Chi ti credi di essere?

IV settimana di quaresima – Mercoledì

LETTURE: Is 49, 8-15; Sal 144; Gv 5, 17-30

Chi credi di essere? È l’accusa che i farisei pongono a Gesù nel vangelo di oggi. Come osa questo uomo di periferia chiamare Dio col titolo di Padre?

Molte volte ci saremo sentiti trattare così duramente dagli altri. E il giudizio… il giudizio uccide sempre e non lascia vie di scampo. Proprio come i farisei alla fine hanno fatto con Gesù. Tuttavia l’uccisione che i farisei cominciano a pianificare non spaventa né ferma Gesù. Al contrario, lui è un fiume in pieno e continua a spiegare in cosa consiste questa sua figliolanza divina: rivela la piena comunione d’amore col Padre e di come abbia fatta sua la missione di salvare l’umanità.

E in cosa consiste questa salvezza? Non di certo in atti eroici o qualcosa di complicato. Al contrario, Gesù si rivela sempre un uomo molto pratico che va al centro della questione: «In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita». L’ascolto, inteso come adesione di vita al progetto d’amore di Gesù, diventa per ogni uomo di fede causa della sua salvezza, di un passaggio dalla morte alla vita.

Qui dunque si situa una sorta di paradosso. Gli interlocutori di Gesù sono quei farisei che cominciano a pianificare la sua morte, essi tuttavia hanno di fronte a loro qualcuno che sta proponendo loro la vita, e morrà persino perché essi vivano. È un invito per tutti noi a farci promotori di vita, di bellezza, di amore in un mondo sempre più segnato dalla morte e dall’odio.

Cosa dice a noi oggi questo brano del Vangelo? In che modo può cambiare la nostra vita in tempo di quaresima e ad aiutarci a farci più simili a Gesù? Abbiamo individuato almeno tre elementi per la riflessione:

  1. L’ascolto

In un’epoca in cui tutti vogliono dire la loro perché pensano che sia più importante, Gesù oggi ci invita al silenzio, all’ascolto non superficiale ma che scenda nel nostro cuore e diventi vita vissuta nella nostra quotidianità. Ascoltiamo Cristo, la sua Parola, ma non dimentichiamo nemmeno di ascoltare il nostro fratello.

2. Prmotori di vita

Ai farisei che meditavano morte, Gesù proponeva la vita. Impariamo da lui a saper fermare a creare una cultura della vita e dell’amore. L’amore, la misericordia, il perdono sono sempre semi di vita nuova nel cuore di chi li riceve. Diceva S. Giovanni della Croce: «Dove non c’è amore, semina amore e otterrai amore».

3. Il coraggio dell’annuncio

Il giudizio oggi come ai tempi di Gesù uccide e non lascia scampo. Ma la domanda allora per noi cristiani del terzo millennio in un mondo sempre più violento ed egoista è come mi pongo di fronte ai giudizi. Molti giovani oggi preferiscono abbandonare il proprio cammino di fede per paura di essere giudicati dai compagni, perché questo implica un essere estromessi dal gruppo, emarginati in un’età in cui la socialità è fondamentale. Ma anche per gli adulti non è meno difficile. Si parla sempre meno di Cristo con gli altri e la fede finisce per essere qualcosa da vivere in maniera individuale, legata a una sfera intima e segreta della vita dell’uomo. Ma può essere davvero così? Il profeta Geremia provò a smettere di fare il profeta perché il messaggio di Dio che doveva portare ai suoi connazionali non era quello che la gente voleva ascoltare e lui veniva emarginato e perseguitato. E cosa gli accadde? Leggiamo un brano tratto dal capitolo 20 del suo libro:

«Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: “Violenza! Oppressione!”. Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!”. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo». (Ger 20,7-9)

Geremia si sente avvinto dall’amore di Dio, comprende che non può tacerlo, tenerlo nascosto. Geremia comprende che il suo farsi profeta, testimone, non è un obbligo imposto dall’alto ma un’esigenza per corrispondere ad un amore tanto grande e disarmante. L’amore di Dio lo rende indomito, coraggioso, sprezzante del pericolo perché sa che se Dio lo ama così tanto non dovrà avere paura di nessuno, Lui è il suo, il solo, Salvatore (Cfr. Gen 20, 10-11).

Ecco allora una pista per tutti noi a non aver paura di dirci cristiani, a non aver paura di farci profeti e missionari presso i nostri fratelli, a non aver paura del giudizio, della critica o del pettegolezzo, ripetiamo l’espressione di S. Teresa D’Avila: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, chi ha Dio nulla gli manca».

Spero che questo articolo ti sia stato utile. Se hai domande, o hai bisogno di spiegazioni o approfondimenti, non esitare a contattarmi, puoi farlo nella sezione commenti più in basso o contattandomi direttamente via email. 
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Pubblicato da P. Francesco M.

Conseguito il Baccellierato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense col grado accademico di Summa cum Laude, ha ricoperto il ruolo di capo redattore della rivista Vita Carmelitana e responsabile dei contenuti del sito Vitacarmelitana.org. Si è occupato della pastorale giovanile di diverse comunità carmelitane, collaborando anche con la diocesi di Oppido-Mamertina Palmi di cui è stato membro dell'équipe per la pastorale giovanile diocesana e penitenziere. Parroco della parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e Superiore del Santuario Maria SS.ma del monte Carmelo di Palmi, si è impegnato per la promozione della formazione del laicato promuovendo incontri di formazione biblica e spirituale. Collabora con l'Archivio Generale dell'Ordine Carmelitano e con il Centro studi Rosa Maria Serio, offrendo supporto per il materiale multimediale. Attualmente è Rettore del Santuario diocesano S. Angelo martire, di Licata (AG)

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