Perché diciamo che Maria è “causa della nostra letizia”?

Il titolo di questo articolo lo prendiamo da quella particolare invocazione che è inserita nelle cosiddette litanie lauretane. La parola litania di per sé significa supplica e la Chiesa ne conosce tante, in base a ci che il credente chiede al Signore. Si tratta, infatti, di richieste rivolte a Dio, ma attraverso anche la mediazione della Vergine Santissima. Non a caso le litanie iniziano con una supplica a Dio perché si muova a compassione dell’orante: «Signore pietà, Cristo pietà, Signore pietà». Seguono quindi una serie di richieste rivolte alla Vergine perché interceda a favore dell’orante. Si invoca la Madonna con i suoi diversi titoli, e l’assemblea risponde “prega per noi”. Infine si concludono con una triplice invocazione al Figlio di Dio, riconosciuto come colui che è venuto nel mondo per salvarlo dal suo destino di morte a motivo del peccato (infatti lo si chiama “Agnello di Dio”) e con un’ultima richiesta rivolta ala Vergine perché la vita cristiana dell’orante sia sempre più conforme a quella del Figlio.

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Tra gli appellativi con i quali si riconosce la Vergine Maria, c’è quella che a noi interessa per questo approfondimento: “Causa della nostra letizia”. Noi cristiani, cioè, contempliamo in Maria ciò che rende gioioso il nostro cuore, la nostra esistenza. E non si tratta di una gioia passeggera, come una bella notizia che poi finisce lì. Al contrario, si tratta di una gioia imperitura, eterna ed eternamente sgorgante dal suo cuore.

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Di quale gioia parliamo? Ciò che eternamente rallegra il cuore di un cristiano non è mai qualcosa di temporaneo, l’uomo cerca costantemente l’eternità anche se talvolta ad essa da altri nomi: sicurezza economica, benessere, salute fisica, eterna giovinezza. Alla base di ogni ricerca di questo tipo, c’è una ricerca di senso e di pienezza per la propria vita, ma qualcosa che abbia il sapore dell’imperituro, dell’eterno. Ecco, il mistero della Vergine Maria riconosciuto in questa particolare litania lauretana è proprio questo: se vuoi essere felice e gioire eternamente, và da Maria! Perché? Perché dal suo grembo verginale è nato il Salvatore dell’umanità, colui che incarnandosi, morendo e risorgendo ha aperto quei cieli altrimenti chiusi per noi che eravamo schiavi del peccato e della morte. L’uomo, essere finito e temporale, può accedere all’infinito di Dio e alla sua eternità, in una vita segnata dalla bellezza e dalla gioia che in qualche modo può già pregustare nella sua quotidianità.

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I. La gioia di Maria e quella delle donne dell’Antico Testamento

Accogliendo la sua vocazione, secondo l’annuncio dell’angelo, la Vergine Maria si assimila a tutte quelle donne dell’Antico Testamento che furono motivo di gioia per il popolo. Tra esse menzioniamo: Giaele, Giuditta e la regina Ester.

I.a. Giaele

Giaele è causa di grande gioia perché ucciso Sisara, il nemico del suo popolo, permette a Israele un lungo tempo di pace e prosperità. Per questo la profetessa Deborah innalza un inno di giubilo per lei dinanzi al popolo:

Sia benedetta fra le donne Giaele,
la moglie di Cheber il Kenita,
benedetta fra le donne della tenda!
25Acqua egli chiese, latte ella diede,
in una coppa da prìncipi offrì panna.
26Una mano ella stese al picchetto
e la destra a un martello da fabbri,
e colpì Sìsara, lo percosse alla testa,
ne fracassò, ne trapassò la tempia.

