La mia gioia sia in voi
Il sottotitolo di questo articolo si situa a conclusione dell’insegnamento di Gesù sul tralcio e la vite, dove esorta i suoi discepoli a permanere in lui, restargli tanto saldi dal divenire una sola cosa con lui. Leggiamo il brano:
Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Gv 15,1-11
Come abbiamo avuto modo di approfondire nei precedenti articoli, la gioia nella Sacra Scrittura non ha mai una connotazione emozionale o caratteriale, ma è un dono che raggiunge l’uomo che si mantiene fedele al Signore, cammina alla sua presenza e nella luce della sua grazia. Lo spiega in maniera molto plastica Gesù nel brano giovanneo succitato. Il “rimanere” con Cristo, strettamente uniti a lui, porta il cristiano a vivere una vita piena di senso, bella, aperta a un’eternità già pregustabile nell’oggi, e quindi felice, gioiosa. Non a caso proprio nel Vangelo di Giovanni è possibile notare come gli uomini si riempiano di gioia nella misura in cui stringono al mistero e alla persona di Cristo.
Giovanni Battista gioisce al comprendere come il senso della sua vocazione e della sua missione sia strettamente legata a quella di Gesù:
Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: «Non sono io il Cristo», ma: «Sono stato mandato avanti a lui». Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire».
Gv 3,26-30
Con la metafora della mietitura, Gesù invita i discepoli a gioire perché i tempi sono maturi e il Regno dei cieli è vicino:
Voi non dite forse: «Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura»? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Gv 4,35-38
E questa pienezza dei tempi per cui siamo chiamati a gioire, si realizzano nella persona di Gesù quale Figlio di Dio e fonte della gioia per gli uomini di tutti i tempi:
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Gv 8,56-58
Gesù stesso si rallegra quando può dare ai suoi discepoli un’occasione per fondare la loro fede. È quello che accade quando Gesù si reca a Betania, alla morte del suo amico Lazzaro:
Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!».
Gv 11,14-15
Un ulteriore invito alla gioia è quella di Gesù ai discepoli quando parla del suo imminente separarsi dai discepoli dopo la sua morte e risurrezione perché la sua ascensione comporterà il dono immenso dello Spirito Santo effuso nei loro cuori:
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: «Vado e tornerò da voi». Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco. Alzatevi, andiamo via di qui».
Gv 14,27-31
A suggello di tutta questa ricchezza offertaci dalla gioia che Gesù offre a tutti i suoi discepoli, dobbiamo cogliere un ulteriore dato fondamentale per l’esegesi e la teologia biblica. Il verbo greco che indica gioia è χαίρω (chairó), che deriva da un altro vocabolo cruciale per tutto il Nuovo Testamento: χάρις (charis). Quest’ultima, generalmente tradotta con grazia, indica non solo un dono immeritato di Dio per l’uomo, ma è Dio che si fa “dono” per l’uomo tant’è che il termine specifica anche il senso di eu-caristia. Possiamo qui, concludendo, comprendere come fonte della gioia per ogni cristiano è l’accogliere questo Dio che si abbassa così verso di noi, dona e si dona, e invita ognuno di noi a vivere alla sua luce, ad accoglierlo nella nostra vita ed imitarlo nel donarci verso il nostro prossimo, per questo, nella sua preghiera sacerdotale, Gesù, rivolgendosi al Padre, lo implora con queste parole:
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.
Gv 17,12-13
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