ ɢɪᴏɪᴀ ᴅɪ Dɪᴏ, sɪᴀᴛᴇɴᴇ sᴜᴏɪ ᴀᴘᴏsᴛᴏʟɪ: ᴄᴏɴᴅɪᴠɪᴅᴇᴛᴇ ɪ ɴᴏsᴛʀɪ ᴘᴏsᴛ sᴜʟʟᴇ ᴠᴏsᴛʀᴇ ʙᴀᴄʜᴇᴄᴇ ꜰᴀᴄᴇʙᴏᴏᴋ ᴇ ɴᴇɪ ɢʀᴜᴘᴘɪ ᴡʜᴀᴛsᴀᴘᴘ. 𝙄𝙡 𝙎𝙞𝙜𝙣𝙤𝙧𝙚 𝙫𝙚 𝙣𝙚 𝙧𝙚𝙣𝙙𝙖 𝙢𝙚𝙧𝙞𝙩𝙤. #gioiacondivisa #apostolidellagioia #condividilagioia

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