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I.b. Giuditta

Così come Giaele precedentemente, anche Giuditta è causa di gioia per il popolo di Israele, perché ferma l’ira di Oloferne, generale supremo dell’impero Babilonese, che aveva deciso di devastare il paese. Alla morte del nemico, per mano sua, Giuditta invita il popolo ad osannare Dio per questo scampato pericolo, con il cuore traboccante di gioia:

Giuditta disse:
«Intonate un inno al mio Dio con i tamburelli,
cantate al Signore con i cimbali,
componete per lui un salmo di lode;
esaltate e invocate il suo nome!
2Poiché il Signore è il Dio che stronca le guerre;
ha posto il suo accampamento in mezzo al popolo,
mi ha salvata dalle mani dei miei persecutori.
5Il Signore onnipotente li ha respinti
con la mano di una donna!
6Infatti il loro capo non fu colpito da giovani,
né lo percossero figli di titani,
né alti giganti l’oppressero,
ma Giuditta, figlia di Merarì,
lo fiaccò con la bellezza del suo volto.
7Ella depose la veste di vedova
per sollievo degli afflitti in Israele,
si unse il volto con aromi,
8cinse i suoi capelli con un diadema
e indossò una veste di lino per sedurlo.
9I suoi sandali rapirono i suoi occhi,
la sua bellezza avvinse il suo cuore
e la scimitarra gli troncò il collo.
10I Persiani rabbrividirono per il suo coraggio,
per la sua forza fremettero i Medi.
11Allora i miei poveri alzarono il grido di guerra
e quelli si spaventarono,
i miei deboli gridarono forte,
e quelli furono sconvolti;
gettarono alte grida,
e quelli volsero in fuga.
18Quando giunsero a Gerusalemme, si prostrarono ad adorare Dio e, appena il popolo fu purificato, offrirono i loro olocausti, le offerte spontanee e i doni. 19Giuditta offrì in voto a Dio tutti gli oggetti di Oloferne che il popolo le aveva dato, e anche la cortina che aveva preso direttamente dalla camera da letto di lui. 20Il popolo continuò a far festa a Gerusalemme vicino al tempio per tre mesi e Giuditta rimase con loro (Gdc 16,1-2.5-11.18-20).

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I.c. Ester

Quando al tempo del re Assuero i suoi ministri tramavano per eliminare il popolo di Israele, l’intercessione di sua moglie Ester, che mise a repentaglio la sua vita, permise la fine di ogni macchinazione alle spalle del re e la salvezza di Israele.

1Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, ella si tolse gli abiti servili e si rivestì di quelli sontuosi. 1aFattasi splendida, invocò quel Dio che su tutti veglia e tutti salva, e prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva sollevando il manto di lei. 1bEra rosea nel fiore della sua bellezza: il suo viso era lieto, come ispirato a benevolenza, ma il suo cuore era oppresso dalla paura. 1cAttraversate tutte le porte, si fermò davanti al re. Egli stava seduto sul suo trono regale e rivestiva i suoi ornamenti ufficiali: era tutto splendente di oro e di pietre preziose e aveva un aspetto che incuteva paura. 1dAlzato il viso, che la sua maestà rendeva fiammeggiante, al culmine della collera la guardò. La regina cadde a terra, in un attimo di svenimento, mutò colore e si curvò sulla testa dell’ancella che l’accompagnava. 1eDio volse a dolcezza l’animo del re: ansioso, balzò dal trono, la prese tra le braccia, fino a quando ella non si fu rialzata, e la confortava con parole rassicuranti, dicendole: 1f«Che c’è, Ester? Io sono tuo fratello; coraggio, tu non morirai, perché il nostro decreto è solo per la gente comune. Avvicìnati!» (Ester 5,1).

