Commento al Salmo 30

Nel precedente articolo (Gioia: vivere da risorti col Risorto), abbiamo avuto modo di approfondire a quale gioia siamo chiamati in questo tempo di Pasqua e, in qualche modo, il brano biblico che in questo articolo approfondiremo è un Salmo di gioia, un Salmo pasquale. Per questo abbiamo voluta dare al presente articolo, il titolo che è preso dal versetto 6 del Salmo. Non è un caso infatti che le donne al mattino molto presto, prima dello spuntare del sole, col cuore colmo di sentimenti di pietà e di dolore, si recano al sepolcro per ungere il corpo esanime del Maestro, ma lì fanno esperienza della Risurrezione, e in qualche modo il loro lutto si tramuta in gioia (Cfr. Mt 28,1-8; Mc 16,1-7; Lc 24,1-8; Gv 20,1). Leggiamolo, dunque, il Salmo:


A ben vedere in questo Salmo, c’è un costante richiamo di elementi tra loro contrastanti: vita e morte (v. 4), collera e bontà (v. 6), pianto e gioia (v. 6), lamento e danza (v. 12), lutto e gioia (v. 12). Si tratta di determinate tappe della vita che spesso tendono ad alternarsi e in cui l’orante riconosce che solo dopo aver passato il momento della prova è possibile coglierne il senso, dove certamente la vita ha la meglio sulla morte, la gioia sul pianto e sul lutto. Non a caso, infatti, l’intento del Salmista è voler ringraziare Dio per averlo tratto sempre fuori da tutti i pericoli della vita. Dio spezza le catene della morte, lo fa nel corso della storia dei singoli uomini ogni volta che vengono tratti da prove durissime e lo ha fatto una volta e per sempre nella Risurrezione del Figlio che ha aperto le porte della vita eterna a favore di tutta l’umanità.
Anche la nostra vita è un alternarsi di alti e bassi, di prove e di grazie, ma con questo Salmo siamo chiamati a vedere la nostra esistenza, anche nei suoi momenti più bui, da un’altra prospettiva: facendo memoria, o meglio, alimentando una memoria grata. Il Dio che è fedele e che ci è stato accanto in un momento difficile del passato, come non potrà esserci vicino nella prova attuale? È in qualche modo l’esperienza anche del mistico carmelitano San Giovanni della Croce che, in una delle sue più celebri poesie, Notte, afferma:
Nella gioiosa notte,
in segreto senza che nessuno mi vedeva,
né io vedevo cosa,
senz’altra luce e guida,
se non quella che nel cuore mi ardeva
Giovanni della Croce, Notte, strofa 3.
Quella luce che scalda il cuore del mistico poeta è, come spiega lui stesso, la fede che lo guida nella notte oscura delle prove della vita. Per questo motivo la sua notte diventa gioiosa, perché ha imparato a viverla alla presenza di Dio, nella certezza che la sofferenza, il dolore, la morte non hanno l’ultima parola su di noi. Soprattutto in questo tempo di Pasqua, dove Cristo vincendo la morte, l’ha vinta e non l’ha fatto solo per se stesso, ma anche per tutti noi, siamo chiamati a fare questo salto della fede. Lasciare che le prove non ci incattiviscano, non ci conducano alla ribellione nei riguardi del Signore, ma fare in modo di riempirla di senso, di associarci alla passione redentrice di Cristo, sentendoci più intimamente uniti a lui, per uscirne vittoriosi anche noi.
È questa l’esperienza anche di un altro carmelitano, questa volta non propriamente un poeta, ma comunque un uomo di grande cultura: il beato Tito Brandsma. Durante il periodo nazista lui che era il referente ecclesiastico per la stampa cattolica olandese si fece portavoce del volere dei vescovi di esortare le testate giornalistiche a non accettare di pubblicare la propaganda nazionalsocialista. Costretto al campo di concentramento di Dachau, riempì di senso e di bellezza le giornate in quel lager, portando conforto ai malcapitati come lui, e in una delle sue preghiere dal carcere, scrisse una preghiera davvero colma di gratitudine nei riguardi del Signore, con la quale concludiamo questo articolo:
O Gesù, quando ti guardo mi sento rivivere.
Ti voglio bene. Anche tu mi vuoi bene, come il tuo miglior amico.
La tua amicizia mi porta sofferenza, ma ogni sofferenza va bene per me.
Così rassomiglio a te: verrò dove tu abiti. Nel dolore mi sento felice. Non lo chiamo più dolore ma felice occasione di essere a te più unito. Mi avvolgano il silenzio, l’umido, il freddo.
Lasciatemi qui. Nessuno mi visiti. Non mi tormenta lo star solo. Tu, infatti, Gesù, sei con me: mai mi sei stato così vicino. Resta con me, qui, accanto a me, dolce Gesù. La tua presenza mi è pace.
Tito Brandsma, Davanti alla croce
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