Martedì della IV settimana di Pasqua

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,22-30) .
La liturgia della Parola di questi giorni, ci sta proponendo delle continue sfide per la nostra vita cristiana. Ieri Gesù, in qualche modo, ci poneva la domanda: “Ma tu da che parte stai?” (Cfr. Gv 10,1-10). Una provocazione che proviene dal suo presentarsi come pastore buono, a differenza di altri che per il popolo di Dio sono stati ladri. Allo stesso modo, invitava i suoi ascoltatori a farsi pecore mansuete che non hanno bisogno di altro che del suo pastore per sussistere ed essere al sicuro. E in qualche modo abbiamo potuto cogliere la provocazione contro il modello di persone che questa nostra società, consumistica ed egoistica, ci propone ad essere: leoni forti, fieri, eternamente giovani e belli, pronti a schiacciare chiunque voglia mettere in discussione la nostra presunta superiorità. Contro questo modello culturale, Gesù propone la via della mansuetudine, e lui stesso si fa Agnello che affronta il patibolo della croce, ma lo vince e lo vince per tutti.
Ecco, oggi la provocazione risiede sull’identità del Messia, ed è in qualche modo una provocazione che ci viene offerta dalla domanda dei farisei con la quale si apre il brano del vangelo di oggi:
«Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente» (Gv 22,24)
Essi hanno la pretesa di una risposta chiara, netta e inequivocabile sull’identità di quel Messia che non corrisponde alle loro aspettative. E, a dirla tutta, la risposta di Gesù non fuga i loro dubbi:
«Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me» (Gv 22,25).
Di fronte alle domande dei farisei, Gesù risponde loro invitando a guardare alla sua vita, alle sue opere. È molto attuale per noi l’atteggiamento dei farisei, perché talvotla anche noi pretendiamo da Dio delle risposte chiare e nette, ma lui rispnde anche a noi allo stesso modo. Anche a noi sembra che dica: “Guardati intorno, scruta davvero la tua vita, la tua storia persona, e cerca i segni della mia presenza, e riconoscimi come il pastore buono”.
L’amore, e soprattutto l’amore di Dio, sfugge dalle logiche matematiche. L’amore non è mai una teoria, ma vita, esperienza, ed è lì che dobbiamo trovare tutte le risposte che cerchiamo.
Come i farisei a volte abbiamo la pretesa che Dio sia un oracolo, qualcuno da consultare per avere tutte le risposte che cerchiamo. Ma non è così. Dio non ti impone di credere, ma te lo propone, ti indica una via, ma poi sta a te decidere se fare il salto della fede oppure no, se fidarti oppure no, se rischiare questa vita che, volente o nolente, ha una data di scadenza, oppure lasciare che si consumi da sola, come una candela al vento.
E ancora. Il nostro Dio, è un Dio che pone domande non risposte. Perché? Perché la risposta sei tu, la risposta ce l’hai nel cuore. Sono le domande di Dio, le sue provocazioni che smuovono gli uomini, che li danno l’occasione di crescere e fare grandi cose.
Il gran parlare dei farisei si scontra col silenzio dei discepoli
Gesù contrappone l’atteggiamento dei farisei che lo interrogano con fare quasi violento, a quello dei veri discepoli
«Non credete perché non fate parte delle mie pecore» (Gv 10,26).
Chi sono questi discepoli-pecore? Sono uomini e donne che magari non hanno tutte le risposte ai loro interrogativi, e probabilmente nemmeno le cercano, ma a cui basta una sola cosa: stare con Gesù! Perché? Perché in lui hanno trovato l’amore, quello vero, perché con lui hanno tutto e loro vita splende di senso e di bellezza. Da qui dunque passiamo a un’altra provocazione.
Da: “Chi sei tu Gesù di Nazareth?” a “Chi sono io per te?“
È una provocazione che abbiamo avuto modo di cogliere nel Vangelo di qualche giorno fa e che abbiamo approfondito nel nostro precedente articolo: Chi sono io per te?
La provocazione, anche in questo caso, la cogliamo dal modo in cui definisce la sua relazione con questi discepoli, mansueti e miti, come pecore con il buon pastore
«Il Padre mio, che me le ha date» (Gv 10,29).
Siamo un regalo! Tutti, nessuno escluso. Siamo il dono del Padre per il Figlio e questi l’accoglie come qualcosa di particolarmente prezioso, che va custodito con cura e amore. Il mondo, gli amici, la famiglia, potrà anche ripeterci come una litania tutti i nostri fallimenti, ricordarci che nella vita abbiamo concluso poco o niente, ma nulla potrà toglierci la certezza che siamo cari a Cristo. Così importanti per lui che darà la sua vita perché a noi non venga tolta, e continuamente si offre per noi in olocausto incruento sul sacramento dell’altare, e ogni volta torna ad accoglierci nel suo gregge quando ci accingiamo al Sacramento della Riconciliazione.
Chi sei tu Gesù di Nazareth… per me?
È l’ultima provocazione che vogliamo cogliere dal Vangelo di oggi. Domandarci: chi è per me Cristo? Che ruolo ha nella mia vita? Quale peso gli do nelle scelte della mia quotidianità e nelle grandi scelte della mia esistenza? Dalle risposte che sapremo, e vorremo, darci a questi interrogativi dipenderà l’indirizzo che daremo alla nostra vita, ma è una tappa obbligatoria per chiunque non solo voglia fare una sorta di revisione di vita, ma anche per chi questa vita voglia riempirla di senso e di bellezza, vivendo alla sua luce.
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