Se da un lato, però, Giaele, Giuditta ed Ester, furono motivo di letizia per il popolo di Israele in un determinato contesto storico e politico, per la Vergine Maria non è così. Infatti la gioia che lei offre è una gioia “cattolica”, universale, per ogni uomo che intenda accogliere Cristo nella sua vita, ma è anche una gioia eterna, non chiusa in un determinato contesto storico. La gioia offerta dalla Vergine Maria è una gioia sempre attuale, proposta per l’uomo di ogni epoca. Giaele, Giuditta ed Ester permisero al popolo di godere di una gioia legata a quel contesto storico e quindi una gioia comunque flebile che si sarebbe spenta alla successiva difficoltà. Al contrario, la gioia che promana dal cuore di Maria, è una gioia eterna perché il nemico (Satana, la morte, il peccato, la sofferenza) è stato sconfitto una volta e per sempre.

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II. In che modo è diventata causa della nostra letizia?

Maria è riconosciuta tale da tutta la cristianità non solo per l’assenso dato a Gabriele, una sola volta nella sua vita, giusto per l’evento dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Infatti il suo “Sì” a Dio è un’adesione costante alla sua volontà: dal concepimento alla croce di Gesù e per tutta l’eternità.

È un gioia che in qualche modo sorge dalla sofferenza, da un dolore accolto ed offerto per tutta l’umanità. Per questo accoglie la missione del Figlio esanime sull’infame patibolo, e diventa madre di tutti i credenti, madre della Chiesa.

Se ben compreso, questo non può non avere una portata sconvolgente per la nostra vita. Come mi comporto di fronte alla sofferenza, alla prova, ai tradimenti? Mi ribello o posso essere in qualche modo causa di gioia per gli altri a imitazione di Maria? Maria e le donne dell’Antico Testamento hanno fatto di Dio il fulcro attorno il quale ruota la loro esistenza, una vita non raramente messa a rischio a favore del popolo. Quindi non possiamo che chiederci: qual è il mio contributo per il mio popolo, la mia comunità, la mia famiglia, il mio prossimo, la Chiesa?

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Concludiamo, dunque, questo articolo con una preghiera di don Tonino Bello, intitolata Maria donna della danza

Santa Maria, donna che ben conosci la danza, ma anche donna che ben conosci il patire, intenta, già sotto la croce, a come trasporre nei ritmi della festa i rantoli di tuo figlio, aiutaci a comprendere che il dolore non è l’ultima spiaggia dell’uomo. È solo il vestibolo obbligato da cui si passa per deporre i bagagli: non si danza col guardaroba in mano! Noi non osiamo chiederti né il dono dell’anestesia, né l’esenzione dalle tasse dell’ amarezza. Ti preghiamo solo che, nel momento della prova, ci preservi dal pianto dei disperati.

Santa Maria, donna che ben conosci la danza, se ti imploriamo di starci vicino «nell’ora della nostra morte corporale» è perché sappiamo che tu, la morte, l’hai sperimentata davvero. Non tanto quella tua: quella l’hai “vissuta” per poco, poiché essa ha fermato le tue membra per pochi attimi appena, prima dell’ultimo leggerissimo slancio verso il Cielo. Ma la morte assurda, violenta, di tuo figlio.

Ti supplichiamo: rinnova per noi, nell’attimo supremo, la tenerezza che usasti per Gesù, quando «da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece gran buio su tutta la terra». In quelle ore tenebrose, disturbate solo dai rantoli del condannato, forse danzasti attorno alla croce i tuoi lamenti di madre, implorando il ritorno del sole.

Ebbene, donna dell’ eclisse totale, ripeti la danza attorno alle croci dei tuoi figli. Se ci sei tu, la luce non tarderà a spuntare. E anche il patibolo più tragico fiorirà come un albero in primavera. Santa Maria, donna che ben conosci la danza, facci capire che la festa è l’ultima vocazione dell’uomo. Accresci, pertanto, le nostre riserve di coraggio. Raddoppia le nostre provviste di amore. Alimentaci le lampade della speranza. E fa’ che, nelle frequenti carestie di felicità che contrassegnano i nostri giorni, non smettiamo di attendere con fede colui che verrà finalmente a «mutare il lamento in danza e la veste di sacco in abito di gioia».

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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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