V settimana di quaresima – Martedì
LETTURE: Nm 21, 4-9; Sal 101; Gv 8,21-30

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?».
E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.
Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre.
Gv 8,21-30
Il titolo di questo articolo è in qualche modo la sintesi delle parole che Gesù rivolge ai farisei. Già da alcuni giorni, infatti, la liturgia della Parola ci sta proponendo una lettura continuata dei capitoli 7 e 8 del Vangelo di Giovanni in cui appunto Gesù viene costantemente ostacolato dai farisei che cercano di screditarlo. Nel brano di oggi Gesù invita i farisei ad aprire gli occhi della fede per riconoscerlo come l’inviato del Padre, il Figlio di Dio, il Messia tanto atteso da Israele. E dice che il tempo ormai è breve e che il tempo della conversione non può essere posticipato a chissà quando, si correrebbe il rischio di non fare più in tempo. Infatti afferma: «Mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato».
Le parola di Gesù oggi hanno una portata attualissima per la vita di tutti quei cristiani che si dicono non praticanti o che, peggio ancora, omettono di nutrire la propria anima con la preghiera e i Sacramenti, specie la Riconciliazione. Il Signore non ti vuole giudicare, né ti condanna, lo abbiamo sentito dalle sue labbra proprio nel vangelo di ieri (clicca qui). Al contrario, è la tua vita che ti giudica come non credente, come infedele, come indegno di accedere alla vita eterna. Dio non condanna, la tua vita sì. Sta a te decidere cosa farne della tua vita eterna, della tua anima. Sta a te decidere da che parte stare, e lo devi fare adesso. Il nostro non è un Dio di un nostalgico passato, né di un ipotetico, e magari ansioso, futuro. Il nostro Signore è il Dio dell’oggi, del già e non ancora come ci insegna la teologia, cioè di una vita eterna che puoi pregustare fin da ora.
Ma c’è un altro aspetto che è importante sottolineare del Vangelo di oggi. Quando Gesù insegna non parla mai di se stesso. Quando lo fa è solo per rimandare al Padre centro, vertice e fulcro di tutta la sua esistenza. Allo stesso modo siamo invitati, specie in questo tempo di quaresima, a decentrarci da noi stessi, a rimettere Dio al centro delle nostre occupazioni e preoccupazioni. Fu a motivo di queste parole che molti credettero a Gesù, fu per queste parole che Gesù si distinse dai grandi teologi della sua epoca. Leggiamo infatti quello che dissero i suoi uditori al termine del cosiddetto discorso della montagna (Cfr Mt 5,1 – 7,29):
Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.
Mt 7,28-29
La credibilità di una vera e profonda testimonianza cristiana, non si gioca sulle qualità di un oratore, sulla sua cultura o formazione teologica, ma nella misura in cui la sua testimonianza è frutto della sua vita contemplativa, del suo stretto e frequente legame con Dio. Il Papa San Paolo VI nella sua esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, dedicò un paragrafo alla testimonianza della vita, che è interessante riscoprire:
Ed anzitutto, senza ripetere tutto quello che abbiamo già sopra ricordato, è bene sottolineare questo: per la Chiesa, la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio in una comunione che nulla deve interrompere, ma ugualmente donata al prossimo con uno zelo senza limiti, è il primo mezzo di evangelizzazione. «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, – dicevamo lo scorso anno a un gruppo di laici – o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». S. Pietro esprimeva bene ciò quando descriveva lo spettacolo di una vita casta e rispettosa che «conquista senza bisogno di parole quelli che si rifiutano di credere alla Parola». È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità.
Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 41
Nella nostra società e, purtroppo, soprattutto nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie, abbondano maestri e non testimoni. È un invito per noi non solo a diffidare di loro, ma soprattutto a non cadere nel trabocchetto di diventare noi come loro. L’antidoto è sempre quello: la preghiera, la meditazione delle Scritture, e un’intensa vita Sacramentale.
Come gli uditori del Messia di Nazareth sul monte delle beatitudini, lasciamoci affascinare da Cristo, lasciamo che attraendoci a sé ci aiuti a farci più simili a lui.
Spero che questo articolo ti sia stato utile. Se hai domande, o hai bisogno di spiegazioni o approfondimenti, non esitare a contattarmi, puoi farlo nella sezione commenti più in basso o contattandomi direttamente via email. Desideri approfondire questo tema? Clicca sul pulsanti qui in basso per approfondire l'esortazione apostolica di Paolo VI
Metti in circolo la gioia della Parola, condividi sui tuoi profili social questo articolo e usa l'hashtag #condividilagioia.