La gioia contagiosa di Maria, come anticipazione della Pentecoste. La visitazione

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Lc 1,39-45

Il brano della visitazione di Maria ad Elisabetta è un continuo sussultare di gioia. Tutti i personaggi si trovano ad esultare, quasi in concomitanza, per la grandezza dell’amore di Dio che si realizza in quella salvezza che è per tutti, nessuno escluso.

Il primo a gioire è Giovanni Battista nel grembo della madre che in grembo alla madre esulta e sussulta (vv. 41.44), lasciando che questa gioia pervada tutto il suo corpo che vi partecipa. Il termine che l’evangelista usa è quanto mai evocativo: ἐσκίρτησεν. Un verbo non sconosciuto all’Antico Testamento e che rivela una gioia tanto grande da non essere motivata da una situazione umana. è quello che accade, per esempio, ai due gemelli (Giacobbe ed Esaù) che Rebecca, moglie del patriarca Isacco, porta nel grembo. Leggiamo infatti nel libro della Genesi:

Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco. Isacco aveva quarant’anni quando si prese in moglie Rebecca, figlia di Betuèl l’Arameo, da Paddan-Aram, e sorella di Làbano, l’Arameo. Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché ella era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: «Se è così, che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo»

Gen 25,19-23

Tanto nel caso del brano succitato come in quello della visitazione, la gioia è così intensa ed inspiegabile, che è necessario trovare una spiegazione in Dio, o nella sua azione. Infatti Rebecca si pone in uno stato di preghiera per comprendere quel sussulto di gioia nel suo grembo, mentre Elisabetta lo può comprendere perché “colmata di Spirito Santo”, riconosce in Maria la madre del Signore. Causa di tanta esultanza gioiosa, nel nostro caso, è appunto l’incarnazione del Figlio di Dio che stipula l’inizio dei tempi messianici, la svolta della storia dell’umanità non più segnata dalla morte, dal peccato e dalla lontananza di Dio. Si tratta della stessa esultanza a cui il profeta Malachia esortava Israele, vedendo vicino ormai il manifestarsi del Regno di Dio:

Ecco infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla. 

Ml 3,19-20

Che poi gli eventi messianici siano inaugurati dalla gioia, è un dato condiviso anche dal profeta Isaia (Cfr. Is 51,3; 61,1-3; 65,17-19). A questa gioia Luca invita i suoi lettori che come abbiamo visto nel precedente articolo e che dobbiamo sempre tener presente (clicca qui). Di fatto afferma il teologo Valentini:

La gioia biblica presenta sempre un connotato escatologico: è legata alla signoria di Dio e all’irruzione del suo regno

A. Valentini, Maria nelle Sacre Scritture. Figlia di Sion e Madre del Signore, EDB, 2007 Bologna, p. 123

Domandiamoci, dunque: cosa fa scaturire questa gioia che pervade Elisabetta e suo figlio? È il saluto di Maria (Lc 1,40). Non si tratta di un saluto qualunque, ma è lo stesso che l’Arcangelo Gabriele rivolse alla Vergine, in quanto l’evangelista usa, in coniugazioni diverse, lo stesso verbo. Vediamo il parallelismo:

Entrando [l’angelo] da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto (ἀ-σπασ-μὸς) come questo.

[Maria,] entrata nella casa di Zaccaria, salutò (ἠ-σπάσ-ατο) Elisabetta.

Lc 1, 28-29.40

Tanto nella scena dell’annunciazione, come in quella della visitazione, la persona che entra in casa altrui non mette in atto un semplice convenevole, ma si tratta di parole provenienti e suggerite direttamente da Dio che hanno a che fare in qualche modo con l’incarnazione del Figlio di Dio. Suscitate dallo Spirito, quelle parole di saluto sono veri e propri introiti alla gioia, legati alla certezza di una attesa ormai realizzata, l’avvento del Messia tanto atteso. Infatti, nella misura in cui l’angelo esorta Maria a rallegrarsi (Cfr. Lc 1,28), così Elisabetta, «poiché colmata di Spirito Santo» (Lc 1,41), grazie al saluto di lei, partecipa di quella gioia messianica, e prima di lei il bimbo che ha nel grembo.

A Elisabetta poi, non basta che uno sguardo a Maria per riconoscerla, “benedetta”, cioè riempita di ogni grazia divina, tra cui anche la gioia. È interessante che l’anziana donna riserva alla sua giovane parente, lo stesso saluto che Ozia rivolse a Giuditta la quale permise la salvezza di Israele.

Ozia a sua volta le disse: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici

Gdt 13,18

Come Giuditta, grazie ai doni di cui Dio la rese ricca, poté essere causa di salvezza per il suo popolo, così Maria collaborando al progetto divino, sarà strumento di redenzione per l’umanità intera.

In questo caso, allora, la risposta di Elisabetta al saluto della Vergine sua parente si identifica come una vera e propria confessione di fede nel Cristo. Ed è un dato interessante da non trascurare: lì dove Elisabetta poté constatare gli effetti della mancanza di fede, nell’incredulità di un marito ormai muto, non solo fa la sua bella professione di fede in colei che riconosce come madre del Signore (Lc 1,43), ma la chiama anche beata a motivo della sua integerrima fede, credendo alla Parola del Signore e aderendo alla sua volontà (Lc 1,45).

Facciamo un passo avanti. Avendo compreso tutta questa ricchezza teologica e messianica alla base del racconto, dobbiamo domandarci: perché Maria dopo l’evento dell’annunciazione, si mette frettolosamente in viaggio, e un viaggio impervio (Lc 1,39), per andare a trovare l’anziana cugina? Per molto tempo si è creduto che il gesto della Vergine-gestante il Messia fosse un mero gesto di solidarietà, il quale come motivazione sarà anche vera, ma certamente non è la primaria. Difatti oggi gli esegeti propendono su un’altra motivazione: la missionarietà. Se a Nazareth Maria accoglie la vocazione alla maternità del Figlio di Dio, in terra di Giuda realizza la sua missione: diventa annunciatrice, testimone, della salvezza di Dio. Ecco allora che si realizza quanto cantato dal profeta Isaia nel capitolo 52:

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».

Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion.

Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme.

Is 52,7-9

Ciò che nell’annunciazione era stato nascosto nell’intimità di un dialogo tra la Vergine e l’Arcangelo, nella casa di Zaccaria viene rivelato e proclamato per la gioia di tutti i credenti.

Per questo la gioia di Elisabetta, deve diventare l’atteggiamento di stupita esultanza dei credenti di tutte le epoche. Questo, in ultima analisi, diventa il messaggio che Luca vuole condividere con i destinatari del suo vangelo: cristiani provenienti dal mondo pagano, tentati dalla sfiducia, dalla tristezza e dal pessimismo. Ed è allo stesso tempo un invito per tutti noi a vivere nella gioia di un Dio che si ingegna pur di vederci felici, liberi e soprattutto salvati.

Spero che questo articolo ti sia stato utile. Se hai domande, o hai bisogno di spiegazioni o approfondimenti, non esitare a contattarmi, puoi farlo nella sezione commenti più in basso o contattandomi direttamente via email. Metti in circolo la gioia della Parola, condividi sui tuoi profili social questo articolo e usa l'hashtag #condividilagioia.

Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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