
In questo tempo di Pasqua, la liturgia della Parola ci sta facendo riflettere sul sesto capitolo del Vangelo di Giovanni. Abbiamo avuto già modo di approfondire alcuni di questi brani nei precedenti articoli (La moltiplicazione dei pani e dei pesci, Dalla pancia al cielo, Chi sono io per te?) e, allo stesso tempo, di meditare sull’atteggiamento di Gesù che rimanda i suoi interlocutori (dubbiosi e polemici) a puntare in alto, ad avere prospettive più alte. Passare dalla pancia al cielo appunto, dal pane che nutre il corpo a quello che nutre l’anima e permette la sussistenza non solo del corpo, ma anche dell’anima.
Ecco, oggi la nostra riflessione, vuole proprio ripartire da qui. Da questo dato che Gesù ci ripete costantemente in questi giorni, sottolineando quanto ci tenga che noi comprendiamo l’importanza di questo pane che è il suo corpo e di questo vino che è il suo sangue per la vita eterna. Perché? Non solo perché è molto importante per Gesù (e già questo basterebbe), ma perché ha delle ulteriori implicazioni per la nostra vita cristiana se ben compreso. Ogni atto d’amore, per quanto gratuito, libero ed oblativo, è sempre portatore di vita nuova e di gioia. A maggior ragione se questo atto d’amore implica un donarsi totale da parte di Dio.
Nell’angelus del mese di marzo del 2007, Papa Benedetto XVI ricordava ai cristiani che l’Eucaristia è la sorgente della nostra gioia: alimentandoci di questo pane divino, anche la nostra gioia viene alimentata, e l’uomo ritrova il coraggio, l’entusiasmo e la speranza per andare avanti nella sua vita. Leggiamo giusto un passaggio:
Quando, pertanto, ci nutriamo con fede del suo Corpo e del suo Sangue, il suo amore passa in noi e ci rende capaci a nostra volta di dare la vita per i fratelli (cfr 1 Gv 3,16). Da qui scaturisce la gioia cristiana, la gioia dell’amore.
Benedetto XVI, Angelus 18.03.2007
A questa prospettiva non bisogna escludere la dimensione ecclesiale dell’eucaristia-gioia. è la domenica, infatti, in cui la comunità si riunisce, attorno a quel pane come famiglia. L’eucaristia per questo diventa fonte di unione e di riconciliazione per gli uomini di buona volontà. è il momento della condivisione, della gioia condivisa, dello stare insieme riscoprendo che la gioia sussiste solo nella misura ci si riconosce come popolo riunito da Cristo, dove uno non è uno, ma vale tutti, dove ognuno non solo importante, ma imprescindibile. Solo a partire da questa prospettiva si può comprender appieno il valore dell’eucaristia e il suo vero significato: ringraziamento. Per l’amore ricevuto e la gioia provata, l’uomo ringrazia Dio come popolo, e come tale lo loda e lo celebra nella comunione fraterna.
Un’ultima prospettiva che traiamo da questo invito alla gioia per mezzo dell’Eucaristia, è quella missionaria. Nessun dono di Dio è chiamato a restare infruttuoso, al contrario all’uomo che riconoscente lo accoglie nella sua vita, impone una vocazione all’imitazione. Cosa significa? Significa che se attingiamo amore dall’eucaristia, siamo chiamati a donare amore, e se riceviamo gioia, allo stesso modo, dobbiamo condividerla. Solo così si realizza appieno il senso di un Dio che si dona, il mistero della seconda Persona della Santissima Trinità che fattosi carna una volta e per sempre, morto in croce per la salvezza del genere umano, ogni giorno si offre su un patibolo incruento, quello dell’altare, e si fa pane per nutrire la nostra speranza, per condurci, mano nella mano, verso le vie della salvezza.

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2 pensieri riguardo “Eucaristia è gioia”